Questo post è il primo di una serie dedicata al libro "Meltdown" dell'economista Thomas E. Woods. Il libro si propone di spiegare che cosa ha causato la depressione del 2008, e in generale che cosa causa i cicli dell'economia (cioè l'alternanza tra boom e depressioni.). In un capitolo successivo Woods parlerà anche della Grande Depressione degli anni '30. La traduzione è mia.
Capitolo quarto
Siamo abituati al fatto che, nella vita economica, momenti positivi si alternano inevitabilmente a momenti di crisi. Proprio come la luna e la marea si alzano e abbassano ciclicamente all'infinito, così diamo per scontato che l'economia proceda per boom e recessioni. Il prezzo mediano delle case in tutte le città degli Stati Uniti è aumentato del 150% dall'agosto del 1998 fino all'agosto del 2006. Nei due anni successivi i prezzi delle case sono scesi del 23%. Il numero di default e foreclosure dei mutui è cresciuto in maniera astronomica. Il mercato azionario ha seguito un corso simile: quando la borsa di New York ha chiuso il 9 ottobre 2007, l'indice industriale Dow Jones era a 14164.53, la chiusura più alta di tutti tempi. 13 mesi dopo, il 20 novembre 2008, si è chiuso a 7582.29: un calo del 46.7%.
Le crisi sono sempre accompagnate a tragedie personali, e stavolta la tragedia è più visibile del solito: molti fondi pensione sono stati prosciugati; la disoccupazione è aumentata: nel novembre del 2008 la disoccupazione era salita fino al 6.7%. Tra l'altro, se calcoliamo queste cifre nel modo in cui il governo le calcolava negli anni 70 (prima di iniziare a "massaggiare" i dati per renderli più gradevoli), il tasso di disoccupazione a novembre era uno spaventoso 16.7%. Le tragiche ripercussioni di queste crisi sulle vite delle persone vengono sempre usate per giustificare l'intervento dello Stato, vuoi per creare una rete di sicurezza, vuoi per produrre nuove regolamentazioni mirate ad "appiattire" i cicli economici --- cicli che, si sostiene, sono un problema inerente al mercato libero. Ma sono davvero così inevitabili? E' proprio vero che l'economia di mercato è suscettibile di enormi errori imprenditoriali incomprensibili ed improvvisi, oppure questi errori sono causati da qualcosa che si trova al di fuori del mercato? Questa non è una domanda puramente accademica: gli americani che attualmente si trovano in difficoltà mentre [la crisi diminuisce il loro tenore di vita] hanno diritto ad una spiegazione. Mentre i politici e i media discutono il da farsi come se recitassero frasi imparate a memoria, ci promettono di impedire un nuovo collasso come quello che stiamo attraversando adesso. Se vogliono avere una minima speranza di successo, devono comprendere le cause del ciclo economico; che cosa causa queste violente oscillazioni. Se i politici saranno meticolosi ed onesti nel cercare il colpevole, non saranno compiaciuti quando scopriranno che cosa si trova alla fine di questa catena di indizi: non il capitalismo, non l'avidità, non la mancanza di regolamentazione, ma un'istituzione creata dal governo stesso.
