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lunedì 23 febbraio 2009

Stupri quotidiani

In questo periodo si sta diffondendo tra la gente indignazione per la grande quantità di stupri ("Uno stupro al giorno" è una frase che si sente pronunciare spesso).

A me questo sembra un caso classico di "tragedy of the commons" su grande scala. (In italiano "tragedia delle cose in comune". E' interessante che non ci sia una voce su Wikipedia italiano.).

Le strade non sono di proprietà di nessuno. Quindi nessuno guadagna soldi se sono sicure, e nessuno perde soldi se sono pericolose. Quindi non c'è incentivo a mantenerle sicure. La teoria economica predice che i luoghi pubblici non saranno sicuri, che è proprio ciò che osserviamo.

A tale proposito cito l'economista Walter Block:

Lascia che ti chieda una cosa. Se io e te dobbiamo incontrarci stanotte, alle tre di notte, dove preferiresti che ci incontrassimo? A Central Park (New York), o a Disneyland? Tu risponderai: ovviamente non a Central Park. (E neppure ad Audubon Park a New Orleans.) Perché a Central Park il tasso di omicidi e il tasso di stupri è molto alto. Invece, a Disneyland, se hai un aspetto pericoloso, vieni subito circondato da un gruppo di paperi e topi, tutti eleganti ed in costume, che ti dicono “signore, per favore, venga da questa parte”.

Il punto è che, qui e oggi, quando uno stupratore o un assassino entra a Disneyland, perde di brutto. A Disneyland ci sono le telecamere, c'è la polizia (travestita da paperi) e quant’altro. Ciò che so è che è un luogo molto, molto sicuro. Ora vi domando: quando avviene uno stupro a Central park, chi perde soldi? Chi perde clienti? Forse il sindaco perde soldi? Forse il commissario del parco perde soldi? No. Ecco perché è molto pericoloso.

Insomma, l’idea è che, proprio come il mercato può darti un succo di frutta migliore, o una mela migliore, può darti un miglior servizio di protezione. Anche nel mercato dei servizi di protezione c’è il meccanismo dei profitti e delle perdite, e c'è la concorrenza. Non c’è quindi differenza con gli altri mercati.

(pezzo di un discorso reperibile sul sito Mises.Org)

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Nota: in questo periodo sono molto impegnato in un progetto commerciale, e non mi resta tempo per bloggare. Ho fatto uno strappo per scrivere questo post, ma tendenzialmente prevedo di scrivere pochissimo (diciamo un post ogni 3 mesi). Vi ringrazio moltissimo per le manifestazioni di apprezzamento per il blog che ogni tanto mi arrivano per email, alcune delle quali mi hanno davvero sorpreso e commosso. Grazie.

venerdì 11 luglio 2008

Gli speculatori sono nostri nemici?

Perché il prezzo del petrolio sale? Una delle spiegazioni che vengono addotte dai politici coinvolge gli "speculatori". E' naturale chiedersi che cosa significhi questa parola. In questo articolo si spiega cosa è la speculazione e quali sono i suoi effetti. In breve, gli speculatori sono persone che comprano un certo bene quando esso è abbondante (e quindi costa poco), e lo rivendono quando esso scarseggia (e quindi costa molto). Così facendo, gli speculatori fanno salire il prezzo del bene quando il bene abbonda, e fanno scendere il prezzo quando il bene scarseggia. Cioè, fanno salire il prezzo quando è basso, e lo fanno scendere quando è alto.

Un legame interessante con la teoria dell'evoluzione è che, se molti speculatori sbagliassero le loro previsioni, potrebbero ottenere il risultato opposto: far salire i prezzi quando sono già alti e farli scendere quando sono bassi. Ma le forze della selezione naturale scartano quegli speculatori che fanno previsioni sbagliate.



La parola a Walter Block.

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«Uccidete gli speculatori!» è un grido che risuona durante tutte le carestie della storia. Pronunciato dai demagoghi, che ritengono che lo speculatore provochi la morte per inedia al­zando i prezzi del cibo, questo grido viene poi ardentemente sostenuto dalle masse degli analfabeti economici. Questo modo di pensare, anzi di non pensare, ha permesso ai dittatori di imporre anche la pena di morte per quei commercianti di generi alimentari che chiedano prezzi alti durante una carestia. ...

Eppure la verità è che, lungi dall' essere la causa della fame e delle carestie, lo speculatore le previene. E lungi dal tutelare la vita della popolazione, il dittatore è il vero responsabile della causa della carestia. Dunque l'odio diffuso per lo specu­latore è una grande perversione della giustizia. Possiamo meglio comprendere questo con­cetto se ci rendiamo conto che lo speculatore è una persona che compra e vende merce nella speranza di realizzare un pro­fitto. E' colui che, secondo la vecchia, onorata espressione, cerca di "comprare a prezzi bassi e vendere a prezzi alti".

