martedì 29 luglio 2008

Lo Stato come monopolio. Il voto democratico come non-soluzione. Cenni ad una possibile soluzione.

Proseguo la risposta a Luigi Corvaglia iniziata nel post precedente.

In questa sezione si parla di monopolio; di democrazia; di società senza stato; del concetto di sfruttamento; della vicenda Ravasin-Radicali. Traduco inoltre due brani di David Friedman.


3. Monopolio di Stato e monopolio privato

Scrivi:
chiaro che l’esistenza di un ente centrale e monopolistico di produzione di norme e/o di beni comporta una forte riduzione della libertà.

Mi fa piacere che tu noti l'ironia. Lo stato non è altro che un monopolio forzoso di alcuni servizi. Per la precisione, è un monopolio dell'uso della forza (polizia); un monopolio dell'arbitraggio delle dispute (giudici); un monopolio della produzione delle leggi (parlamento).

Quindi, il sostenitore dello Stato sostanzialmente sta dicendo che un monopolio è una cosa desiderabile. Molti sostenitori dello Stato sono ostili ai monopoli (e spesso invocano l'antitrust per combatterli), ma non sembrano rendersi conto che, sostenendo la necessità dello Stato, stanno sostenendo la necessità di un monopolio. Converrai che questo è ironico.

A questo punto occorre una precisazione. Ciò che è indesiderabile non è il monopolio di per sé, bensì il monopolio coercitivo. Cioè il monopolio che è mantenuto tale con l'uso della violenza. (Cioè il monopolio di Stato.) Mi spiego. Se un monopolio è coercitivo, cioè riesce a impedire con la violenza ai concorrenti di entrare nel mercato, allora la qualità del suo servizio può scendere a piacimento e il prezzo può salire a piacimento. Ciò vale anche per lo Stato: dato che lo Stato impedisce la concorrenza nei settori delle forze dell’ordine, dei giudici, e della produzione delle leggi, ne segue che la qualità dell’arbitrato, della protezione, e della legge possono scendere praticamente senza limite. Non temendo di perdere clienti, questi organi inizieranno a seguire altri obiettivi che non quello di soddisfare i clienti, divenendo meno efficienti e più corruttibili. Come si vede, l'intero problema deriva dal fatto che gli organi di Stato non temono di perdere clienti e vedere così le proprie entrate diminuire. In altre parole, il problema è che le entrate dello Stato non dipendono dalla qualità del servizio. Se i servizi dello Stato sono inefficienti, lo Stato non fallisce: continua a ricevere entrate sotto forma di tasse, in quantità invariata o addirittura maggiore. Ma tutto ciò è possibile solo in quanto lo Stato è un monopolio forzoso. Può fare cose che un normale privato non può fare, cioè riscuotere il pagamento con la forza, indipendentemente dalla qualità del servizio.

Al contrario, un monopolio privato non può diminuire a piacimento la qualità del servizio. Un monopolio privato può continuare ad esistere solo fintanto che la qualità del suo servizio è abbastanza alta, ed i suoi prezzi sono abbastanza bassi, che nessuno trova conveniente inserirsi nel mercato e competere. Ma non appena il monopolio privato (chiamiamolo A) alza i prezzi oltre una certa soglia, o diminuisce la qualità oltre una certa soglia, qualche altro imprenditore B si accorge che può inserirsi in quel settore, vendere a meno, ed avere un profitto. Quindi l'imprenditore B uscirà dal settore in cui si trovava prima ed entrerà nel nuovo settore, facendo concorrenza ad A, che smetterà di essere un monopolista; ed A sarà costretto a tornare efficiente, oppure perderà tutti i clienti e scomparirà.

Quindi, nel monopolio privato, non è vero che la qualità del servizio può scendere a piacimento e il prezzo salire a piacimento; questo vale solo per il monopolio di Stato, che è mantenuto tale dall’uso della violenza.