Sciami di errori simultanei
Nessuno si sorprende quando un'impresa deve chiudere: le imprese nascono e muoiono continuamente. Gli imprenditori non sono infallibili e, a volte, fanno previsioni sbagliate circa i desideri dei consumatori. Ad esempio, gli imprenditori possono calcolare in modo errato i costi di produzione, o non riuscire a prevedere gli schemi dei gusti dei consumatori, o sottostimare la quantità di risorse necessarie ad adeguarsi alle regolamentazioni imposte dal governo che cambiano di continuo; o fare molti altri tipi di errori. Insomma, il fallimento di un'impresa è l'inevitabile conseguenza della nostra incapacità di conoscere il futuro con certezza. Ma quando una grande quantità di imprese, tutte allo stesso tempo, soffrono perdite ingenti o falliscono, questo è un fenomeno che dovrebbe sorprenderci. Una cosa sono le perdite sofferte da una singola impresa (di nuovo, nessuno sa prevedere il futuro con certezza); ma perché così tanti uomini di affari dovrebbero commettere degli errori tutti nello stesso momento? Dopo tutto, le forze di mercato scartano gradualmente tutti gli imprenditori che non sono bravi ad amministrare il capitale e a prevedere la domanda dei consumatori, punendoli con perdite, e, se la loro inefficienza persiste, buttandoli completamente fuori dagli affari. Quindi perché dovrebbero gli uomini di affari, anche quelli in affari da molto tempo, e che hanno passato il test del mercato anno dopo anno, commettere tutti improvvisamente gli stessi tipi di errori? L'economista britannico Lionel Robbins ha sostenuto che questo sciame di errori richiede una spiegazione: perché i capi di imprese nelle varie industrie che producono beni di produzione dovrebbero fare errori di giudizio allo stesso tempo e nella stessa direzione? Questo schema (apparente prosperità economica seguita da una generale depressione economica) viene chiamato "ciclo economico", o ciclo boom-bust, o ciclo boom-crisi. Ha esso una causa, oppure è una caratteristica inerente dell'economia di mercato, come ha sostenuto Karl Marx? Questa domanda oggi è importante, perché l'amministrazione Obama è entrata al potere dando la colpa del collasso economico alla mancanza di regolamentazione e al mercato stesso, promettendo la consueta soluzione governativa. Per impedire un altro doloroso "scoppio" della bolla economica, dobbiamo sapere che cosa ha prodotto lo scoppio attuale; dobbiamo scoprire che cosa causa il ciclo economico. Possiamo trovare un indizio nel fatto storico che le depressioni hanno effetti particolarmente gravi nelle industrie che producono beni capitali (per esempio materie prime, costruzioni, equipaggiamenti e macchinari, e cose simili) e relativamente meno gravi nei settori che producono beni di consumo diretto (matite, cappelli, cornici). In altre parole, le cose che i consumatori materialmente comprano non soffrono della depressione tanto quanto soffrono le cose prodotte negli stadi più alti della produzione, le cose che sono più lontane dall'essere prodotti finiti, pronti per il consumo. Perché mai dovrebbe essere così?
Come funzionano le cose in un mercato libero
L'economista F.A. Hayek vinse il premio Nobel per l'economia nel 1974 per una teoria del ciclo economico che possiede un enorme potere esplicativo, specialmente in luce della crisi finanziaria del 2008, crisi che così tanti economisti non sono riusciti a spiegare. Il lavoro di Hayek, che si basa su una teoria sviluppata dall'economista Ludwig Von Mises, individua la radice del ciclo boom-depressione nella Banca centrale (nel nostro caso la Federal Reserve, o FED), cioè quella stessa istituzione che si considera il protettore dell'economia e la fonte di sollievo per i cicli economici. Nel capitolo 6 parleremo molto più in dettaglio di che cosa è la Federal Reserve e come funziona. Per adesso è sufficiente dire che la FED, che ha aperto le sue porte nel 1914, dopo l'approvazione del Federal Reserve Act nel 1913, è un organo che ha la facoltà di espandere e contrarre la quantità di moneta nell'economia, e può quindi far aumentare e diminuire i tassi di interesse. Investigare sulla quantità di moneta ha senso quando si cerca la radice di un problema che investe tutta l'economia: dopotutto la moneta è l'unica cosa che è presente in tutti gli angoli del mercato, come ha notato Lionel Robbins nel suo libro del 1934 intitolato "Grande Depressione". Egli chiese: non è probabile che dei disturbi che influenzano molte linee di industrie allo stesso tempo saranno trovati avere cause monetarie? In particolare il "colpevole" risulta essere l'interferenza della Banca centrale con i tassi di interesse. I tassi di interesse sono dei prezzi: i prezzi dei prestiti. Prendere in prestito dei soldi o del capitale è un bene economico, per cui, per prenderli in prestito, si paga un prezzo. Quando metti dei soldi in un conto corrente, oppure compri delle obbligazioni, tu sei colui che presta. Il tasso di interesse che guadagni è il prezzo che ti stanno pagando per i tuoi soldi. Come per tutti i beni, l'offerta di prestiti a volte aumenta o diminuisce; ed anche la domanda di prestiti può aumentare o diminuire. La domanda e l'offerta di prestiti determinano il prezzo di un prestito, cioè il tasso d'interesse. Se le famiglie risparmiano più soldi, o le banche vogliono prestare più soldi, coloro che vogliono prendere soldi in prestito devono pagare di meno; cioè il prezzo da pagare per un prestito diminuisce; cioè i tassi d'interesse scendono. Se invece c'è una corsa per ottenere dei prestiti, o c'è una scarsità di offerta di prestiti, i tassi di interesse salgono. Questo è ciò che avviene nel mercato libero, in cui il prezzo è stabilito dalla legge della domanda e dell'offerta.