Ma cosa c'entra il comprare a prezzi bassi, vendere a prezzi alti e realizzare profitti, col salvare gli individui dall'inedia? Adam Smith lo spiega al meglio con la dottrina della "mano invisibile": Secondo questa dottrina, «ogni individuo si sforza di impegnare il proprio capitale in modo che renda il massimo del valore. In generale egli non ha intenzione di favorire l'interesse pubblico, né si rende conto di quanto in effetti lo favorisca. Egli desidera solo la propria sicurezza ed il suo personale guadagno. Ma è condotto, in questa sua ricerca, come da una mano invisibile, a favorire un fine che non era affatto nelle sue intenzioni. Nel perseguire il proprio interesse, egli spesso favorisce quello della società più efficacemente di quelle volte in cui cerca di farlo di proposito».

II bravo speculatore, quindi, che agisce nel proprio inte­resse egoistico, non conoscendo né interessandosi al benesse­re pubblico, finisce per favorirlo.

In primo luogo, lo speculatore diminuisce gli effetti della carestia, immagazzinando cibo in tempi di abbondanza, per motivi di profitto personale. Acquista e mette via il cibo per il giorno in cui questo scarseggerà, permettendogli di venderlo a un prezzo maggiore. Le conseguenze della sua attività sono di vasta portata. Agiscono da segnale ad altri personaggi della società, che sono incoraggiati dall'attivita dello speculatore ad imitarlo. I consumatori sono stimolati a mangiare di meno e a mettere da parte di più, gli importatori ad importare di più, gli agricoltori a migliorare la resa dei propri raccolti, i costrutto­ri a edificare attrezzature per il magazzinaggio, ed i commercianti ad immagazzinare più viveri. Dunque ... lo speculatore, nella sua cac­cia al profitto, porta ad accumulare più cibo durante gli anni di abbondanza di quanto non sarebbe altrimenti avvenuto, diminuendo in tal modo gli effetti degli anni magri a venire.

Si obietterà che queste conseguenze positive risulteranno solo se lo speculatore ha fatto un calcolo giusto sulle condizioni future. E se sbaglia? Cosa succede se prevede anni di abbondanza --- e vendendo stimola altri ad imitarlo --- e seguono invece anni magri? In questo caso, non sarebbe pro­prio lui il responsabile per la maggiore gravità della carestia?

Sì. Se lo speculatore sbaglia, sarebbe responsabile di gravi danni. Ma sono in azione potenti forze [la selezione naturale, NdM] che tendono a elimi­nare gli speculatori incompetenti. Perciò il pericolo che rap­presentano e il danno che provocano sono più ipotetici che reali. Lo speculatore che calcola male subirà severe perdite economiche. Comprare a prezzi alti e vendere a prezzi bassi potrà indirizzare erroneamente l'economia, ma di certo sarà devastante per il portafogli dello speculatore. Non si può pre­tendere che uno speculatore azzecchi sempre i suoi pronosti­ci, ma se ne sbaglia più di quanti ne indovina perde il suo capitale di investimento. Dunque non resterebbe a lungo in una posizione che gli permettesse di aumentare, con i suoi errori, la gravità delle carestie. La medesima attività che nuo­ce alla popolazione nuoce automaticamente anche allo spe­culatore, e quindi gli impedisce di continuare la sua attività. In un qualsiasi momento, quindi, gli speculatori attivi saran­no quelli molto efficienti, e cioè quelli utili all'economia.

Confrontiamo tutto questo con l'attività degli enti statali, quando si assumono il compito dello speculatore e tentano di stabilizzare il mercato degli alimentari. Cercano anch'essi di gestire la stretta linea di demarcazione tra l'immagazzinare viveri insufficienti e l'immagazzinarne in eccesso. Ma, quan­do sbagliano, per loro non ci sarà nessun processo di elimina­zione. Lo stipendio di un impiegato statale non sale né scen­de a seconda del successo delle sue iniziative imprenditoriali. Poiché il denaro che sarà guadagnato o perso non è il suo, l'attenzione che ci si può aspettare dai burocrati nell'eserci­zio delle loro speculazioni lascia molto a desiderare. Non c'è un miglioramento automatico, costante, quotidiano, nella precisione dei burocrati, come quello che c'è da parte degli speculatori privati.

Resta l'obiezione più frequente, e cioè che lo speculatore provochi il rialzo dei prezzi degli alimentari. Se la sua attività viene accuratamente esaminata, però, si potrà osservare che l'effetto generale è invece la stabilizzazione dei prezzi. Nei periodi di abbondanza, quando i prezzi degli alimen­tari sono insolitamente bassi, lo speculatore compra. Egli to­glie dal mercato una certa quantità di viveri, provocando in tal modo un rialzo dei prezzi. Negli anni magri che seguono, i viveri precedentemente immagazzinati vengono rimessi sul mercato, provocando così un calo dei prezzi. Naturalmente il cibo costerà caro durante la carestia, e lo speculatore lo ven­derà a prezzi superiori a quelli dell'acquisto. Ma non saranno comunque più costosi di quanto lo sarebbero stati senza il suo intervento! [Perché senza di loro la quantità del bene sarebbe stata ancora minore e quindi il prezzo ancora maggiore, NdM]. (Va ricordato che lo speculatore non provoca carenze alimentari, che di solito sono invece il risultato di rac­colti mancati e altri disastri naturali o causati dall'uomo.)

