Qualcuno sa rispondere a queste domande?
1.
Sei in vacanza in montagna. Vedi un uomo fermo in piedi, sul percorso di un enorme macigno che sta rotolando e lo sta per schiacciare. L'uomo sembra completamente inconsapevole di ciò che gli sta per succedere. Il tempo è pochissimo. Agisci d'istinto. Ti getti su di lui e, con uno spintone, lo allontani dal macigno che lo sta investendo, salvandogli la vita. Il problema è che, per effetto della tua spinta, lui cade male e si rompe un braccio. Egli (alla faccia della gratitudine) ti denuncia per danni. Come dovrebbe deliberare il giudice? Deve condannarti a risarcire il danno, oppure assolverti?
(Se, invece di rompergli un braccio, causi all'uomo solo un leggero graffio, cambia qualcosa? E se invece gli causi una paralisi permanente, costringendolo a vita su una sedia a rotelle?)
(Nota: non sto chiedendo come deve deliberare secondo la legge italiana vigente, ma come deve deliberare secondo il vostro senso intuitivo di giustizia.)
2.
Come prima, salvi la vita all'uomo. Questa volta egli non riporta nessun danno fisico. Però, ti denuncia per danni morali: egli si era messo di proposito sulla strada del macigno, per suicidarsi. Salvandolo, hai peggiorato la sua condizione: essere vivo è per lui una situazione molto peggiore che essere morto. (Se non ti sembra realistico, supponi che abbia un cancro terminale.) A suo giudizio, quindi, gli hai causato un danno (sofferenza psichica).
Come dovrebbe deliberare il giudice? Devi essere obbligato a risarcire l'uomo o no?
2 bis.
Una persona a te cara tenta di suicidarsi in preda a incapacità mentale temporanea (ad es. sotto l'effetto di droga). Glielo impedisci con la forza, sicuro che, una volta tornata in sé, ti ringrazierà. Lei torna in sé e non ti ringrazia, anzi è ancora convinta di voler morire e ti denuncia per aggressione e/o danni psichici. Il giudice deve condannarti a risarcirla?
__
In generale: ogni azione umana comporta dei rischi. Ogni volta che aggredisci qualcuno per il suo bene, rischi di peggiorare la sua condizione. Il fine buono ti permette di "scrollarti di dosso" questo rischio, e di non pagare nel caso in cui l'altra persona ritenga a posteriori di essere stata danneggiata?
__
3.
Un testimone di geova preferisce morire anziché subire una trasfusione di sangue. Il medico lo costringe con la violenza a fare la trasfusione e, di conseguenza, gli salva la vita. Il testimone, una volta guarito, non è affatto riconoscente, ma denuncia il medico per danni morali. La situazione in cui è vivo con sangue altrui nelle vene è per lui peggiore della situazione in cui è morto. Come deve deliberare il giudice? Deve condannare il medico a un risarcimento?
(Cambia qualcosa se, anziché fargli una trasfusione, il medico amputa una gamba al paziente, sempre per salvargli la vita?)
4.
Una persona di poca cultura si offre volontaria per essere sacrificata al Dio Sole. Tu le chiedi di ascoltare una lezione di scienze naturali. Lei rifiuta. Tu insisti. Lei si tappa le orecchie. A questo punto, la afferri con la forza e la trascini in casa tua, dove la tieni rinchiusa per una settimana contro la sua volontà, costringendola ad ascoltarti. Le insegni forzosamente una parte della scienza moderna. Le spieghi che il Sole non è un dio ma una palla di idrogeno che si converte in elio mediante fissione nucleare. I tuoi argomenti, supportati da evidenza, sono incredibilmente persuasivi. La persona smette di credere nel Dio Sole e rinuncia ad essere immolata. Però, una volta libera, ti denuncia per danni perché la hai costretta con la violenza a studiare scienze naturali. Come deve deliberare il giudice? Devi risarcire il danno psichico o no?
5.