Ci sono alcuni effetti di questa dinamica che potrebbero non essere ovvi sulle prime e che contribuiscono ad avere un'economia in buona salute. Cominciamo con il caso in cui la gente risparmia più di prima, in tal modo aumentando l'offerta di soldi prestabili e di capitale prestabile, e quindi diminuendo i tassi di interesse. Dal punto di vista di un'impresa, tassi di interesse più bassi significano che adesso è redditizio iniziare progetti a lungo termine che non sarebbero redditizi con tassi di interesse più alti. Le imprese quindi rispondono ai tassi più bassi cogliendo l'opportunità di avviare progetti a lungo termine, mirati ad aumentare la loro capacità produttiva futura, per esempio espandere strutture esistenti, o costruire nuovi stabilimenti, o acquistare nuovi equipaggiamenti e macchinari. Guardate la cosa anche dal punto di vista del risparmiatore che aumenta i suoi risparmi: il fatto che tu hai aumentato i tuoi risparmi vuol dire che tu hai relativamente diminuito il tuo desiderio di consumare nel presente; questo è un altro incentivo per le imprese ad investire nel futuro, cioè intraprendere progetti di investimento di elevata durata temporale che diano i loro frutti nel futuro, con un occhio alla produzione futura, anziché produrre e vendere cose oggi. D'altra parte, se la gente ha un desiderio forte di consumare adesso, risparmierà di meno, quindi i tassi di interesse saranno più alti, il che renderà meno attraente per le imprese intraprendere progetti a lungo termine; la grande quantità di denaro dei consumatori che è sul tavolo adesso rende conveniente produrre e vendere oggi. Il modo di esprimere questa felice situazione è dire che il tasso di interesse coordina la produzione attraverso il tempo. Assicura che le forze di mercato siano dosate in un mix compatibile: se la gente vuole consumare adesso, le imprese rispondono di conseguenza; se la gente vuole consumare in futuro, le imprese allocano le loro risorse di conseguenza, per soddisfare questo desiderio. Per esempio, le imprese non riserveranno molte risorse alla ricerca e sviluppo, quando i consumatori preferiscono che esistano più beni adesso.
Ma a questo punto entra in scena la Banca centrale (FED). Il tasso di interesse può effettuare questa funzione di coordinamento solo se gli si permette di aumentare e diminuire liberamente, in risposta ai cambiamenti della domanda e dell'offerta. Se la Banca centrale manipola i tassi di interesse, non dovrebbe sorprenderci se osserviamo uno scoordinamento su scala enorme. Come vedremo dopo, la Banca centrale può utilizzare vari strumenti per manipolare i tassi di interesse e farli aumentare o diminuire. Supponiamo che la Banca diminuisca i tassi di interesse. Come abbiamo visto, sul mercato libero i tassi di interesse scendono perché i cittadini stanno risparmiando di più. Ma quando la Banca centrale diminuisce i tassi di interesse in modo artificiale, i tassi non riflettono più il reale stato della domanda dei consumatori e in generale delle condizioni economiche: la gente non ha davvero aumentato i propri risparmi o indicato un desiderio di diminuire il proprio consumo presente. Questi tassi di interesse artificialmente bassi ingannano gli investitori: fanno improvvisamente sembrare redditizi alcuni investimenti che in condizioni normali sarebbero correttamente giudicati non redditizi. Dal punto di vista dell'economia complessiva, vengono prese decisioni di investimento irrazionali; l'attività di investimento è distorta. La politica di "credito facile" della Banca centrale fa credere alle imprese che ora sia un buon momento per investire in progetti a lungo termine. Ma in realtà i cittadini non hanno manifestato alcuna intenzione di voler posporre il loro consumo presente in modo da liberare risorse che le imprese possano impiegare per progetti a lungo termine. Anche nel caso in cui alcune imprese riescano effettivamente a portare a termine il loro progetto nonostante il livello di risparmio dei consumatori relativamente basso, c'è ragione di credere che in futuro, quando le imprese vorranno vendere il prodotto finito e ottenere così i benefici del loro investimento a lungo termine, i consumatori non avranno abbastanza potere d'acquisto per acquistare il prodotto.
