venerdì 5 ottobre 2007

Perchè non dovremmo dirci atei. Di Sam Harris.


Traduco il discorso tenuto da Sam Harris ad una conferenza della Atheist Alliance [Alleanza Atea] a Washington D.C. il 28 settembre 2007.

In questo discorso Sam Harris polemizza con Dennett, che sostiene che dovremmo chiamarci "bright", e con Dawkins, che sostiene che dovremmo chiamarci "atei". (Ma non pensate che sostenga la parola "agnostico" :))

Il problema dell'ateismo

Per cominciare, vi pregherei di riflettere un momento su quanto sia strano che un incontro di questo genere sia necessario. Siamo nell'anno 2007, e noi tutti abbiamo sottratto tempo prezioso agli impegni della nostra vita, e molti di noi hanno viaggiato per molti chilometri, per pianificare come sia meglio vivere in un mondo in cui la maggior parte delle persone crede in un Dio immaginario. L'America è oggi una nazione di 300 milioni di persone, con un potere di influenza maggiore di qualunque altra popolazione nella storia, eppure la reputazione di queste persone è costantemente danneggiata, e sta di certo svanendo, perché milioni di queste persone credono a quanto pare che Gesù tornerà un giorno ad orchestrare la fine del mondo con i suoi poteri magici.

Naturalmente possiamo chiederci se tutte queste persone, che dicono di credere queste cose, le credano davvero. Christopher [Hitchens] e Richard [Dawkins] ritengono ottimisticamente che i nostri sondaggi di opinione non riflettano quello che la gente crede davvero nella privacy della propria mente. Ma non c'è dubbio che la maggior parte dei nostri vicini professa di credere in queste cose, e questo stesso fatto ha avuto un effetto disastroso sui nostri discorsi politici, sulla nostra politica pubblica, sull'insegnamento della scienza, e sulla nostra reputazione nel mondo. Anche se solo un terzo o un quarto dei nostri vicini credessero ciò che la maggior parte di loro professa, avremmo comunque un problema preoccupante.

Ora, non mi accade spesso di trovarmi in una sala piena di persone che sono, quasi certamente, d'accordo con me in materia di religione. [...] Vorrei quindi parlare di cose in cui voi ed io potremmo non essere d'accordo. Ho deciso, correndo il rischio di rovinarvi la giornata, di dire cose che potrebbero essere controverse in questo ambiente.

Dato che non esiste la minima evidenza per credere in Dio, e data la stupidità e la sofferenza che ancora oggi prosperano sotto la coperta sicura della religione, l'unica risposta appropriata potrebbe sembrare dichiararsi "atei". Ed è la posizione che molti di noi hanno orgogliosamente e pubblicamente adottato. Oggi, cercherò di sostenere che usare questa etichetta è un errore puttosto grave.

La mia preoccupazione verso l'uso del termine "ateismo" è sia filosofica sia strategica. Mi trovo in una posizione inusuale e forse paradossale perché, sebbene io sia ormai una delle voci pubbliche dell'ateismo, non ho mai pensato a me stesso come ad un ateo prima di essere indotto a parlare come uno di loro. Non ho neppure mai usato questo termine ne "La Fine della Fede", che resta la mia critica più sostanziale alla religione.

Come ho sostenuto brevemente in "Lettera a una Nazione Cristiana", credo che "ateo" sia una parola di cui non c'è bisogno, proprio come non c'è bisogno di una parola per identificare chi rifiuta l'astrologia. Semplicemente, nessuno viene mai chiamato "non-astrologo". Per mettere gli astrologi al posto loro bastano le parole "ragione", "evidenza", "prove", "buon senso" e "stronzate". E potrebbe essere così anche con la religione.