Stai morendo di fame in una foresta. Arrivi finalmente ad una casa sperduta, ma il proprietario è assente. Forzi la serratura ed entri. Mangi tutto quello che c'è nel frigo. In questo modo riesci a sopravvivere. Il proprietario torna a casa e ti denuncia per danni e per lo spavento. Il giudice deve condannarti a risarcire i danni?
(Cambia qualcosa se rubi per salvare non te, ma un'altra persona che sta morendo di fame? Questo ti esime dal dover risarcire la vittima?)
6.
Se il proprietario fosse stato in casa e ti avesse impedito di entrare, e tu avessi finito per morire di fame, il proprietario sarebbe stato punibile? E se il proprietario è una donna sola, appena reduce da uno stupro, e temeva che il tuo fosse un pretesto per un'aggressione?
__
(Questo non è un vero quiz. Non so la risposta, anche se nei commenti offro la mia opinione.)
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venerdì 15 febbraio 2008
sabato 8 dicembre 2007
C'è differenza morale tra azione ed omissione?
Vi presento un estratto del libro "Menti morali: le origini naturali del bene e del male", di Marc Hauser. Disponibile ad esempio su ibs.it. Il libro mette insieme filosofia, antropologia, evoluzione, scienze cognitive e neuroscienze, per indagare sulla natura dell'etica. Consiglio questa lettura a tutti i sostenitori del "diritto naturale".
Abbiamo già parlato di questo libro: Richard Dawkins gli ha dedicato una intera sezione del libro "L'illusione di Dio", sezione da me tradotta e leggibile qui.
La parola a Marc Hauser. Siamo nel prologo del libro.
___
Il nucleo di questo libro è un ripensamento radicale delle nostre idee sulla morale, basato sull'analogia con il linguaggio e supportato da una vera e propria esplosione di prove scientifiche recenti. I nostri istinti morali sono immuni ai comandamenti espliciti trasmessi dalle religioni e dalle autorità. A volte le nostre intuizioni morali convergono con quelle dettate dalla cultura, a volte ne divergono. Il tentativo di comprendere i nostri istinti morali ha una lunga storia.
[...]
Per mostrare i processi interni dei nostri istinti morali, consideriamo un esempio. Uno zio avido può guadagnare una somma considerevole se il suo giovane nipote muore. In una versione della storia, lo zio si dirige verso il bagno con l'intenzione di annegare il nipote nella vasca, e lo fa. In una seconda versione, lo zio si dirige verso il bagno con l'intenzione di annegare il nipote, ma lo trova che galleggia a faccia in giù nell'acqua: sta già annegando. Lo zio chiude la porta e lascia che il nipote anneghi. Entrambe le versioni della storia hanno lo stesso triste finale: il nipote muore. Lo zio è mosso dalla stessa intenzione, ma nella prima versione la attua direttamente, nella seconda no. Vi riterreste soddisfatti se una giuria dichiarasse lo zio colpevole nella prima storia, ma non nella seconda? In qualche modo questo giudizio suona falso, contrario alle nostre intuizioni morali. Lo zio sembra ugualmente responsabile per le sue azioni e per le sue omissioni, e per le loro conseguenze negative. Se questa intuizione vale per lo zio, perché non deve valere per qualsiasi conflitto morale che implichi una distinzione tra un'azione con conseguenze negative e un'omissione con le stesse connseguenze negative?
Consideriamo l'eutanasia e l'indirizzo politico dell'American Medical Association (Ama):
Questi due casi portano alla luce tre questioni: le politiche giuridiche spesso ignorano o mettono in ombra distinzioni psicologiche essenziali, come le nostre difficoltà intrinseche a trattare le azioni in un modo e le omissioni in un altro; quando le distinzioni vengono chiarite, spesso confliggono con le nostre intuizioni morali; quando le linee di condotta ufficiali e le intuizioni entrano in conflitto, le linee di condotta incontrano difficoltà. Uno dei segreti meglio custoditi dalla comunità medica è il fatto che l'eutanasia attiva negli Stati Uniti e in Europa è cresciuta forrtemente negli ultimi dieci anni, anche se i principi ufficialmente adottati non sono cambiati. I dottori seguono le loro intuizioni contro le linee guida e il rischio di essere accusati di negligenza professionale.