Quindi il fatto che la Banca centrale abbassa i tassi di interesse fa sì che vada persa la connessione [tra i desideri dei consumatori e le azioni degli imprenditori]. La coordinazione della produzione attraverso il tempo viene sabotata. In un momento in cui i cittadini non hanno mostrato alcuna diminuzione del desiderio di consumare nel presente, vengono incoraggiati investimenti a lungo termine che daranno i loro frutti solo nel lontano futuro. I consumatori non hanno scelto di risparmiare, rilasciando così risorse utilizzabili negli stadi più alti della produzione. Che cosa significa esattamente dire che "i consumatori non hanno rilasciato risorse utilizzabili negli stadi più alti della produzione"? Pensate ai soldi che guadagnate come al compenso per beni e servizi che voi avete prodotto (o avete contribuito a produrre). Se voi usate oggi una frazione minore di quei soldi per acquistare beni e consumarli, state risparmiando una frazione maggiore di quegli stessi beni; e quindi state aumentando la riserva complessiva di risparmi reali da cui i produttori possono attingere.
Anziché fare ciò (aumentare i risparmi e diminuire i consumi), per effetto della Banca centrale i cittadini fanno l'esatto contrario: il tasso di interesse più basso incoraggia i cittadini a risparmiare di meno, e quindi a consumare di più, in un momento in cui anche gli investitori stanno cercando di attrarre risorse verso di sé, per investirle; l'economia viene quindi "stirata" in due direzioni opposte allo stesso tempo; le risorse vengono allocate in modo errato, incanalate verso linee di produzione che non possono essere sostenute a lungo termine. Infatti, man mano che l'impresa si avvicinerà a completare i suoi progetti, scoprirà che le risorse di cui ha bisogno (come la manodopera, i materiali, i pezzi di ricambio, ecc., chiamate dagli economisti "fattori complementari della produzione") non sono disponibili in quantità sufficiente: la riserva complessiva di risparmi reali dei cittadini si è rivelata più piccola di quanto gli imprenditori avevano previsto, e i fattori complementari della produzione di cui gli imprenditori hanno bisogno risultano essere più scarsi di quanto si aspettavano; quindi il prezzo di questi fattori della produzione (manodopera e altre risorse) sarà più alto di quanto gli imprenditori si aspettassero, e i costi dell'impresa saliranno. Per finanziare questi imprevisti aumenti nei prezzi degli input, le imprese avranno bisogno di ricorrere a prestiti in misura maggiore. Questo aumento nella domanda di prestiti farà aumentare i tassi di interesse. La dura realtà comincia ora a rivelarsi: alcuni di questi progetti non possono essere completati. Semplicemente, nell'economia non esiste ancora abbastanza ricchezza per finanziarli tutti: la ricchezza necessaria non è stata prodotta. Erano stati soltanto i tassi di interesse artificialmente bassi ad ingannare gli investitori facendo loro credere che lo fosse.
In altre parole, l'economia può sostenere solo un certo numero di progetti di investimento allo stesso tempo. Il tasso di interesse è il meccanismo con cui il mercato libero limita il numero di progetti che si riescono ad iniziare; è il meccanismo che impedisce che vengano iniziati più progetti di quanti il pool di risparmi dei cittadini possa sostenere a lungo termine. Quando il tasso di interesse viene abbassato artificialmente, vengono concessi più prestiti, e vengono iniziati più progetti; ma non vengono magicamente create le risorse reali aggiuntive necessarie per completarli tutti.
Inoltre, i progetti che vengono iniziati in questo ambiente compromesso sono diversi da quelli che sarebbero stati iniziati in un mercato libero: Ludwig Von Mises, per descrivere un'economia che è sotto l'influsso di tassi di interesse artificialmente bassi, usa la metafora di un costruttore di case che crede erroneamente di avere più mattoni di quanti ne ha realmente. Costui costruirà una casa le cui dimensioni e proporzioni sono diverse da quelle che avrebbe scelto se avesse conosciuto la vera quantità di mattoni in suo possesso. Egli non sarà in grado di completare questa casa più grande con i mattoni che ha. Prima scopre qual è la vera quantità di mattoni in suo possesso, meglio è, perché in questo caso può ricalibrare i suoi piani di produzione, prima che una parte troppo grande della casa sia stata costruita, e prima che una parte troppo grande del suo lavoro e del suo materiale sia stata dilapidata. Se lo scopre solo verso la fine della produzione, dovrà distruggere quasi tutta la casa, e sia lui che la società nel complesso saranno più poveri a causa del suo spreco di quelle risorse.