L'effetto dello speculatore sui prezzi alimentari è quello di livellarli. Nei periodi di abbondanza, quando i prezzi dei vi­veri sono bassi, lo speculatore fa incetta ed immagazzina i generi alimentari provocandone il rialzo. Nei periodi di care­stia, quando i prezzi dei viveri sono alti, lo speculatore svende e provoca l'abbassamento dei prezzi. L'effetto che lui ottiene è di realizzare profitti. Questo non è malvagio; al contrario, lo speculatore assolve una funzione preziosa.

Eppure, invece di onorare lo speculatore, i demagoghi e i loro seguaci lo attaccano. Ma vietare la speculazione sui ge­neri alimentari produce lo stesso effetto sulla società di quello che si avrebbe impedendo agli scoiattoli di immagazzinare le nocciole per l'inverno: la morte per fame.

(Tratto dal libro "Difendere l'indifendibile".)

domenica 4 maggio 2008

La macchina della vita e della morte

In genere mi tengo accuratamente lontano dalle discussioni filosofiche, :) ma mi sono imbattuto in un esperimento mentale, di paternità dell'economista Walter Block (correzione: è Robert Nozick), che sembra falsificare alcune convinzioni comuni sulla pena di morte.

Supponiamo che esista una macchina in grado di trasferire la vita da una persona all'altra. Cioè in grado di resuscitare un morto uccidendo un vivo. Chiamiamola "macchina succhia-vita".

Supponiamo anche di sapere, oltre ogni ragionevole dubbio, che Tizio ha ucciso Caio.

Domanda: sarebbe legittimo, in questo caso, utilizzare la macchina succhia-vita su Tizio, uccidendolo e restituendo la vita a Caio?

Mi sembra davvero difficile rispondere di no.

Per usare le parole di Block: non è forse vero che Tizio ha "rubato la vita" a Caio, e che quindi è "debitore di una vita"? Non sarebbe quindi giusto e doveroso che egli "restituisca" a Caio la vita sottratta?

Ho idea che tutti, o quasi tutti, sarebbero d'accordo su ciò. Se questa macchina esistesse.

Quindi, se questa macchina esistesse, la pena di morte (al fine di restituzione) sarebbe perfettamente giustificata. Non avrebbe nulla di mostruoso.

Ora, naturalmente, questa macchina non esiste. (E, data la conoscenza scientifica attuale, non sembra che potrà mai esistere: la vita non è una sostanza trasferibile. Non è una specie di "gelatina" o una sostanza speciale. Al contrario, la vita risiede nel modo in cui la materia è organizzata. Una macchina è "viva" se la sua struttura interna soddisfa certe proprietà. Un corpo "morto" è un corpo che ha smesso di funzionare in un certo modo.).

Ma il fatto che la "macchina succhia-vita" non esiste non sembra importante: se ci fossero ragioni davvero valide, di principio, contro la pena di morte, queste ragioni non dovrebbero dipendere dall'esistenza o meno di questa macchina. Cioè da quello che, in un certo senso, è un accidente storico. Voglio dire: o la pena di morte è moralmente giustificabile, o non lo è. Lo stato della tecnologia attuale non dovrebbe fare alcuna differenza.

In questa luce esaminiamo tre argomenti comuni:

1. la pena di morte non è lecita perché non puoi essere mai sicuro al 100% che Tizio abbia ucciso Caio;

2. la pena di morte non è lecita perché la vita non è un bene alienabile;

3. la pena di morte non è lecita perché la pena deve avere scopo di riabilitazione.

Mi pare chiaro che, se quella macchina esistesse, queste obiezioni non sarebbero valide, anzi susciterebbero ilarità.

Cosa implica tutto ciò? Implica forse che la pena di morte è giustificata nel mondo attuale (dove la macchina non esiste)? Non mi pare. Ma implica che le obiezioni comuni alla pena di morte sono sbagliate. Gli oppositori della pena di morte sostengono che ci sono ragioni di principio per cui la pena di morte è intrinsecamente inammissibile, mentre Block ha fatto vedere che esiste un caso in cui loro stessi sarebbero a favore della pena di morte.

(Nota. Esiste almeno un altro argomento contro l'inalienabilità della vita: l'argomento del diritto all'autodifesa. La maggior parte delle persone sostiene che è lecito uccidere per difendere se stessi o qualcun altro da una aggressione che minaccia apertamente la vita. Ad esempio, se io vengo aggredito da qualcuno con un coltello o una pistola, il che minaccia la mia stessa vita, allora per difendermi posso anche ucciderlo. Ma questo argomento riguarda, appunto, solo i casi di difesa. Invece l'esperimento di Block sembra fornire uno scenario in cui uccidere è legittimo ma non per difesa: semplicemente per ripristinare la giustizia.)