Abbiamo già parlato di questo libro: Richard Dawkins gli ha dedicato una intera sezione del libro "L'illusione di Dio", sezione da me tradotta e leggibile qui.
La parola a Marc Hauser. Siamo nel prologo del libro.
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Il nucleo di questo libro è un ripensamento radicale delle nostre idee sulla morale, basato sull'analogia con il linguaggio e supportato da una vera e propria esplosione di prove scientifiche recenti. I nostri istinti morali sono immuni ai comandamenti espliciti trasmessi dalle religioni e dalle autorità. A volte le nostre intuizioni morali convergono con quelle dettate dalla cultura, a volte ne divergono. Il tentativo di comprendere i nostri istinti morali ha una lunga storia.
[...]
Per mostrare i processi interni dei nostri istinti morali, consideriamo un esempio. Uno zio avido può guadagnare una somma considerevole se il suo giovane nipote muore. In una versione della storia, lo zio si dirige verso il bagno con l'intenzione di annegare il nipote nella vasca, e lo fa. In una seconda versione, lo zio si dirige verso il bagno con l'intenzione di annegare il nipote, ma lo trova che galleggia a faccia in giù nell'acqua: sta già annegando. Lo zio chiude la porta e lascia che il nipote anneghi. Entrambe le versioni della storia hanno lo stesso triste finale: il nipote muore. Lo zio è mosso dalla stessa intenzione, ma nella prima versione la attua direttamente, nella seconda no. Vi riterreste soddisfatti se una giuria dichiarasse lo zio colpevole nella prima storia, ma non nella seconda? In qualche modo questo giudizio suona falso, contrario alle nostre intuizioni morali. Lo zio sembra ugualmente responsabile per le sue azioni e per le sue omissioni, e per le loro conseguenze negative. Se questa intuizione vale per lo zio, perché non deve valere per qualsiasi conflitto morale che implichi una distinzione tra un'azione con conseguenze negative e un'omissione con le stesse connseguenze negative?
Consideriamo l'eutanasia e l'indirizzo politico dell'American Medical Association (Ama):
L'interruzione intenzionale della vita di un essere umano a opera di un altro essere umano --- eutanasia attiva --- è contraria a quello che la professsione medica rappresenta, ed è contraria ai principi dell'American Medical Association. La cessazione dell'utilizzo di mezzi straordinari per prolungare la vita corporea quando vi è una prova irrefutabile che la morte biologica è imminente, è una decisione che spetta al paziente e/o ai suoi parenti più·prossimi.In pratica, è proibito per un medico mettere fine alla vita di un paziente, ma gli è permesso far cessare il supporto esterno alla vita. Le azioni vengono trattate in un modo, le omissioni in un altro. Questa distinzione chiaramente argomentata, sostenuta dalla maggior parte degli stati che adottano principi analoghi, concorda con le nostre intuizioni morali? Per quanto riguarda la mia intuizione, la risposta è «no».
Questi due casi portano alla luce tre questioni: le politiche giuridiche spesso ignorano o mettono in ombra distinzioni psicologiche essenziali, come le nostre difficoltà intrinseche a trattare le azioni in un modo e le omissioni in un altro; quando le distinzioni vengono chiarite, spesso confliggono con le nostre intuizioni morali; quando le linee di condotta ufficiali e le intuizioni entrano in conflitto, le linee di condotta incontrano difficoltà. Uno dei segreti meglio custoditi dalla comunità medica è il fatto che l'eutanasia attiva negli Stati Uniti e in Europa è cresciuta forrtemente negli ultimi dieci anni, anche se i principi ufficialmente adottati non sono cambiati. I dottori seguono le loro intuizioni contro le linee guida e il rischio di essere accusati di negligenza professionale.
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