A breve termine, il risultato dell'abbassamento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale è una ricchezza apparente: il boom. In questa fase, il valore delle azioni e degli immobili schizza verso l'alto; si iniziano ovunque nuove costruzioni; le imprese espandono le loro capacità; e i cittadini godono di un alto tenore di vita. Ma si tratta di un'economia drogata, e la realtà inevitabilmente si riafferma: alcuni di questi investimenti risulteranno insostenibili e dovranno essere abbandonati, e le risorse a loro dedicate sono state completamente o parzialmente sprecate.
La fantasia di Keynes: il boom permanente
Abbiamo visto una delle ragioni per cui la Banca Centrale non può semplicemente iniettare più credito nell'economia e fare in modo che lo stato di boom prosegua indefinitamente. Eppure l'economista John Maynard Keynes (che è sospettosamente tornato di moda a Washington nonostante la sua teoria sia crollata all'inizio degli anni settanta in quanto non poteva spiegare l'esistenza contemporanea di inflazione e stagnazione) propose esattamente questo: il rimedio per il boom non è un tasso di interesse più alto, ma un tasso di interesse più basso, perché ciò permette al boom di rimanere. Il rimedio giusto per il ciclo economico non è abolire i boom, tenendoci permanentemente in una quasi-recessione, ma abolire le recessioni, tenendoci permanentemente in un quasi-boom.
Come al solito, Keynes stava inseguendo una fantasia. Più la Banca Centrale produce inflazione [e quindi tiene i tassi di interesse artificialmente bassi], peggiore sarà l'inevitabile crisi. [Il motivo per cui la crisi è inevitabile è che le risorse reali necessarie per completare i progetti non esistono; non sono state prodotte. Stampare nuova moneta, o diminuire ulteriormente i tassi, come prescrive Keynes, non può alterare questo fatto; non può creare nuove risorse reali dal nulla. Quindi la crisi non può essere evitata. Woods passa ora a illustrare i vari modi in cui la crisi prima o poi si manifesta. NdM.] Ogni nuova onda di credito artificiale non fa altro che deformare ulteriormente la struttura della produzione, rendendo l'inevitabile recessione più grave, perché molto più capitale è stato sprecato, e così tante risorse sono state allocate in modo errato. Più si permette al processo di continuare, più l'economia si sposta in una direzione insostenibile, proprio come il costruttore di case nell'esempio di Mises si mette in guai sempre più grossi man mano che lavora alla casa sotto un'impressione errata di quanti mattoni possiede. Avrebbe potuto riuscire a costruire una casa con i mattoni che aveva ma, credendo di averne di più di quanti ne avesse in realtà, comincia a costruire un diverso tipo di casa, una che non ha abbastanza mattoni per completare. Quando diventa chiaro che una così gran parte del boom non è sostenibile a lungo termine, nasce una pressione a liquidare l'investimento errato, cioè terminare il lavoro e svendere l'attrezzatura. Il capitale è salvabile, e viene liberato per altre imprese, dove il suo bisogno è più urgente. Se la Banca Centrale ignorasse questa pressione, e continuasse semplicemente ad inflazionare la quantità di moneta, Mises avverte che corre il rischio di produrre iperinflazione, una inflazione rapidissima che distrugge la moneta stessa. [cosa recentemente verificatasi nello Zimbabwe, NdM.]
L'iperinflazione, o la cessazione da parte della Banca Centrale di una politica di credito facile per paura dell'iperinflazione, non sono gli unici due modi in cui la recessione può iniziare: ce n'è un terzo. I tassi di interesse artificialmente bassi stimolano i venture-capital (investimento a lungo termine) e la produzione di beni di consumo (investimento a breve termine), "stirando" l'economia in due direzioni opposte a spese della parte intermedia: la manutenzione del capitale esistente (investimento a medio termine). Quindi, se il governo cerca di mantenere in piedi il boom iniettando continuamente nuova moneta in circolazione, il capitale logorato e manutenuto in modo insufficiente prima o poi ridurrà la capacità dell'economia di offrire ai consumatori beni di consumo. In altre parole, le forze di mercato prima o poi riallocheranno le risorse, sottraendole ai venture-capital e ai settori di consumo e indirizzandole verso la manutenzione, terminando in tal modo il boom. Per un esempio facile da capire di questo processo, vedere l'articolo di Robert P. Murphy, "l'importanza della teoria del capitale" (in inglese qui).