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Esaminiamo una possibile obiezione: il voto democratico non serve proprio ad evitare questo problema? In parole povere: se il servizio dello Stato scade troppo in qualità, io voto l'altro partito. Perché questo non dovrebbe funzionare?

E' vero che in teoria il meccanismo del voto democratico dovrebbe introdurre un elemento di concorrenza all'interno dello Stato, che dovrebbe impedire ai prezzi dei servizi di Stato di salire a piacimento e alla qualità di scadere a piacimento. Ma questo sistema ha dei problemi, esaminati in parte qui da David Friedman, che ne minano il funzionamento. In breve:

1. Prima di tutto, il cittadino votante ha problemi di informazione: tende a non comprendere le cause dello scadimento della qualità dei servizi e dell'aumento di prezzo. (Per fare un esempio classico, la maggioranza degli italiani sembra credere che i dazi possano aumentare il loro benessere, e che il cittadino che compra merce dalla Cina faccia il proprio interesse individuale alle spese dell'Italia). Quindi, in parole povere, il cittadino "non sa chi votare".

2. Inoltre, il cittadino ha problemi di incentivo ad informarsi. Dato che il mio voto ha solo una probabilità piccolissima di influire sull'esito delle elezioni, e che informarmi mi costa molto in termini di tempo, allora i costi dell'informazione sono per me molto superiori ai benefici. Ci sono per me modi molto più utili di usare quel tempo. Quindi razionalmente sceglierò di restare ignorante (ignoranza razionale).

3. Terzo, c'è il problema delle lobby. Consideriamo una legge che complessivamente danneggia il paese, ma che dà un beneficio ad alcuni gruppi di interessi particolari (lobby). Ad esempio, l'introduzione di un dazio sulle importazioni. Il problema è che ciascun cittadino, preso singolarmente, ha pochissimo da perdere dall'introduzione di questa legge; mentre ciascun membro della lobby ha moltissimo da guadagnare dall'introduzione della stessa. Quindi ogni membro della lobby sarà disposto ad investire una parte molto consistente delle sue risorse per far approvare quella legge; al contrario del cittadino. (Inoltre i membri della lobby, essendo numericamente molti meno, avranno minori costi di coordinamento
rispetto ai cittadini.) Quindi, sommando i contributi di entrambe le parti, la quantità che la lobby sarà disposta ad offrire ai politici per approvare quella legge sarà maggiore della quantità che i cittadini saranno disposti a offrire per non farla approvare. Quindi quella legge inefficiente sarà approvata.

Questi problemi sono matematici, perché risiedono nella teoria dei giochi; e sono intrinseci nel sistema democratico. L'unico modo di eliminare questi problemi sembra essere di ridurre la quantità di informazione che il cittadino deve conoscere per scegliere. Cioè, occorre un sistema in cui il cittadino non abbia bisogno di capire il motivo dello scadimento del servizio; tutto ciò che deve fare è acquistare il servizio dove costa meno. Con questo sistema, ciascun cittadino acquisterebbe la protezione personale e l'applicazione delle leggi da agenzie private, sul libero mercato, tenendo conto del prezzo di ciascun pacchetto. Potrebbe ad esempio rinunciare a una certa legge se non ritiene che valga ciò che costa, o scegliere il sistema di protezione più adatto alle sue esigenze, valutando i costi e i benefici.

La prima conseguenza di un tale sistema sarebbe che le leggi più invasive della libertà altrui sarebbero automaticamente più costose (perché applicarle costerebbe di più: invadere gli altri ha un costo; lasciarli in pace è gratis). La seconda conseguenza è che diventerebbe immediatamente evidente quando una legge è inefficiente: costa di più. Non servirebbe quindi al cittadino avere una laurea in economia per capire quando una legge fa bene o male al Paese. Questo risolverebbe i problemi 1 e 2, quelli relativi all'informazione del cittadino.

