martedì 13 novembre 2007

Robinson sull'isola deserta. Meglio il capitalismo o la decisione centrale?

Con l'aiuto degli economisti H. Hazlitt e T. Sowell, cerco di illustrare la vera funzione del sistema dei prezzi e della logica del profitto.

Nell'episodio precedente abbiamo visto che, quando la domanda di un prodotto aumenta, la sua produzione aumenta ma aumenta anche il prezzo. Se lo stato cerca di limitare il prezzo, invece, la produzione crolla.

A questo punto qualcuno potrebbe convincersi che il capitalismo sia fondamentalmente "bacato". Il ragionamento potrebbe essere:
Se limito il prezzo per legge, la produzione non soddisfa la domanda. Se invece non limito il prezzo, la produzione soddisfa la domanda, ma i poveri non potranno permettersi di comprare. In entrambi i casi, ci sarà qualcuno che non potrà avere quel prodotto. Qualcuno che resta a bocca asciutta. Quindi il capitalismo è intrinsecamente incapace di soddisfare appieno i bisogni delle persone.

Quindi serve un nuovo sistema, un sistema in cui la produzione possa aumentare senza far aumentare i prezzi.

Il mondo ha bisogno di più beni, e i produttori, che regolano la produzione in base al profitto, non producono abbastanza da soddisfare le esigenze delle persone. Arrestano la produzione prima. Non sfuttano appieno le potenzialità produttive della moderna tecnologia. Bisogna quindi abbandonare il capitalismo, e scegliere un sistema in cui si produca in base alle necessità reali delle persone.

Questo ragionamento è sbagliato e dimostra l'ignoranza della vera funzione dei prezzi e dei profitti nella società. L'economista Henry Hazlitt usa una brillante metafora:

L'errore centrale deriva dal guardare solo ad una industria, o solo a un certo insieme di industrie, come se ognuna esistesse in isolamento dalle altre. Invece ognuna di esse esiste in relazione alle altre. [..]

Possiamo capire meglio la cosa se comprendiamo il problema di base che le imprese, complessivamente, devono risolvere. Per semplificare il più possibile, consideriamo il problema che Robinson Crusoe si troverà a fronteggiare su un'isola deserta. I suoi desideri sulle prime sembreranno non finire mai. E' zuppo di pioggia; ha i brividi per il freddo; soffre la fame e la sete. Ha bisogno di tutto: acqua da bere, cibo, un tetto sulla testa, protezione dagli animali, un fuoco, un posto morbido per dormire. E' impossibile per lui soddisfare tutti questi bisogni allo stesso tempo; non ne ha il tempo, le energie e le risorse. Deve soddisfare immediatamente i bisogni più pressanti. La cosa più urgente è, diciamo, la sete. Scava una buca nella sabbia per raccogliere l'acqua piovana, o costruisce un rozzo contenitore. Quando si è procurato anche una minima riserva d'acqua, però, deve cominciare a cercare del cibo, prima che possa pensare di migliorarla. Può cercare di pescare; ma per farlo gli servono uncino e bastone, oppure una rete, e deve cominciare a lavorare su queste. Ma tutto ciò che fa rallenta o impedisce di fare qualcos'altro che è solo un po' meno urgente. Ha continuamente davanti a sé il problema delle applicazioni alternative del suo tempo e fatica.

Immaginiamo ora che sull'isola ci sia tutta la famiglia Robinson. Il problema sarà più semplice per loro. Ci sono più bocche da sfamare, ma anche più braccia per lavorare. Possono praticare la divisione del lavoro. Il padre va a caccia; la madre prepara il cibo; i bambini raccolgono legna. Ma anche questa famiglia non si può permettere che un membro faccia sempre la stessa cosa, indipendentemente dall'urgenza relativa tra il bisogno comune che egli soddisfa e i bisogni ancora insoddisfatti. [..] Anche la famiglia ha il problema di scegliere tra applicazioni alternative del lavoro e, se è abbastanza fortunata da ottenere armi, canna da pesca, una barca, un'ascia, una sega e così via, di scegliere tra applicazioni alternative del lavoro e del capitale. Sembrerebbe incredibilmente stupido se colui che si occupa di raccogliere la legna dicesse che si potrebbe raccogliere più legna se suo fratello lo aiutasse tutto il giorno, anziché pescare il pesce che la famiglia mangia a cena. In questo caso è evidente che un'occupazione si può espandere solo alle spese di altre occupazioni.

( E ovviamente il discorso non cambia se le persone sull'isola, anziché cinque, sono cento milioni. )

Insomma, l'errore nel ragionamento consiste nel non capire che la produzione in un settore può aumentare solo alle spese di altri settori. Questo discende immediatamente dal fatto che la quantità di terra, materiale e forza lavoro disponibile sul nostro pianeta è limitata. Quindi, se fai espandere un'industria, necessariamente stai sottraendo risorse a qualche altra industria o settore, che per forza di cose si dovranno ridurre (in termini assoluti o relativi).