Scrivendo durante la Grande Depressione, F. A. Hayek criticò aspramente coloro che credevano di poter evitare il disastro mediante l'inflazione della moneta, mantenendo bassi i tassi di interesse indefinitamente: "Anziché lasciare che i malinvestimenti prodotti dal boom negli ultimi 3 anni siano liquidati, è stato fatto tutto il possibile per impedire che un riequilibrio avvenisse; uno di quei trucchi, che è stato tentato ripetutamente senza successo, dai primi ai più recenti stadi della depressione, è la politica di espansione di credito. Combattere la depressione con una espansione forzata di credito significa cercare di curare il male con gli stessi mezzi che lo hanno prodotto: dato che stiamo soffrendo per un dirottamento dei mezzi di produzione, vogliamo dirottarli ulteriormente. Questa pratica può solo condurre a una crisi molto più grave non appena l'espansione di credito terminerà. È probabilmente a questo esperimento, assieme ai tentativi di impedire le liquidazioni una volta che la crisi è arrivata, che dobbiamo l'eccezionale gravità e durata della depressione." La recessione o la depressione è il triste e necessario processo di correzione con cui gli investimenti errati avvenuti nel periodo del boom, dopo essere finalmente rivelatisi per ciò che sono, vengono liquidati, reimpiegati da qualche altra parte nell'economia, dove possono contribuire a produrre qualcosa che i consumatori vogliono davvero. La nostra ricchezza e i beni non vengono più dirottati verso investimenti non sostenibili, con domanda inadeguata e risorse insufficienti. Le imprese falliscono e i progetti di investimento vengono abbandonati. Sebbene questa fase (la recessione o depressione) sia tragica per molte persone, non è in questa fase che il danno è stato fatto: lo scoppio della bolla è il periodo in cui l'economia smaltisce gli investimenti errati e l'allocazione errata del capitale, ristabilisce la struttura della produzione lungo linee sostenibili, e ritorna ad essere in buona salute. Il danno è stato fatto durante la fase del boom, il periodo di falsa prosperità che precede lo scoppio della bolla: è allora che l'abbassamento artificiale dei tassi di interesse causa il dirottamento del capitale e l'avvio di investimenti non sostenibili. È allora che risorse che avrebbero realmente soddisfatto la domanda dei consumatori vengono dirottate verso progetti che hanno senso solo in luce delle condizioni temporanee e artificiali del boom. Per il costruttore di case della nostra favola, il danno non è stato fatto quando ha abbattuto i muri della casa eccessivamente grande che non avrebbe mai potuto completare; il danno è stato fatto quando ha piazzato i mattoni su un'area troppo ampia. A nessuno piace la disoccupazione e il fallimento delle imprese, naturalmente. Ma non sarebbero stati necessari se il boom artificiale non fosse stato stimolato in primo luogo.
Come possiamo vedere ora, la teoria austriaca riesce con successo a rispondere alle due domande originali: lo sciame di errori simultanei avviene perché l'abbassamento artificiale dei tassi di interesse inganna sistematicamente gli investitori, i quali compiono decisioni di investimento come se nell'economia esistessero più risorse risparmiate di quante ne esistono davvero. Dato che queste risorse in realtà non esistono, non tutti i progetti che sono stati iniziati possono essere completati. La crisi è più grave e dolorosa nelle industrie che producono beni di produzione rispetto alle industrie che producono beni di consumo, perché quel settore è il più sensibile ai cambiamenti nei tassi di interesse, e quindi attrae investimenti in misura sproporzionata.
Il consulente di investimenti Peter Schiff traccia un'analogia tra il boom artificiale e un circo che arriva in città per qualche settimana. Quando il circo arriva, i suoi attori e il pubblico frequenteranno i ristoranti locali e le imprese locali. Ora supponete che un ristoratore concluda erroneamente che questo boom nei suoi affari durerà permanentemente. Allora potrebbe rispondere espandendo i propri locali o forse costruendone di nuovi. Ma, appena il circo lascia la città, il nostro imprenditore scopre di aver tragicamente sbagliato i calcoli. Ha senso cercare di salvare questo povero sfortunato mediante l'inflazione? In altre parole, dovrebbe il sistema bancario creare nuova moneta dal nulla, e prestarla a costui, al fine di mantenere redditizia la sua impresa? Creare nuova moneta non crea nuove cose. Prestare a questo imprenditore moneta creata dal nulla gli permette semplicemente di indirizzare verso se stesso una parte maggiore del pool di risorse presenti nell'economia, a spese delle imprese sane, che rispondono davvero ai desideri reali dei consumatori. Renderlo dipendente dal credito facile non fa altro che prolungare l'allocazione errata delle risorse: questo ristorante è un'attività "da bolla", che può esistere solo nelle condizioni fasulle della bolla. Questa impresa deve terminare, così che le risorse che essa teneva impegnate possano essere riallocate verso linee di produzione più sensate.