Se il paragone con l'astrologia vi sembra troppo debole, considerate il problema del razzismo. Nel nostro paese non abbiamo mai avuto un problema sociale tanto intrattabile quanto lo è stato il razzismo. Stiamo parlando di convinzioni profonde delle persone. Sono sicuro che avrete visto le foto dei linciaggi nella prima metà del ventesimo secolo: si vedono intere città del Sud (migliaia di uomini, donne e bambini, banchieri, avvocati, medici, insegnanti, uomini di chiesa, editori di giornali, poliziotti, persino qualche senatore) che uscivano fuori in massa per guardare alcuni giovani uomini o donne mentre venivano torturati a morte e poi appesi ad un albero o lampione, in modo che tutti li vedessero.

Una cosa è vedere le foto di queste persone vestite con l'abito elegante della domenica, in posa per apparire su una cartolina, sotto quella persona appesa, lacerata, e spesso parzialmente cremata... ma rendetevi conto che queste persone gentili, che erano altrimenti persone normalissime -- e saldamente religiose -- spesso portavano a casa dei "souvenir" di quei corpi per mostrarli agli amici: denti, dita, rotule, organi interni. A volte li esponevano nei loro luoghi d'affari. Naturalmente non sto dicendo che il razzismo non sia più un problema oggi. Ma se qualcuno pensa che sia un problema grave quanto lo era un tempo, semplicemente ha dimenticato, o non ha mai saputo, quanto fosse grave.

Come hanno fatto le persone di buona volontà e di buon senso a combattere il razzismo? C'è stato un movimento per i diritti civili, naturalmente. Il Ku-klux-klan fu gradualmente spinto ai margini della società. Ci sono stati cambiamenti importanti e, credo, irrevocabili nel modo in cui parliamo delle razze. I nostri quotidiani principali non pubblicano più articoli ed editoriali apertamente razzisti come facevano meno di un secolo fa. Ma ora vi faccio una domanda: tra le persone che hanno contribuito al cambiamento, quante si sono date il nome di "non razzisti"? Esiste forse una "unione dei non razzisti" a cui mi possa iscrivere?


Etichettare qualcosa ha davvero delle conseguenze,
specialmente se la cosa che stai etichettando è in realtà qualcosa che non esiste. E l'ateismo, direi, è una cosa che non esiste. Non è una filosofia, proprio come non lo è il "non razzismo". E non è una visione del mondo.

L'ateismo non è una visione del mondo. [E' solo il buon senso e l'onestà di non fingere di sapere cose che non sai, NdM]

Eppure la maggior parte delle persone credono che lo sia, e lo attaccano come tale. Noi che non crediamo in Dio ci stiamo rendendo complici in questo fraintendimento, accettando di essere etichettati in questo modo, e spesso etichettandoci da soli come tali.

Un altro problema è che, accettando un'etichetta, specialmente l'etichetta di "ateo", stiamo acconsentendo ad essere considerati come una specie di sotto-cultura eccentrica. Stiamo acconsentendo ad essere considerati come un gruppo di interessi marginale che si incontra nelle sale conferenza degli hotel. Non sto dicendo che gli incontri di questo tipo non siano importanti. Ma sto dicendo che dal punto di vista filosofico siamo colpevoli di confusione, e dal punto di vista strategico siamo caduti in una trappola. E' una trappola che ci è stata, in molti casi, piazzata deliberatamente. E ci siamo entrati con tutti e due i piedi.

Sebbene sia un onore per me essere identificato con Dan [Dennett], Richard [Dawkins] e Christopher [Hitchens] come se fossimo una sola persona con quattro teste, la nozione dei "nuovi atei" o "atei militanti" è stata usata negli Stati Uniti per emarginare la nostra critica della religione, ed ha permesso ad alcuni di liquidare le nostre argomentazioni senza neppure sforzarsi di entrare nel merito e rispondere. E sebbene i nostri libri abbiano avuto una buona dose di pubblicità negli Stati Uniti, credo che tutto questo dibattito sul conflitto tra fede e ragione, e tra religione e scienza, sia stato marginalizzato con successo sotto l'etichetta dell'ateismo, e continuerà ad esserlo.