A chi fosse interessato alla questione consiglio questo articolo di Stephan Kinsella, giurista e filosofo della scuola "libertaria". E anche questo, più esteso. Io non li ho ancora letti.
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Aggiornamento. Mi è venuta in mente un'obiezione all'esperimento di Block. Il nostro senso di giustizia si è evoluto, per selezione naturale, in un ambiente in cui quella macchina non esisteva. Se la macchina fosse esistita, noi oggi avremmo un senso di giustizia completamente diverso: l'omicidio non ci sembrerebbe molto più grave di un normale furto. Quindi non sembra avere molto senso immaginare un mondo in cui la macchina esiste, e tutto il resto è uguale ad ora. Se la macchina esistesse, il resto non potrebbe essere com'è ora.

Ricapitolando: Walter Block sembra aver dimostrato che gli oppositori della pena di morte hanno torto. Infatti ha fornito una situazione in cui loro stessi diventerebbero sostenitori della pena di morte. La logica è: "Se tu stesso sosterresti la pena di morte in questo caso particolare, allora i tuoi argomenti, che si oppongono alla pena di morte in generale, non possono essere corretti." Però l'esperimento mentale di Block non sembra essere valido, perché non soddisfa la condizione "ceteribus paribus". Cioè, se quella macchina esistesse, non possiamo supporre che le altre cose resterebbero uguali. In particolare, non possiamo supporre che il nostro senso di giustizia resterebbe uguale (essendo esso stesso un prodotto dell'evoluzione in un ambiente in cui la macchina esiste).

giovedì 6 marzo 2008

Cosa determina i salari? Cosa si può fare per aumentarli?


In questi giorni si parla molto (1 , 2) dell' "emergenza salari", cioè del fatto che i salari in Italia sono molto più bassi che negli altri paesi. Per cominciare a capirci qualcosa, credo sia necessario prima capire che cosa determina il livello dei salari. La tesi di questo articolo dell'economista Walter Block è che i salari, in un sistema di libero mercato, tendono a coincidere con la produttività del lavoratore.

L'articolo parla anche diffusamente della legge sul salario minimo e dei suoi effetti sull'occupazione, il tutto corredato da esempi storici. Una cosa che ho trovato sorprendente è la strategia, usata dai sindacati negli Stati Uniti, per liberarsi della concorrenza dei lavoratori poco qualificati: far aumentare per legge il loro salario. Il che, se ci pensate, è geniale.

La parola a Walter Block (dal libro "Difendere l'indifendibile").


Lo sporco capitalista sfruttatore di manodopera

"Se non fosse per la legge sul salario minimo sindacale ed altre legislazioni progressiste, i datori di lavoro, quegli sporchi sfruttatori capitalisti, abbasserebbero gli stipendi a loro piacimento. Ben che vada, verremmo ricacciati indietro ai tempi degli sweatshops [1]; e, nella peggiore delle ipotesi, ai tempi della rivoluzione industriale o anche prima, quando l'umanità combatteva una guerra, spesso perdente, con la fame ... "

Ecco la saggezza convenzionale sui meriti della legge sul salario minimo. Verrà dimostrato, però, che questa saggezza convenzionale è sbagliata, tragicamente sbagliata. ... Quali sono gli effetti di questa legge, e quali le conseguenze?

Già a prima vista, la legge sul salario minimo non sembra una legge sull'occupazione, ma una legge sulla disoccupazione. Non costringe un datore di lavoro ad assumere un dipendente al livello di salario minimo, o a qualunque altro livello. Costringe il datore di lavoro a non assumere un dipendente a certi livelli di salario, a quelli, cioè, sotto il minimo stabilito dalla legge. Costringe il lavoratore a non accettare il lavoro -- a prescindere dal suo desiderio di accettare un lavoro ad un livello di salario inferiore a quello minimo. Obbliga il lavoratore, che si trova di fronte ad una scelta tra un posto a paga bassa e la disoccupazione, a scegliere la disoccupazione. Né questa legge serve ad aumentare alcun salario; si accontenta di escludere quei lavori che non seguono la regola.

Come verrebbero determinati i salari in assenza di una legislazione sul salario minimo? Se il mercato del lavoro è composto da molti offerenti di manodopera (i dipendenti) e da molti richiedenti di manodopera (i datori di lavoro), allora l'indice del salario sarà fissato in accordo con ciò che l'economista chiama "produttività marginale della manodopera": la produttività marginale della manodopera è la quantità di entrate supplementari che un datore di lavoro ottiene assumendo un dato lavoratore. In altre parole se, assumendo un dato lavoratore, le entrate complessive del datore di lavoro crescono di $60 a a settimana, allora la produttività marginale di quel lavoratore è di $60 alla settimana. L'ammontare del salario pagato al lavoratore tenderà ad essere pari alla produttività marginale del lavoratore stesso. Domandiamoci: perché è così, quando è noto che il datore di lavoro preferirebbe pagare il lavoratore praticamente niente, quale che sia la sua produttività? La risposta è: la concorrenza tra datori di lavoro.

