sabato 12 novembre 2011

Come puoi dire che il povero è libero?

Un'opinione diffusa nella stragrande maggioranza delle persone è seguente:

Come si può parlare di "libera accettazione" di un salario da parte di un lavoratore che, come spesso avviene nel Terzo Mondo (ma non solo nel Terzo Mondo), ha come unica alternativa a quella "libera accettazione" la morte per fame?

In altre parole, secondo la maggior parte della gente, chi accetta delle condizioni avendo come unica alternativa la morte per fame (come ad esempio il lavoratore dello sweatshop) non è "libero".

Ci sono vari modi di ridurre all'assurdo questa posizione, ma oggi voglio concentrarmi su uno in particolare. La reductio ad absurdum consiste nel notare che in passato (diciamo 2000 anni fa) erano tutti poveri (o quasi tutti); e quasi tutti avevano come unica alternativa al lavoro la morte per fame. Secondo la logica dell'interlocutore, ne segue che in passato nessuno era libero. Ma questo è falso. Infatti, anche quel tempo, c'erano i liberi e c'erano gli schiavi. (Affermazione accettata dall'interlocutore stesso.) Quindi non è vero che nessuno era libero. E quindi è falsa la tesi originale, cioè che il non avere altra alternativa che la morte per fame implichi il non essere liberi.

Questo conclude la reductio ad absurdum. Ma ora riflettiamo sulle implicazioni di tutto ciò. Chiediamoci: se tutti morivano di fame, che cosa rendeva alcune persone libere ed altre schiave? Risposta: l'assenza o la presenza di una minaccia di atti invasivi. In particolare:

1) I liberi erano tali anche se dovevano lavorare per non morire di fame. (E' ovvio che se non lavori muori di fame, ma questo non ti rende meno libero.)

2) E gli schiavi erano tali non perché erano poveri, e non perché sarebbero morti di fame se non avessero lavorato; al contrario, erano schiavi perché il padrone li costringeva a lavorare per lui. Cioè erano sotto minaccia di atti invasivi.

Questo è uno dei tanti modi di mostrare che l'unica definizione rilevante di "libertà" è "assenza di atti invasivi". Altrimenti si giunge a paradossi come questo (ed altri che non sono l'oggetto di questo post .)

lunedì 19 settembre 2011

"La schiavitù è libertà"

Assisto allibito alla nuova pubblicità del governo, secondo cui l'evasore fiscale sarebbe un parassita, perché "vive alle spese degli altri"... anziché qualcuno che cerca di difendersi da coloro che vogliono vivere alle sue spese. Complimenti allo Stato per questo capovolgimento della ragione. A quando gli slogan "la schiavitù è libertà", "la guerra è pace"? Nel frattempo vendiamo tutto e prepariamoci alla fuga.

giovedì 7 aprile 2011

Quiz - il politico e l'economista

Aggiornamento più sotto.

Il blog Quiz & rompicapo , che vi consiglio, mi ha chiesto un nuovo quiz logico da pubblicare. Eccolo qua:

Un politico ed un economista si trovano ad una cena VIP. Nella conversazione serale, il politico suscita l'approvazione degli ospiti sostenendo che è necessario imporre un dazio alle merci provenienti dalla Cina, perché la Cina ci sta "togliendo posti di lavoro". I cinesi, argomenta il politico, lavorano 12 ore al giorno; inoltre hanno una moneta svalutata artificialmente che fa sì che i loro prodotti per noi costino pochissimo, una volta convertito il loro prezzo da yuan ad euro. Per tutti questi motivi, il politico conclude che "non possiamo competere con loro: riescono a produrre tutto a costo minore". A questo punto, l'economista interviene e risponde: "Mi scusi, ma quello che ha appena detto è impossibile". L'economista ha ragione. La domanda è: perché è impossibile?


Suggerimento: si tratta di una impossibilità logica, non di un'affermazione empirica che abbia senso cercare di falsificare sperimentalmente.


Secondo suggerimento (dopo i puntini):
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la traccia della soluzione è questa: supponiamo che esista qualcosa che i cinesi riescono a produrre a costo minore di noi; bisogna far vedere che esiste necessariamente qualcos'altro che noi riusciamo a produrre a costo minore di loro. (E quindi è impossibile che la Cina ci "tolga il lavoro".)