Quindi, lasciatemi fare questa proposta un po' sediziosa: non dovremmo chiamare noi stessi "atei". Non dovremmo chiamare noi stessi "laici". Non dovremmo chiamare noi stessi "umanisti laici", "naturalisti", "scettici", "anti-teisti", "razionalisti", "liberi pensatori", o "bright". Non dovremmo chiamarci in nessun modo. Dovremmo fare in modo di non essere rilevati dai radar per il resto della nostra vita. E, finché viviamo, dovremmo essere persone decenti, responsabili, che distruggono le idee cattive dovunque e quandunque ci capiti di udirle.

Ora, si dà il caso che la religione abbia in sé una quantità inusuale di idee cattive. E rimane l'unico sistema di pensiero in cui l'atto di conservare le idee cattive, immunizzandoti per sempre dalla critica razionale, è considerato sacro. E' il cosiddetto "atto di fede". E resto convinto che la fede religiosa sia uno degli abusi più perversi dell'intelligenza umana che abbiamo mai ideato. Ma non dovremmo definire noi stessi ed etichettare noi stessi in funzione di questo modo di pensare.

Cosa significa tutto ciò in termini pratici, a parte il fatto che Margaret Downey deve cambiare la carta intestata? Beh, invece di dichiararci "atei" in opposizione a tutte le religioni, credo che dovremmo solo professare l'uso della ragione e l'onestà intellettuale. E laddove questo ci metterà in collisione con la religione, come inevitabilmente accadrà, dovremmo stare attenti ad attaccare sempre le credenze specifiche, non la religione in generale. Non ha neppure senso parlare di "religione in generale". Il problema è che il concetto di ateismo impone su di noi il falso onere di restare fermi [??] sulle credenze delle persone verso Dio, e di restare equidistanti da tutte le religioni. Ma non dovremmo restare fermi, e non dovremmo essere equidistanti. Anzi, dovremmo evidenziare con decisione le differenze tra le religioni, per due ragioni:

Primo, queste differenze su questioni contingenti fanno sembrare tutte le religioni contingenti, e quindi sciocche. Considerate le caratteristiche uniche del mormonismo, che potrebbero avere rilevanza nella prossima elezione del Presidente degli Stati Uniti [il candidato Mitt Romney è mormone, NdM]. Per esempio, i mormoni credono che Gesù tornerà sulla terra ad amministrare i suoi Mille Anni di Pace e risiederà, per almeno parte del tempo, nello Stato del Missouri. Questo fa sì che il mormonismo abbia una probabilità minore del Cristianesimo. Perché? Perché qualunque probabilità assegniamo al ritorno di Gesù, dobbiamo assegnare una probabilità ancora minore al fatto che lui ritorni e stabilisca la sua dimora estiva a Jackson County, Missouri. Se Mitt Romney vuole essere il prossimo presidente degli Stati Uniti, dovremmo far sì che senta sulla sua pelle il peso della nostra incredulità. Possiamo fare causa comune con i nostri fratelli cristiani in questo momento. Ma che cosa crede esattamente quell'uomo? Il mondo lo dovrebbe sapere. Ed è quasi garantito che sarà imbarazzante anche per la maggior parte di quelli che credono nel dio biblico.

La seconda ragione per porre l'accento sulle differenze tra le religioni è che queste differenze sono per noi questione di vita o di morte. Pochissimi di noi restano svegli di notte preoccupandosi degli Amish. Non è un caso. Sebbene io sia certo che gli Amish stiano abusando dei propri figli, non educandoli adeguatamente, tuttavia è improbabile che decidano di dirottare un aereo e farlo schiantare su un edificio. Ma adesso considerate come noi, da atei, tendiamo a parlare dell'Islam. I cristiani si lamentano spesso che gli atei, e il mondo laico in generale, cerca di controbilanciare ogni critica all'islam con una critica al cristianesimo. L'approccio tipico è dire che loro hanno i kamikaze jihadisti, e noi abbiamo le persone che uccidono i dottori che praticano l'aborto.