Per esempio, supponiamo che la produttività marginale del lavoratore equivalga a $1 l'ora. Se egli fosse assunto a 5 centesimi l'ora, il datore di lavoro avrebbe un guadagno di 95 centesimi l'ora. Altri datori di lavoro farebbero offerte per avere quello stesso lavoratore. Anche se lo pagassero 6 centesimi, 7 centesimi, o 10 centesimi l'ora, il profitto che ne ricaverebbero renderebbe comunque proficue le loro offerte. Le offerte si arresterebbero una volta che il salario è arrivato a $1 l'ora, in quanto l'incentivo a fare offerte al lavoratore si fermerà soltanto quando il salario pagato equivarrà alla produttività marginale del lavoratore stesso.

Ma supponiamo che i datori di lavoro si mettano d'accordo per non assumere lavoratori a più di 5 centesimi l'ora. Questo succedeva nel Medioevo, quando i cartelli dei datori di lavoro si formavano, con l'assistenza dello Stato, per varare leggi che proibissero salari al di sopra di un certo limite. Accordi del genere possono funzionare solo con l'assistenza dello Stato, e vi sono buone ragioni per questo.

In una situazione dove non ci sia un cartello, il datore di lavoro assume un certo numero di lavoratori -- il numero che egli ritiene gli frutterà il massimo profitto. Se un datore di lavoro assume solo dieci lavoratori, è perché pensa che la produttività del decimo sarà più elevata del salario che gli dovrà pagare, e che la produttività dell'undicesimo sarebbe invece inferiore a questa somma.

Quindi, se un cartello riesce ad abbassare a 5 centesimi l'ora il salario dei lavoratori che hanno una produttività marginale di $1 l'ora, ciascun datore di lavoro vorrà assumere molti più lavoratori. Questo si chiama "legge della domanda tendente al ribasso" (più il prezzo è basso, più gente vorrà acquistare). Il lavoratore la cui produttività era, agli occhi del datore di lavoro, leggermente inferiore a $1, e che dunque non conveniva assumere a $1 l'ora, verrà ora avidamente ricercato a 5 centesimi l'ora.

Questo ci porta al primo difetto del cartello: ogni datore di lavoro che vi partecipa sarà fortemente incentivato, da un punto di vista economico, a barare. Ciascun datore di lavoro cercherà di sottrarre lavoratori agli altri, e l'unico modo per poterlo fare sarà di offrire salari più alti. Quanto più alti? Fino ad $1, come abbiamo visto prima, e per la stessa ragione.

Il secondo difetto è che, anche dando per scontata l'assenza di membri che "barano", altre persone estranee al cartello desidereranno assumere questi lavoratori a 5 centesimi l'ora: anche ciò tende a spingere i salari da 5 centesimi a $ 1 l'ora. Altri ancora, quali gli aspiranti datori di lavoro nelle aree senza cartello, gli artigiani autonomi che fino ad ora non potevano permettersi di assumere dei dipendenti, e i datori di lavoro che in precedenza avevano assunto solo lavoratori part-time, contribuirebbero tutti ad una tendenza al rialzo nel livello del salario. [In altre parole, Block vuole dire che il cartello è un falso problema perché settori diversi sono in concorrenza tra loro per aggiudicarsi i lavoratori. Ad esempio, se un notaio paga troppo poco il suo segretario, questi può diventare fornaio, o netturbino, o manovale, o tecnico delle caldaie; quindi un eventuale cartello di notai non potrebbe mai stabilire uno stipendio per i dipendenti al di sotto del prezzo di mercato dei settori concorrenti, NdM]

Queste spinte agiscono persino se i lavoratori stessi ignorano i livelli di salario pagati altrove, o se si trovano in aree isolate dove non esiste un'occupazione alternativa. Non è necessario che entrambe le parti di uno scambio siano a conoscenza di tutte le condizioni pertinenti. E' stato detto che se le due parti non sono ugualmente ben informate, ne risulterà una "concorrenza imperfetta", e che le leggi economiche in qualche modo non entreranno in azione. Ma ciò è errato. I lavoratori di solito hanno una scarsa conoscenza globale del mercato della manodopera, ma si presume che i datori di lavoro siano molto meglio informati. Ed è tutto ciò che serve.

Mentre il lavoratore potrà non essere bene informato sulle occasioni di lavoro alternative, è abbastanza accorto da scegliere il lavoro meglio retribuito. Tutto ciò che serve è che il datore di lavoro si faccia conoscere dal dipendente che guadagna meno della sua produttività marginale, e gli offra una paga più alta.

Ed è proprio ciò che avviene naturalmente. L'interesse personale del datore di lavoro lo porta, come guidato da una "mano invisibile", a stanare i lavoratori a salario basso, offrire loro salari più alti, e aggiudicarseli. L'intero processo tende a far salire i salari al livello di produttività marginale. Questo vale non soltanto per i lavoratori urbani, ma anche per i lavoratori delle zone isolate, che non conoscono occasioni di lavoro alternative e che non avrebbero il denaro per andarsele a cercare, anche se ne fossero a conoscenza. E' vero che il differenziale tra il livello di salario e la produttività del lavoratore ingenuo dovrà essere sufficientemente alto da compensare il datore di lavoro per i costi che si à sobbarcato per trovarlo ed informarlo delle alternative di lavoro, e per pagare le spese della sua trasferta. Ma ciò è quasi sempre vero, ed i datori di lavoro lo sanno da lungo tempo.