Terzo suggerimento:
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bisogna avere chiaro il concetto di "costo". Il "costo" per te di avere qualcosa è ciò a cui tu rinunci per avere quella cosa. Ad esempio, se il giornale costa 6 euro, il "costo" per me di quel giornale è 6 euro, perché per averlo devo rinunciare a 6 euro. Inoltre, se con quei 6 euro avrei comprato una pizza, possiamo dire che il costo per me di quel giornale è una pizza.


Aggiornamento (aggiunto il 5 maggio 2011)

Quarto suggerimento:
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Supponiamo che tu sappia produrre patate e carote. Se produci patate, rinunci a produrre carote. Quindi, il costo per te di produrre patate sono le carote che non produci.





Quinto suggerimento:
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Supponiamo per semplicità che esistano solo due beni (patate e birra). E supponiamo che tu sia più bravo di me in tutto. Cioè, in un ora tu sai produrre più patate di me, e sai anche produrre più birra di me. Dobbiamo far vedere che, se tu produci patate a costo minore di me, allora necessariamente io produco birra a costo minore di te. Questa è la traccia della dimostrazione.

La soluzione è nei commenti. Inoltre penso che farò un post a parte per un'analisi della soluzione e delle sue implicazioni sociali.

mercoledì 9 febbraio 2011

"Vai a zappare, altrimenti ti sparo" (La sanità pubblica)

"Come potete credere che la tassazione sia intrinsecamente immorale? E' forse immorale che lo Stato costringa un ricco a pagare qualche euro per sfamare un bambino che sta morendo di fame, o per curare un malato che non ha i soldi per le cure e altrimenti morirebbe?"
--Mario Rossi, cittadino tipico


Questa frase riflette il pensiero della stragrande maggioranza delle persone in tutto il mondo, e probabilmente è la ragione per cui esiste il cosiddetto Stato Sociale.

E come si potrebbe pensare di dissentire? Chi potrebbe essere così spietato o così egoista da esprimere un'opinione contraria?

Eppure, basta rendere esplicito quello che Mario Rossi sta dicendo, e immediatamente la sua posizione assume un aspetto diverso.

Prima di tutto notiamo che, se Mario Rossi, invece di parlare, desse da mangiare all'affamato, non ci sarebbe bisogno di tassare qualcun altro per farlo. Quindi, la posizione di Mario Rossi si può riscrivere così: "Io non voglio sfamare il bambino che muore di fame, ma qualcun altro deve essere costretto con la forza a farlo".

Adesso la posizione di Mario Rossi non sembra più così evidentemente giusta, ma inizia ad apparire  quantomeno discutibile.

Ma continuiamo ad esplicitare quello che Mario Rossi sta dicendo: concentriamoci adesso sulla frase "qualcuno deve essere costretto con la forza a sfamarlo". Costringere qualcuno a sfamare il bambino significa: prendere una pistola; puntarla alla testa di un estraneo; e dirgli: "Adesso prendi questa pala e vai nei campi a coltivare la terra, altrimenti ti sparo".

Come vedete, una volta che si esprime la frase di Mario Rossi in forma più esplicita, diventano evidenti l'immoralità e l'orrore contenuti in essa.

Mario Rossi sta sostenendo l'aggressione di un innocente. Ma non solo: sta sostenendo la schiavitù. Infatti, ciò che Mario Rossi fa (prendere la pistola e costringere un estraneo a coltivare la terra sotto minaccia di morte) è la forma più pura di schiavitù. E' schiavitù in senso letterale, non per modo di dire. (Tra l'altro, dato che Mario Rossi nega di sostenere la schiavitù, è ridotto in contraddizione.)

Ma forse, se l'estraneo è ricco, cambia qualcosa? Non si vede perché: costringere qualcuno a coltivare la terra sotto minaccia di violenza non diviene lecito se costui è ricco; i ricchi non hanno meno diritti degli altri.

Notate che non sto facendo ricorso a trucchi retorici per mettere in cattiva luce la posizione di Mario Rossi: sto solo esplicitando ciò che Mario Rossi intende dire, quando dice che "qualcuno deve essere costretto a sfamare gli affamati". Al contrario, era Mario Rossi che, mediante artifici retorici come l'uso del passivo e dell'impersonale, riusciva a nascondere la natura invasiva e violenta delle sue idee. Solo una volta che qualcuno ha esplicitato il vero significato delle sue parole, questa natura è venuta alla luce.