I nostri vicini cristiani, anche i più folli tra di loro, hanno ragione ad essere oltraggiati da questa nostra pretesa di equidistanza. Perché la verità è che l'islam è molto più terrificante, e molto più colpevole di sofferenza umana inutile, di quanto lo sia il Cristianesimo oggi, o lo sia stato nei secoli recenti. E il mondo deve prendere coscienza di questo fatto. I musulmani stessi devono prendere coscienza di questo fatto. E possono farlo.

Potreste ricordare che Thomas Friedman ha scritto recentemente un editoriale contrapposto dall'Iraq, raccontando che alcune milizie sunnite ora stanno combattendo a fianco delle truppe americane contro i jihadisti. Quando Friedman chiese a un militante sunnita perché stesse facendo ciò, questi rispose che aveva visto un membro di al-Quaeda decapitare una bambina di 8 anni. Ciò lo aveva persuaso che i "crociati americani" fossero il male minore.

Okay, quindi anche dei militanti sunniti sono in grado di distinguere il confine tra la normale follia dell'Islam e la follia totale, una volta che vedono il sangue di una bambina. Questo ci dà un minimo di speranza. Ma dobbiamo essere onesti -- completamente onesti -- su contro chi stiamo combattendo (e il resto del mondo civile e semicivile sta combattendo): stiamo combattendo contro la totale follia e barbarie religiosa nel nome dell'Islam. Una follia che ha al suo fianco, mi spiace dirlo, la corrente teologica principale dell'islam.


Essere equidistanti tra Islam e Cristianesimo, quando si parla dei problemi dell'islam, significa attuare una mistificazione. La frase "tutte le religioni hanno i loro estremisti" è una cazzata. E sta facendo cadere l'occidente in un sonno profondo. Nel mondo musulmano, il supporto all'estremismo non è estremo, nel senso che non è raro. Un sondaggio recente ha mostrato che circa un terzo dei giovani musulmani britannici vorrebbero vivere sotto la legge della sharia, e credono che gli apostati debbano essere uccisi per aver abbandonato la fede islamica. Questi sono musulmani britannici. Il 60% dei musulmani britannici ritengono che chiunque dei loro vicini insulti l'islam debba essere arrestato e processato, e il 70% ritengono che i vignettisti danesi debbano essere arrestati. Queste persone non hanno la minima idea di che cosa sia una società civile. I resoconti di questo tipo, che vengono dalle comunità musulmane che vivono in occidente, dovrebbero preoccuparci, prima di qualunque altra questione della religione.


L'ateismo è uno strumento troppo debole da usare in un momento come questo. E' come se avessimo di fronte uno smisurato panorama di ignoranza umana e stupore infantile -- con picchi e valli ben visibili -- e il concetto di ateismo ci fa concentrare su una parte di questo panorama, la parte che riguarda la religione teistica, e poi lo appiattisce. Perché per essere consistenti come atei dobbiamo opporci in modo eguale a tutte le affermazioni fideistiche. Questo è uno spreco di tempo ed energie preziosi, e annulla la fiducia di persone che altrimenti sarebbero d'accordo con noi su questioni specifiche. Non sto suggerendo di non pressare e di non mettere in difficoltà le credenze centrali delle persone, o la fede stessa --- dopo tutto scrivo articoli dal titolo "la scienza deve distruggere la religione" -- ma credo che non dobbiamo mai dimenticare distinzioni utili e importanti.

Un altro problema nel chiamare noi stessi "atei" è che ogni religioso crede di avere un argomento che demolisce l'ateismo. Tutti noi abbiamo familiarità con questi argomenti, e continueremo a udirli finché insisteremo a chiamarci "atei". Argomenti come: non potete dimostrare che Dio non esiste; affermate di sapere che non esiste Dio, e questa è l'affermazione più arrogante di tutte. Come ha detto Rick Warren, quando ho dibattuto con lui sul Newsweek, un uomo di fede come lui "non ha abbastanza fede per essere ateo". L'idea che un universo possa nascere senza un creatore è, secondo lui, l'affermazione di fede più stravagante di tutte.