I wetbacks messicani [2] ne sono un esempio. Pochi altri hanno meno conoscenza del mercato della manodopera negli Stati Uniti, o hanno meno denaro per recarsi nei luoghi dove si trovano lavori più proficui. Non soltanto i datori di lavoro viaggiano per centinaia di miglia per trovarli, ma forniscono loro anche i camion e le spese di viaggio per trasferirsi al Nord. Infatti, i datori di lavoro provenienti da luoghi lontani come il Wisconsin vanno in Messico per trovare "manodopera a buon mercato" (lavoratori che ricevono meno della loro produttività marginale). Questo la dice lunga sui meccanismi di una oscura legge economica di cui i lavoratori non sanno nulla. (Ci sono proteste contro le pessime condizioni di lavoro di questi emigranti stagionali. Ma queste proteste arrivano soprattutto o da persone ben intenzionate che però non sono al corrente delle realtà economiche, o da quelle sfavorevoli all'idea che questi lavoratori sfortunati ricevano come compenso il pieno valore delle loro fatiche. I lavoratori messicani stessi considerano favorevoli i salari e le condizioni lavorative, rispetto alle alternative in patria. Ciò è dimostrato dalla loro disponibilità, anno dopo anno, a trasferirsi negli Stati Uniti durante la stagione dei raccolti.)

Non è, dunque, la legge sul salario minimo a salvare la civiltà occidentale da un ritorno all'età della pietra. Ci sono spinte di mercato e comportamenti per la massimizzazione del profitto da parte degli imprenditori che impediscono che i salari scendano al di sotto del livello di produttività. Ed il livello di produttività, a sua volta, è determinato dalla tecnologia, dall'istruzione e dalla quantità di capitale investito, non dalla quantità di leggi "socialmente progressiste" varate. La legislazione sul salario minimo non fa ciò che la stampa asserisce. Cos'è allora che veramente fa? Quali sono i suoi effetti reali?

Quale sarebbe la reazione di un lavoratore-tipo ad una legge che aumentasse il salario da $1 a $2? Se egli fosse già impiegato a tempo pieno, potrebbe desiderare di lavorare più ore. Se fosse impiegato solo parzialmente o disoccupato, è scontato che vorrà lavorare di più.

Il datore di lavoro tipico, viceversa, reagirà nel modo opposto. Egli vorrà licenziare praticamente tutti i lavoratori ai quali sarà costretto a concedere aumenti (altrimenti avrebbe concesso gli aumenti prima di essere costretto a farlo). [Se questo passaggio non fosse chiaro, provo a spiegarlo meglio. Per ipotesi, prima dell'aumento, lo stipendio del lavoratore era già quasi pari alla sua produttività. Quindi, dopo l'aumento forzoso, il suo stipendio diventa maggiore della sua produttività. Ma il datore di lavoro non può pagare un lavoratore più di quel che produce, perché così facendo andrebbe in perdita, e l'azienda fallirebbe. Quindi cercherà di licenziare quel lavoratore. NdM.]

A breve termine, però, il datore di lavoro deve mantenere alta la produzione, e quindi forse non sarà in grado di risolvere subito la situazione. Ma col passare del tempo sostituirà la sua manodopera non specializzata, improvvisamente costosa, con un numero minore di lavoratori (però più esperti) e con macchinari più sofisticati, in modo che la totalità della sua produzione rimanga costante. [Questo significa che la legge sul salario minimo toglie lavoro ai lavoratori meno qualificati, cioà quelli la cui produttività non è tale da giustificare il nuovo salario, NdM.]

Gli studenti di un corso introduttivo di economia imparano che, quando viene fissato un livello di prezzo al di sopra di quello d'equilibrio, ne risulterà un'eccedenza. Nell'esempio citato, quando viene fissato un livello di salario minimo sopra a $1 l'ora, il risultato è un'eccedenza di manodopera - nota anche come disoccupazione. Per quanto possa suonare iconoclasta, è dunque vero che la legge sul salario minimo provoca disoccupazione. Al livello di salario più alto, crea più persone disposte a lavorare e meno posti di lavoro a disposizione.

L'unica questione opinabile è la seguente: quanta disoccupazione crea la legge sul salario minimo? Ciò dipenderà dalla velocità con cui la manodopera non specializzata verrà sostituita dalla manodopera specializzata, altrettanto produttiva se associata a dei macchinari. Nella stessa nostra storia recente, per esempio, quando la legge sul salario minimo lo ha portato da 40 centesimi a 75 centesimi l'ora, cominciarono a scomparire gli ascensoristi. [Quelle persone che si vedono nei film degli anni '50 che azionavano gli ascensori, NdM]. C'è voluto molto tempo, ma quasi tutti gli ascensori oggi sono automatizzati. La stessa cosa è successa ai lavapiatti non specializzati. Sono stati, e continuano ad essere, sostituiti da lavastoviglie automatiche, manovrate e riparate da lavoratori semispecializzati e specializzati. Il processo continua.