Anche il terzo problema, quello delle lobby, sarebbe risolto. Ad esempio, nel caso dei dazi, la lobby che decidesse di introdurre i dazi si troverebbe a pagare per quella legge un prezzo altissimo, che compensa esattamente il danno che fa al paese. In un post successivo intendo descrivere il sistema in questione e dimostrare le proprietà di cui sopra (se Friedman mi aiuta).

Cambiamo discorso.
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4. Sul funzionamento di una società senza Stato

Dici:
Fra gli esiti più grotteschi e paradossali di una logica simile c’è il fatto che, se un individuo riuscisse, con sistemi validi, a divenire proprietario di un intero paese in cui imponesse leggi liberticide e razziste, e chiudesse anche le frontiere agli immigrati, essendo il diritto di proprietà anche quello di disporne a piacimento, tale situazione potrebbe dirsi libertaria...

Se per "proprietario di un intero paese" intendi "unico proprietario dei servizi di protezione, di arbitrato ecc", allora costui non potrebbe imporre leggi liberticide a persone non consenzienti. Un'agenzia di protezione che facesse ciò diventerebbe immediatamente criminale secondo la teoria libertaria. Il tuo esempio quindi non sarebbe valido: non è vero che il libertarismo permetterebbe ciò.

Se invece intendi "proprietario della terra", allora è vero che potrebbe stabilire a piacimento le leggi: a casa propria ognuno è sovrano. Chi non apprezzasse le sue leggi sarebbe libero di andare a vivere altrove, dove le condizioni di vita sono migliori. I proprietari delle terre confinanti, naturalmente, farebbero a gara per convincere le persone a migrare nel loro territorio, offrendo loro condizioni di vita più vantaggiose. In tal caso nessuno avrebbe più rapporti con il proprietario in questione, che dovrebbe cambiare atteggiamento oppure perderebbe la sua enorme proprietà più rapidamente di quanto l'ha acquisita. Ciò è ovvio: se non ti piacciono le leggi in un dato territorio, tu non ci entri e vai altrove. Quindi il proprietario di quel territorio perderà clienti e scomparirà dal mercato.

In ogni modo, è un’ipotesi molto improbabile che qualcuno possa diventare “proprietario di un intero paese” senza fare uso di violenza. (Anzi, ironicamente, la tua è un’ottima descrizione dello Stato.) Chiediamoci che cosa davvero ciò significhi. Se davvero qualcuno riesce a estendere molto le sue proprietà con mezzi legittimi, cioè senza usare la violenza, significa che ha dato ai cittadini qualcosa che per loro ha un grande valore (altrimenti perché lo avrebbero pagato così tanto?); cioè significa che ha fatto del bene in gran quantità. Ma può conservare la sua proprietà solo fino a che continua a far ciò. (Ricorda quanto detto prima sul monopolio in un regime di libero mercato: tale monopolio può esistere solo finché offre un buon servizio a prezzi bassi).

Quindi costui, smettendo di colpo di soddisfare le esigenze dei cittadini, perderebbe la sua posizione e la sua proprietà molto più rapidamente di quanto l'ha acquisita. A meno che, per conservare la sua posizione, non decidesse improvvisamente di cominciare a usare la violenza, nel qual caso diventerebbe uno Stato. Ma questa eventualità è molto improbabile, perché nel mercato dei servizi di protezione non sembra esistere un monopolio naturale; quindi una singola compagnia di protezione non raggiungerebbe la dimensione critica che le renderebbe conveniente richiedere pagamenti obbligatori e diventare così uno Stato.

Sempre su questo argomento cito David Friedman, un pezzo che credo tu abbia letto:

“Immaginiamo come sarebbe il nostro mondo se il costo per andare da un paese a un altro fosse zero. ... Un giorno il presidente francese annuncia che, a causa di problemi con le nazioni confinanti, verranno introdotte nuove tasse per le spese militari e che presto inizierà il reclutamento di nuove truppe. Il mattino seguente il Presidente francese si ritrova a governare un territorio pacifico, ma completamente vuoto, perché la popolazione si è ridotta, oltre a lui, a tre generali e ventisette corrispondenti di guerra.