È importante ricordare un'altra cosa. Tutte le imprese sono influenzate dal boom artificiale; non solo quelle che cominciano nuovi progetti di investimento e che sono nate solo grazie all'esistenza del credito facile. Ad esempio, durante il picco della bolla dot-com nell'anno 2000, la Microsoft, che era stata fondata ben prima del boom, si è trovata di fronte a una scarsità di fattori della produzione, scarsità che viene predetta dalla teoria austriaca. La compagnia ha cominciato a fare fatica a trovare dipendenti e a mantenerli, specialmente a Silicon Valley. Mises osservò che al fine di continuare la produzione, nella scala allargata prodotta dall'espansione di credito, tutti gli imprenditori (sia quelli che hanno espanso la loro attività sia quelli che hanno prodotto solo entro i limiti in cui producevano prima) hanno bisogno di fondi aggiuntivi, perché i costi di produzione salgono.
Notate che il fattore che fa precipitare il ciclo economico non ha niente a che fare con l'economia di mercato di per sé. È la politica del governo di spingere i tassi di interesse sotto il livello a cui il mercato libero li avrebbe stabiliti. La Banca centrale è un'istituzione governativa, creata dalla legislazione dello Stato, il cui personale viene eletto al governo, e che gode del privilegio di un monopolio concesso dal governo. È il caso di ripetere: l'intervento della Banca centrale nell'economia fa nascere il ciclo economico. E la Banca centrale non è un'istituzione che esisterebbe nel mercato libero.
La teoria in sintesi
Ecco un sommario di ciò che la teoria austriaca afferma:
1. i tassi di interesse possono scendere in due modi: a) il pubblico risparmia di più, oppure b) la Banca centrale li abbassa artificialmente.
2. gli imprenditori rispondono ai tassi di interesse più bassi iniziando nuovi progetti. I progetti tendono a essere quelli che sono più sensibili ai tassi d'interesse; in particolare avvengono nei cosiddetti "stadi più alti della produzione": miniere, materie prime, costruzioni, macchinari, eccetera. In altre parole, gli investimenti avvengono nei processi di produzione che sono più lontani dal prodotto finito (il prodotto pronto per essere consumato).
3.A. Se il tasso di interesse è più basso per cause naturali (ad esempio perché la gente risparmia di più) allora il mercato funziona bene: i consumi che la gente ha posposto forniscono le risorse necessarie affinché i nuovi investimenti iniziati dalle imprese possano essere completati.
3.B. Se il tasso d'interesse è più basso per cause artificiali (ad esempio per la manipolazione della Banca centrale) allora questi progetti non possono essere tutti completati: le risorse necessarie per completarli non sono state risparmiate dai cittadini. Gli investitori sono stati fuorviati ed indotti a iniziare linee di produzione che non possono essere sostenute.
4. immaginate un costruttore di case che creda erroneamente di avere il 20% di mattoni in più di quelli che ha realmente: egli costruirà un tipo diverso di casa da quella che costruirebbe se avesse un conteggio accurato della sua quantità di mattoni. (Supponete che non possa comprare più mattoni.) Le dimensioni sarebbero differenti. Lo stile sarebbe differente. E più a lungo egli va avanti senza capire il suo errore, peggiore sarà il momento in cui lo scoprirà. Se scopre l'errore solo alla fine, dovrà distruggere l'intera costruzione, e tutte quelle risorse e quel tempo di lavoro saranno state dilapidate. La società sarà più povera di quella quantità.
5. l'economia è come il costruttore di case: forzare i tassi di interesse ad essere più bassi di quelli che il mercato avrebbe stabilito fa sì che gli attori economici agiscano come se esistessero più risorse di quelle che esistono in realtà. Una porzione di questo nuovo investimento è quindi un malinvestimento: un investimento lungo linee che avrebbero avuto senso se esistessero risorse risparmiate sufficienti per completarle, ma che non hanno senso alla luce delle risorse attualmente disponibili nell'economia.