Man mano che la legge sul salario minimo viene applicata a settori sempre più vasti della popolazione non specializzata, e via via che il livello sale, le persone non specializzate affronteranno sempre più la disoccupazione. [E sono anche quelli che hanno maggior bisogno di lavorare, NdM.]

Infine, è importante osservare che la legge sul salario minimo ha effetti soltanto su coloro che guadagnano meno del salario minimo. Una legge che imponga a tutti di essere pagati almeno $ 2 l'ora non ha alcun effetto su chi guadagna già $10 l'ora. Ma prima di dare per scontato che la legge sul salario minimo si risolva semplicemente in aumenti di paga per i lavoratori a salario basso, considerate cosa succeederebbe se entrasse in vigore una legge sul salario minimo fissato a $100 l'ora. Quanti di noi hanno una simile produttività da trovare un datore di lavoro disponibile a pagare $100 l'ora per i nostri servizi? Soltanto coloro la cui produttività giustifica una paga tanto alta manterrebbero il posto. Gli altri si troverebbero disoccupati. E' un caso limite, d'accordo, ma il principio in azione ... è lo stesso. Quando i salari vengono aumentati per legge, i lavoratori a produttività bassa vengono licenziati.

Chi viene danneggiato dalla legge sul salario minimo? I lavoratori non specializzati, il cui livello di produttività è sotto il livello del salario fissato per legge. Il tasso di disoccupazione dei maschi neri tra i 13 e i 19 anni viene di solito (sotto)valutato intorno al 50%, tre volte il livello di disoccupazione della Depressione del 1933. E questa percentuale non considera neanche quei moltissimi che hanno rinunciato a cercarsi un lavoro per via di questo tasso di disoccupazione.

Il reddito perduto che questo rappresenta è soltanto la punta dell'iceberg. Di maggiore importanza è la formazione sul lavoro che questi giovani potrebbero acquisire. Se essi lavoorassero a $1 l'ora (o anche meno) anziché essere disoccupati a $ 2 l'ora, acquisterebbero competenze che li metterebbero in grado di alzare i propri livelli di produttività e di salario sopra i $ 2 nel futuro. Invece sono condannati alla vita di strada, all'ozio, e imparano solo quei mestieri che faranno guadagnare loro delle belle condanne penali.

Uno dei più grossi ostacoli che il giovane nero deve affrontare è la ricerca del primo lavoro. Tutti i datori di lavoro insistono sull'esperienza, ma come può ottenerla un giovane nero se nessuno lo assume? Ciò non è dovuto a un "complotto dei padroni" per denigrare gli adolescenti delle minoranze etniche. E' dovuto alla legge sul salario minimo. Se un datore di lavoro è costretto a pagare la cifra di un lavoratore esperto, perché meravigliarsi che esiga poi quel tipo di manodopera?

E' un paradosso che molti adolescenti neri valgano più del salario minimo, ma siano disoccupati proprio per colpa sua. Per poter essere assunti, con una legge sul salario minimo di $ 2 l'ora, non basta valere $ 2 l'ora. Bisogna essere considerati del valore di $ 2 l'ora, da un datore di lavoro che rischia di perdere denaro se non ci indovina, e che potrà andare in bancarotta se sbaglia troppo spesso. Con una legge sul salario minimo, un datore di lavoro non può permettersi di rischiare. E, purtroppo, i giovani neri sono spesso visti come una classe "a rischio". Se si trovasse di fronte ad un datore di lavoro riluttante, uno degli eroi di Horatio Alger si presenterebbe virilmente e si offrirebbe di lavorare per un salario simbolico, o anche gratis, per un periodo di due settimane. Durante questo periodo il nostro eroe dimostrerebbe al datore di lavoro che la sua produttività merita un livello di paga superiore. Ancora più importante, egli si accollerebbe, insieme con il datore di lavooro, una parte del rischio che assumere un lavoratore senza una prova comporta. Il datore di lavoro accetterebbe perché così rischia poco.

Ma l'eroe di Horatio Alger non era costretto a battagliare con una legge sul salario minimo che rende un simile accordo fuori legge. Dunque la legge sancisce che vi siano minori possibilità per un adolescente nero di dimostrare in modo onesto quel che vale.

La legge sul salario minimo danneggia non solo il giovane, ma anche il commerciante e l'industriale nero del ghetto. Senza di essa, questi ultimi avrebbero a portata di mano, a differenza della loro controparte bianca, un serbatoio di manodopera a basso costo formata da giovani lavoratori neri, più accessiibili perché residenti nel ghetto, vicini al luogo di lavoro e che, inoltre, avrebbero indubbiamente meno risentimento verso un imprenditore nero, nonché un rapporto di lavoro più tranquillo con esso. Dato che questo è uno dei fattori più decisivi per la prooduttività in lavori di questi tipo, il datore di lavoro nero potrebbe pagare i suoi lavoratori più di quanto non potrebbe farlo uno bianco --- e trarne comunque un profitto.