Noi non viviamo in una roulotte; ma se potessimo comprare la nostra protezione personale da una società privata, invece che dallo Stato, potremmo cambiare compagnia non appena ne trovassimo un’altra in grado di offrire un servizio migliore. Possiamo cambiare il nostro protettore senza cambiare nazione.

(L'ingranaggio della libertà)

Suggerisco che anche il Duce che tu descrivi si ritroverebbe improvvisamente un re senza regno.

Continui poi:

Si ha, insomma, la netta sensazione che, più che tutelare il dinamico ed autopoietico mercato, si finisca per difendere la statica proprietà,

Mi viene da chiedere: la tua proprietà come l’hai ottenuta? Probabilmente rendendo un servizio agli altri. (Oppure usando la violenza). Se tu hai ottenuto un grande profitto senza usare la violenza, vuol dire che hai fornito un servizio di grande valore. Quindi la tua proprietà non è una cosa “statica”; è una misura del bene che hai fatto agli altri.

Credo che la difesa di diritti naturali non possa fare a meno dello stato.

1. In pratica stai dicendo che un monopolio forzoso può tutelare i diritti delle persone meglio di agenzie private in concorrenza tra loro. Detto così suona meno convincente.

2. Si osserva che lo Stato viola i diritti delle persone su base quotidiana, mediante istituzioni come proibizioni, guerre, leva, tasse, ecc. Ho difficoltà a capire come una violazione dei diritti possa essere considerata una difesa dei diritti.

A proposito, ti consiglio la lettura di due testi liberamente scaricabili in inglese: “Chaos Theory” di Murphy e l’articolo “responses to ten objections” di Roderick T. Long.

Nel nostro esempio precedente, ad esempio, il proprietario avrebbe potuto mantenere il suo ruolo di dittatore, solo facendo intervenire la soldataglia del paese a massacrare gli insorti,

Non capisco: tu stai descrivendo una dittatura, non il libertarismo. E non vedo in che modo questo supporti la tua tesi che lo stato sia necessario per difendere i diritti.


5. Sullo sfruttamento

Dici:

Credo che lo sfruttamento esista. Secondo gli anarco-capitalisti il concetto di sfruttamento non ha senso.

Non è vero. Secondo i libertari lo sfruttamento esiste, ma non è quello che pensi tu :). Per loro, sfruttare una persona significa farle qualcosa contro la sua volontà. Se io ti faccio qualcosa contro la tua volontà, cioè ti costringo a fare qualcosa, allora ottengo un beneficio alle tue spese. Cioè ti “sfrutto”.

Un esempio di sfruttamento è la schiavitù. Questa è sfruttamento _non_ perché il padrone ne trae beneficio, ma perché lo schiavo agisce sotto coercizione del padrone; lo schiavo non ha mai accettato liberamente, con un contratto, di subire quel trattamento. Un altro esempio di vero sfruttamento è l'estorsione, come quella effettuata dallo Stato, dalla Mafia, dal Vaticano, ecc.

Affinché io ti sfrutti, non basta che io tragga beneficio; è necessario che io ti stia costringendo con la forza, o minacciando di usare la forza. Se invece tu hai accettato la transazione libero da coercizione, allora entrambi traiamo un beneficio. Se vogliamo chiamarlo sfruttamento, allora ci stiamo sfruttando a vicenda.

Se il semplice fatto di trarre beneficio da una collaborazione si chiama sfruttamento, allora tutti sfruttano tutti: lo scolaro che impara la matematica sta sfruttando il professore; il professore che dà lezioni a pagamento sta sfruttando l’alunno (perché non impartisce lezioni gratis). Ma in questo caso la parola perde senso. Per questo l’unica definizione sensata della parola “sfruttamento” mi pare quella in cui io ti costringo a fare qualcosa contro la tua volontà; mediante la violenza o la minaccia di violenza. Solo in questo caso io ottengo un guadagno e tu una perdita.