6. il recente boom immobiliare è un esempio classico di questa teoria in azione. I tassi di interesse artificialmente bassi hanno dirottato enormi quantità di risorse verso la costruzione di case. Adesso sappiamo che ciò non era sostenibile. C'è un limite al numero di case da 900.000 dollari che la gente era in grado di comprare con i pochi risparmi che aveva messo da parte.
7. Prima termina la manipolazione monetaria, prima si riesce a eliminare il malinvestimento, e a redirigere le risorse male allocate verso linee di produzione sostenibili. Più a lungo cerchiamo di mettere delle toppe, peggiore sarà l'inevitabile crisi. Il costruttore di case nel nostro esempio sarebbe stato molto meglio se avesse scoperto prima il suo errore, perché molte meno risorse sarebbero state irrimediabilmente dilapidate. Lo stesso vale per l'economia nel complesso. Più a lungo si aspetta, più male fa.
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Un'obiezione ragionevole alla teoria austriaca è la seguente: perché le imprese non riescono semplicemente ad imparare a distinguere tra tassi di interesse bassi che riflettono un aumento nei risparmi reali della gente e tassi di interesse bassi che riflettono niente più che la manipolazione da parte della Banca centrale? Perché non imparano la teoria austriaca del ciclo economico, ed evitano di espandersi quando la Banca centrale cerca di dare avvio a un boom artificiale? La risposta è che non è così facile. Prima di tutto, persino la maggior parte degli economisti non è al corrente della teoria austriaca del ciclo economico; figuriamoci se questo argomento viene insegnato nei corsi per imprenditori. Anche gli imprenditori che conoscono la teoria austriaca e che sanno con certezza assoluta che la Banca centrale sta mantenendo i tassi di interesse artificialmente bassi potrebbero ancora avere interesse a prendere in prestito quei soldi ed avviare nuovi progetti, sperando che il loro progetto sarà uno dei fortunati e che possano avere successo prima che arrivi lo scoppio. Se invece non fanno niente e restano con le mani in mano, non reagendo ai tassi di interesse bassi, i loro avversari lo faranno di sicuro, e potrebbero riuscire ad ottenere quote di mercato alle loro spese. Qualcuno abboccherà all'amo.
La teoria austriaca non è intesa per spiegare la durata della persistenza della depressione. È una teoria del boom artificiale, che culmina nello scoppio. La durata della recessione è tanto più lunga quanto più il governo impedisce all'economia di riallocare la forza lavoro e il capitale verso schemi di produzione sostenibili. L'interferenza del governo (nella forma di tetti massimi ai prezzi, tetti minimi ai salari, prestiti di emergenza, liquidità aggiuntiva, ulteriore inflazione monetaria, e così via) mirano tutti a diminuire il dolore a breve termine, al prezzo di esacerbare l'agonia a lungo termine. Ogni tentativo di uscire dalla crisi mediante inflazione, iniettando nuova moneta creata dal nulla, e quindi mantenendo i tassi di interesse artificialmente bassi, rende soltanto più doloroso l'inevitabile collasso. Il malinvestimento deve terminare ed essere liquidato, e non incoraggiato e premiato con sussidi, se si vuole che la struttura della produzione ritorni ad essere sostenibile.
Ci saranno sempre coloro che, non comprendendo la situazione, chiederanno iniezioni monetarie sempre più grandi, per cercare di mantenere vivo il boom, ma il loro numero è salito alle stelle a partire dall'autunno del 2008. Roger Nightingale, strategista economico di Pointon York, tutt'altro che solo nel 2008, ha esortato le banche centrali di tutto il mondo ad abbassare i tassi di interesse fino a zero. "Non sto parlando di 50 punti base" ha detto. "Dobbiamo portare i tassi letteralmente a zero. Gli europei devono andare a zero; gli inglesi molto vicino a zero; i giapponesi naturalmente non possono che andare a zero". Ha aggiunto che anche lo zero potrebbe non essere abbastanza. [Recentemente l'economista Mankiw, autore del più venduto testo di economia al mondo, ha auspicato tassi di interesse negativi, NdM.] Il governatore della Banca d'Inghilterra Marvin King ha detto che era pronto a ridurre i tassi a qualunque livello sia necessario, compreso lo zero. (continua)
giovedì 6 agosto 2009
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