Naturalmente questi argomenti, come argomenti in favore della verità di qualunque dottrina religiosa specifica, sono sbagliati. E tutti noi sappiamo come liquidarli: abbiamo la teiera di Russell, le migliaia di dei morti, il Mostro Volante di Spaghetti... anche questi dei non si possono dimostrare falsi, eppure credere in essi è considerato ridicolo. Il problema è che dobbiamo continuare a dare queste risposte all'infinito. E l'argomento viene sollevato quasi sempre, se non sempre, in conseguenza del nostro uso della parola "ateismo". E lo stesso vale per l'argomento dei "più grandi crimini del ventesimo secolo". Quante volte dovremo difenderci dall'accusa che Stalin, Hitler e Pol Pot siano il prodotto dell'ateismo? Ho una notizia per voi: questa accusa non cesserà. L'ho confutata ne "La Fine della Fede", e mi è stata immediatamente riproposta nelle recensioni del libro, come se non ne avessi mai parlato. Così l'ho demolita di nuovo nella postfazione dell'edizione in copertina morbida del libro; ma anche questo non ha avuto effetto. Così, a rischio di annoiare tutti, l'ho demolita di nuovo in "Lettera a una Nazione Cristiana"; e Richard ha fatto lo stesso ne "L'illusione di Dio"; e Christopher in "Dio non è grande". Vi assicuro che questo argomento, per quanto sbagliato, ci tormenterà fino a che ci etichettermo come "atei". E guardate che risulta veramente convincente per le persone religiose. Riesce a convincere i religiosi moderati e liberali. Convince persino alcuni atei.

Perché mai dovremmo cadere in questa trappola? Perché dovremmo restare confinati nel cantuccio che hanno scavato per noi, cantuccio che è stato scavato dallo schema concettuale della religione teistica? E' come se, prima ancora di cominciare il dibattito, il nostro avversario tracciasse per terra con il gesso la sagoma di un uomo morto, e noi ci camminassimo e sdraiassimo dentro di proposito.

Invece di far ciò, pensate cosa succederebbe se usassimo semplicemente parole come "ragione", "evidenza", "prove". Che argomento esiste contro la ragione? E' vero che qualcuno sosterrà che la ragione stessa è il problema, che l'Illuminismo è un progetto fallito, ecc. Ma la verità è che ci sono pochissime persone, anche tra i religiosi fondamentalisti, che ammetterebbero di essere nemici della ragione. Anzi, i fondamentalisti tendono a pensare di essere campioni di ragione, e credono di avere ottime ragioni per credere in Dio. Nessuno vuole credere a qualcosa senza evidenza sufficiente, o con cattiva evidenza. Il desiderio di sapere cosa davvero accade nel mondo è molto difficile da contrastare. Fino a che noi rappresenteremo quel desiderio, diventeremo difficili da affrontare. E quel desiderio non è riducibile ad un gruppo di interessi. Non è un club o un'affiliazione, e credo che cercare di renderlo tale diminuisca il suo potere.

[...]

Credo sia utile immaginare che aspetto potrebbe avere la nostra vittoria. Di nuovo, l'analogia col razzismo mi pare istruttiva. Che aspetto avrà la vittoria contro il razzismo, se mai quel giorno arrivasse? Certamente non sarà un mondo in cui la maggioranza delle persone si professa "non razzista". Più probabilmente sarà un mondo in cui la parola razzismo non avrà più alcun significato.

Avremo vinto questa guerra di idee con la religione quando l'ateismo sarà difficilmente intelligibile come concetto. Semplicemente ci troveremo in un mondo in cui le persone smettono di lodarsi a vicenda per fingere di credere cose che non sanno. E' certamente un futuro per cui vale la pena combattere. Potrebbe essere l'unico futuro compatibile con la nostra sopravvivenza come specie. Ma l'unico percorso tra ora e quel giorno, per quanto io possa vedere, è che noi siamo rigorosamente onesti nel presente. Mi sembra che quell'onestà intellettuale sia ora, e sarà sempre, più profonda e durevole, e più facilmente diffondibile, dell' "ateismo".
blog comments powered by Disqus