Per quanto infelici siano gli effetti sui giovani lavoratori neri, una tragedia più grande causata dalla legge sul salario minimo riguarda i lavoratori handicappati (gli zoppi, i ciechi, i sordi, coloro che hanno perso un arto, i paraplegici e gli handicappati mentali). La legge sul salario minimo rende effettivamente illegale che un datore di lavoro in cerca di profitto assuma una persona disabile. Ogni speranza di una benché minima autosufficienza viene abbattuta. La scelta che si presenta alla persona disabile è tra l'ozio e gli stratagemmi di un finto lavoro, sostenuti dallo Stato, che consistono in attività futili che demoralizzano quanto l'ozio. Che questi stratagemmmi siano sovvenzionati da uno Stato che al contempo rende impossibile un'occupazione onesta è un'ironia che pochi disabili troverebbero divertente.

Di recente, certe categorie di disabili (quelli con un lieve handicap) sono state esentate dalla legge sul salario minimo. E'dunque nell'interesse dei datori di lavoro assumere quelli con un "lieve handicap": che infatti ora hanno dei posti. Ma se ci si è resi conto che la legge sul salario minimo danneggia la possibilità d'impiego degli individui "lievemente disabili", ci si dovrebbe certo render conto che danneggia anche le possibilità degli altri. Perché gli individui gravemente disabili non ne sono esentati?

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Se la legge sul salario minimo non protegge l'individuo che si prefiggeva di proteggere, a quali interessi giova? Perché è stata varata una legge simile?

Tra i più rumorosi sostenitori della legislazione sul salario minimo ci sono i sindacati --- e ciò deve farci riflettere, perché un socio medio di un sindacato guadagna molto di più del livello di salario minimo di $ 2 l'ora. Se egli guadagna $ 10 l'ora, come si è visto, il suo livello di salario è in accordo con la legge, e non ne viene, dunque, influenzato. E allora perché ci si dedica con tanto impegno?

La sua preoccupazione non è certo per il lavoratore oppresso (i suoi fratelli neri, Portoricani, Messico-Americani e Indiani-Americani), visto che il suo sindacato è tipicamente bianco al 99,44%, ed egli si oppone strenuamente all'ingresso di minoranze etniche nel suo sindacato. Allora cosa c'è dietro l'interesse del sindacato nella legislazione sul salario minimo?

Quando la legge sul salario minimo spinse verso l'alto i salari della manodopera non qualificata, la legge della domanda tendente al ribasso ha indotto i datori di lavoro a sostituire con la manodopera qualificata quella non qualificata. Allo stesso modo, quando un sindacato, composto soprattutto da lavoratori qualificati, ottiene un aumento di salario, la legge della domanda tendente al ribasso porta i datori di lavoro a sostituire la manodopera non qualificata con quella qualificata! In altre parole, poiché i lavoratori qualificati e non qualificati sono, entro certi limiti, intercambiabili, sono di fatto in concorrenza tra loro. Potrebbe ben accadere che 10 o 20 lavoratori non qualificati si trovino in concorrenza con (e possano quindi sostituire) 2 o 3 lavoratori qualificati, più un macchinario avanzato. Ma per quanto riguarda l'intercambiabilità, in particolar modo a lungo termine, non può esservi dubbio.

Quale modo migliore, per liberarsi della concorrenza, che costringerla a fare prezzi che la pongano al di fuori del mercato? Quale modo migliore per un sindacato, onde assicurarsi che il prossimo rialzo di salario non induca i datori di lavoro ad assumere crumiri non qualificati, non iscritti al sindacato (soprattutto gli appartenenti alle minoranze)? La tattica consiste nel far varare una legge che porti il salario dei non qualificati così in alto che essi non possano essere assunti, per quanto eccessive risultino le richieste di salario del sindacato. (Se le minoranze riuscissero a far varare una legge che obbligasse all'aumento di tutti i salari sindacali di 10 volte il livello attuale, potrebbero praticamente distruggere i sindacati. Le tessere diminuirebbero precipitosamente. I datori di lavoro licenzierebbero tutti i sindacalisti, e nei casi in cui non potesssero o non lo facessero, andrebbero incontro alla bancarotta.)

Ma perché i sindacati sostengono intenzionalmente e connsapevolmente una legge tanto dannosa? Non è questa la sede per appurare le motivazioni di questo comportamento, qui si rilevano soltanto le azioni e i loro effetti. Gli effetti della legge sul salario minimo sono disastrosi. Essa colpisce duramente i poveri, i non qualificati e i membri dei gruppi minoritari, cioè quelle persone per le quali, teoricamente, era stata ideata.

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Note:

[1] Piccole aziende che sfruttavano le maestranze, a cavallo del secolo, nelle città industriali degli USA, e che si distinguevano per le condiizioni di lavoro infime, promiscue e malsane, orari lunghissimi e paghe irrisorie.

[2] Letteralmente "dorsi bagnati'; perché entrano illegalmente negli USA attraversando a nuoto il fiume Rio Grande, confine tra il Messico e la California.