Infatti, secondo la logica delle “preferenze dimostrate”, un operaio che accetta una paga misera preferisce, dimostrandolo con atto concludente, tale paga a nessuna paga. Certo. La cosa non tiene conto che, oltre all’offerente ed all’accettante, esiste un terzo elemento, definito bisogno, che fa si da rendere preferibile e dimostrata la scelta accettante, ma il bisogno non è stato, a sua volta interrogato.

Il bisogno non è stato interrogato? Non capisco. Come si fa a interrogare un bisogno?

Comunque, il bisogno non ti conferisce dei diritti aggiuntivi. Ad esempio, se io sto morendo di fame, e per sopravvivere scassino la tua casa e rubo un televisore, devo comunque rifonderti il danno. Non posso cavarmela dicendo “ma io avevo molto bisogno di entrare in casa tua”. Mi pare intuitivo.

Altri due esempi:

1.

Tua moglie sta morendo e devi portarla all’ospedale. Hai bisogno assoluto di arrivarci entro dieci minuti. Se tu, nella foga di portare tua moglie all'ospedale, investi qualcuno con la macchina, o danneggi la proprietà di qualcuno, il fatto che stavi cercando di salvare tua moglie _non_ ti esime dal dovere di risarcire il danno. Il giudice ti condannerà al risarcimento. Questo significa che non avevi il _diritto_ di farlo. Questo dimostra che la necessità non ti dà diritti ulteriori. Se la necessità di salvare tua moglie ti desse qualche diritto aggiuntivo, il giudice non ti condannerebbe.

2.

Tu torni a casa, la trovi scassinata, segui le tracce, arrivi a casa di un tizio, e vedi che ha il tuo televisore. Gli chiedi la restituzione, e lui risponde: "No, _tu_ non hai alcun diritto a riavere la tua proprietà, perché _io_ avevo un enorme bisogno di essa." Qual è l'aggettivo adatto per descrivere questo pensiero? Io lo definirei marxista.

In questi casi, tutto ciò che il libertario dice è che, se tu violi la proprietà altrui, allora devi rifondere la vittima. Cioè, anche se hai agito spinto dal bisogno, sei responsabile lo stesso per i danni. Ad esempio, se hai fame e rubi un pezzo di pane, poi devi restituire un pezzo di pane. Questo è in parole povere ciò che dicono i libertari. E non è un problema, se ci pensi. Voglio dire: se davvero in quel momento avevi un gran bisogno di quel pezzo di pane, allora ne hai tratto un gran beneficio. Ma allora, anche dopo aver risarcito il proprietario, ti resta un beneficio maggiore di zero! Cioè, anche dopo aver scontato la pena, ti resta un guadagno. Ma allora dov’è il problema?

(In realtà la questione è un po' più complessa; il libertario sostiene che la vittima ha il diritto di infliggere su di te qualunque sofferenza tu abbia inflitto su di lei. Questa condizione è più generale del semplice risarcimento, ma in questa sede non è il caso di distinguere.)

Il più delle volte, però, i bravi “offerenti” si impegnano a mantenere ben pasciuto il comodo terzo incomodo per poterlo poi sempre ospitare quale convitato di pietra alle loro trattative. Beh, io lo chiamo sfruttamento.

Temo di non capire; avrei preferito un esempio più concreto.

Sempre in tema di sfruttamento, ecco una citazione del nostro David Friedman:

“Spesso si dice che alcuni partecipanti dell’economia ne sfruttano altri. La cosa più comune è sentir dire che i datori di lavoro sfruttano i dipendenti. In simili discussioni, ci sono implicitamente due definizioni diverse di sfruttamento. La prima è che io sfrutto te se io traggo un beneficio dalla tua esistenza. In questo senso, io spero di sfruttare mia moglie e lei spera di sfruttare me; finora entrambi siamo riusciti nel nostro intento. Se è questo che significa sfruttare, allora lo sfruttamento è la ragione per cui gli umani sono animali sociali e non solitari, come i gatti.