Ma chi decide quali settori dovranno ridursi, per aumentare la produzione del prodotto X? Risposta: il sistema dei prezzi e del profitto. Il maggiore prezzo del prodotto X costringe i cittadini ad economizzare in qualche altro settore. Li costringe a diminuire le spese per altre cose. Così facendo, i cittadini stanno automaticamente decidendo quale settore si dovrà ridurre, per fare spazio al nuovo. I cittadini stanno di fatto votando con i loro soldi. Stanno decidendo qual è il rapporto di grandezza più efficiente tra le varie industrie. Stanno decidendo quali beni sono più importanti e necessari di altri.

Quindi la logica del profitto, per cui i produttori aumentano la produzione ma allo stesso tempo aumentano anche i prezzi, ha una funzione sociale: è il meccanismo in cui i cittadini decidono quale produzione si deve ridurre, in cambio dell'aumento della produzione di qualcos'altro.

Non che sia un sistema perfetto: dopo tutto, in questo modo, chi ha meno soldi "vota di meno". Ma qual è l'alternativa?

Storicamente alcuni Stati hanno cercato di sostituirsi al sistema dei prezzi: hanno cercato di far decidere a dei burocrati quali settori devono ridursi, e dove invece vanno destinate più risorse. Cioè, al mercato si è cercato di sostituire la decisione centralizzata, il diktat dall'alto. E il risultato di questi tentativi è stato così tragico, ed ha causato così tanta miseria, che per me è doloroso parlarne. Nell'unione sovietica, mentre molte persone morivano di fame (a causa del crollo della produttività), in molte città c'erano depositi pieni di grano che restavano a marcire. Il motivo è che un burocrate non aveva ancora deciso dove dovessero essere destinati. In India, quando nacquero i telai meccanici, il governo decise di proteggere i posti di lavoro di quelli che lavoravano ai telai manuali, mediante sussidi presi dalle tasse. Questo rese sconveniente introdurre le macchine. Di fatto il governo impedì l'introduzione delle macchine nel paese. In questo modo impedì l'enorme aumento di produzione che le macchine avrebbero portato, mentre il paese si impoveriva sempre di più (lavorando in perdita grazie ai sussidi). Oggi in India si muore di fame esattamente grazie a questo tipo di decisioni. Anche in paesi non interamente socialisti, come gli Stati Uniti, gli insuccessi di questo tipo non si contano. Durante la crisi del gasolio del 1972 e 1972, quando i prezzi del petrolio erano mantenuti artificialmente bassi dal governo, c'erano in tutti gli Stati Uniti lunghissime code di automobili che aspettavano per ore per fare benzina nei distributori; ma la quantità di gasolio negli Stati Uniti era il 95% dell'anno prima, ed in quell'anno non c'era alcuna fila.

A parte gli esempi, la ragione per cui questo non può funzionare ci è illustrata ottimamente da Thomas Sowell: i burocrati che allocano le risorse non possono neppure conoscere le vere necessità relative dei vari settori. Nella russia sovietica, i burocrati di grado alto non conoscevano le necessità reali di una zona, perché i burocrati di grado più basso avevano l'incentivo a dichiarare più necessità del dovuto per la propria zona. I burocrati tendevano regolarmente a chiedere quante più risorse potevano, anziché quelle che erano necessarie, perché questo era nel loro interesse. Continua Sowell:


All'unione sovietica non mancavano le risorse naturali, anzi in questo senso era una delle nazioni più ricche del pianeta. Ciò che le mancava era un sistema che allocasse in modo efficiente risorse scarse. Poiché le imprese sovietiche non avevano le stesse limitazioni di soldi delle imprese capitaliste, acquistavano più macchine di quelle di cui avevano bisogno, macchine "che poi restavano a prendere la polvere nei capannoni o ad arrugginire fuori dalla porta", per usare le parole degli economisti sovietici. In breve, non erano costretti ad economizzare. [...]

Questo spreco di risorse non potrebbe aver luogo in una economia in cui queste risorse devono essere acquistate, e in cui l'impresa può sopravvivere solo mantenendo i costi più bassi delle sue entrate. In questo tipo di sistema capitalista, governato dai prezzi, la quantità di risorse ordinate dalle imprese sarebbe basata sulla stima più accurata possibile di ciò che davvero è necessario, non su quello che i suoi manager riuscivano a far sembrare plausibile ai burocrati loro superiori, i quali non potrebbero mai essere esperti in tutta la vasta gamma di industrie che sorvegliano.

Spero che adesso sia chiaro che un sistema socialista non potrebbe mai fare meglio del sistema dei prezzi, in cui ogni singolo cittadino vota con i propri soldi dove devono andare le risorse. Semplicemente, un burocrate non potrebbe mai avere informazioni tanto accurate. Questo sembra ovvio. Eppure oggi, in Italia e ovunque, moltissime risorse non vengono allocate dal sistema dei prezzi, ma dal governo, mediante il meccanismo della "finanziaria". E chi si lamenta di questo?


Per concludere, non ha senso dire che i produttori sono egoisti perché non producono abbastanza occhiali. E' come dire che Robinson dovrebbe smettere di pescare pesce per raccogliere più legna.
blog comments powered by Disqus