Questa è una tecnica che bisogna padroneggiare, se si vuole combattere il male. Potremmo chiamarla la "tecnica dell'altrimenti-ti-sparo" oppure la "tecnica dell'esplicitazione del non detto", o ancora la "tecnica della riduzione alla schiavitù". La la tecnica consiste (ironicamente) semplicemente nel rendere esplicito quello che l'interlocutore sta davvero dicendo.
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Chiariamo un possibile fraintendimento: qui nessuno sta affermando che il bambino affamato debba morire. Nessuno ti impedisce di sfamare l'affamato. Tutti sono liberi di farlo. E dato che la maggior parte della gente ha a cuore l'affamato, è statisticamente certo che qualcuno gli darà da mangiare, quindi la coercizione non è necessaria. E se non hai la capacità economica per raggiungere l'affamato che vuoi sfamare (ad esempio perché costui si trova all'altro capo del mondo), anche in questo caso nessuno ti impedisce di finanziare un'associazione caritatevole finalizzata a sfamare gli affamati. E se questo ancora non ti basta, nessuno ti impedisce di entrare liberamente in una comunità in cui tu sei costretto a sfamare gli affamati, e anche tutti gli altri sono costretti a farlo. (In altre parole, nessuno ti impedisce di entrare in una comunità dove tutti sono schiavi di tutti gli altri. Basta che tu non pretenda di costringere un non consenziente ad entrarci.) L'unica cosa che non hai il diritto di fare è costringere un estraneo a fare ciò che tu non vuoi o non sai fare. Questo sarebbe schiavitù.

La sanità pubblica

Facciamo un altro esempio ed applichiamo la tecnica ad un argomento che si verifica ancora più di frequente: la sanità pubblica. I socialisti (di destra e di sinistra) dicono spesso cose come "non deve mai succedere che qualcuno muoia perché non ha i soldi per le cure o perché non ha l'assicurazione". Questo sembra la cosa più ragionevole del mondo; chi sarebbe così spietato ed egoista da pensarla diversamente?

Ma applichiamo la "tecnica dell'esplicitazione del non detto" a questa affermazione. Quello che il socialista sta dicendo è equivalente a dire che, se Tizio non ha i soldi per pagarsi le cure, e nessuno lo vuole curare gratis, allora qualcuno deve essere costretto con la forza a curarlo. Ma che significa esattamente questo? "Costringere qualcuno a curare Tizio" significa: prendere la pistola; puntarla alla testa di un medico; e dirgli "Adesso tu curerai Tizio, altrimenti ti sparo".

Questo è come dire che i medici devono essere schiavizzati.

Ovviamente non è così semplice: il socialista, quando gli fai notare questo, risponderà che c'è stato un malinteso: "Io non sostengo niente del genere; non voglio certo schiavizzare nessuno, per carità. I medici devono curare i malati solo se lo vogliono, o perché sono generosi o perché attratti dal denaro che viene offerto loro in cambio. Soltanto, dico che, se uno non ha i soldi per pagare il medico, deve essere lo Stato a farlo."

Ma, così facendo, il socialista non ha eliminato la schiavitù: ha solo trasferito la schiavitù dal medico a qualcun altro. Infatti, lo Stato ottiene le proprie entrate con la forza, non con lo scambio volontario. Quindi, se non è il medico ad essere schiavizzato, ci deve essere necessariamente qualcun altro a cui è stata puntata la pistola alla tempia, ed a cui è stato detto: "Adesso tu prendi questa pala, vai nei campi, zappa la terra, pianta i semi, innaffia, mieti, e continua a far questo fino a che non avrai cibo sufficiente a convincere qualche medico a scambiare i suoi servizi con questo cibo. Se non lo fai, ti sparo in testa."

Questo è quello che il socialista sta proponendo. Letteralmente. E questo, ovviamente, è moralmente equivalente a costringere il medico a curare il malato. Soltanto, il meccanismo di sfruttamento è più indiretto: invece che costringere direttamente il medico a fare qualcosa, costringi X a produrre Y e a scambiarlo con il servizio del medico. Ma l'immoralità non è diminuita: prima la vittima di tutto questo era il medico, adesso è un altro lavoratore. La vittima è stata resa meno evidente, perché lo sfruttamento è più indiretto e meno visibile; ma una vittima c'è sempre.

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P.S.: nei commenti rispondo ad alcune obiezioni comuni.