Gli amici che hanno affittato il nostro terzo piano sono giardinieri entusiasti; noi non lo siamo. Noi otteniamo un servizio di giardinaggio gratis; loro ottengono l’uso gratuito di un giardino da curare. Chi sta sfruttando chi?

La seconda definizione è quella che dice che io sfrutto te se io guadagno e tu perdi dalla nostra associazione. Le due definizioni possono essere identificate in due modi: o sostenendo che il mondo è un gioco a somma zero, in cui una persona può guadagnare solo alle spese di un’altra, oppure sostenendo che se io ottengo un beneficio dalla nostra associazione devo darlo a te, quindi il mio rifiuto di dartelo ti danneggia. Il primo argomento non è plausibile. Il secondo ha una curiosa asimmetria. Se io do a te tutto il beneficio, adesso tu hai tratto un beneficio dalla nostra associazione, e quindi dovresti darlo a me. Potrebbe essere più sensato tenere la parola “sfuttamento” fuori dalle discussioni economiche e riservarla per l’invettiva politica.”

(Hidden Order: the economics of everyday life)


In un’altra parte del libro, se ben ricordo, Friedman sostiene che denunciare lo sfruttamento in una transazione volontaria equivale a sostenere che una delle due parti dovrebbe prendersi tutto il beneficio. Questo, se ci rifletti, non è molto ragionevole.

A questo proposito, recentemente mi sono trovato a difendere i Radicali e L’Associazione Coscioni. Un mio amico sosteneva, a proposito della vicenda di Paolo Ravasin e del testamento biologico, che i radicali si stessero “approfittando” di quella persona sfortunata; cioè che lo stessero sfruttando. Specialmente perché chiedevano soldi usando la sua immagine. Gli ho risposto che quello non si può chiamare sfruttamento, perché presumibilmente c’era la volontà di Ravasin di essere trattato così. Questo dimostra che lui stesso ne ha tratto un beneficio. Quindi i radicali tecnicamente stanno facendo del bene a Ravasin; che è il contrario esatto dello sfruttamento. Se poi i radicali, oltre a fare del bene a Ravasin, stanno avendo anche un profitto, questo non cambia il fatto che stanno facendo del bene. Non è necessario che una delle due parti (Ravasin) si prenda tutto il beneficio, affinché un’azione possa essere classificata come “fare del bene”.

Ricordo che Coscioni disse: se quello dei Radicali verso di me è sfruttamento, benissimo, voglio essere sfruttato ancora.


6. Sul conservatorismo culturale dei libertari
La predominante cultura anarco-capitalista è conservatrice. ... Non si capisce per quale motivo ... questi autori si lanciano in, per me inammissibili, tirate filo-cattoliche preconciliari, anti-evoluzionistiche, teo-con e contrarie ad ogni forma di laicità.


Su questo condivido il tuo sconforto, specialmente verso l’atteggiamento antiscientifico di molti libertari.

Qualche piccolo appunto: per quanto riguarda la laicità, è un concetto che si applica allo stato, quindi per i libertari la parola ha ben poco senso. Io prima di considerarmi libertario già sostenevo che la parola laicità è una parola superflua: basta la parola ragione.

Nella mia esperienza, la maggioranza dei libertari sembra essere atea. Una buona parte (non so se la maggioranza) è culturalmente conservatrice, nel senso che tu dici e che io trovo molto sgradevole (ad es. sono specisti; Block addirittura è contro la RU-486, ecc). L’antievoluzionismo c’è, ma è una corrente di minoranza, per quanto ne so. Il clericalismo c’è. Forse dal loro punto di vista ha più senso, visto che negli USA le confessioni religiose, per quanto ne so, non ricevono fondi pubblici e sono quindi vere associazioni volontarie (nel senso di finanziate volontariamente); e quindi forse i libertari le considerano ottimi alleati contro lo Stato: più potere alle confessioni significa più potere a un’associazione volontaria, quindi meno potere allo Stato. Ti ricordo che per i libertari tutto ciò che conta è che un’associazione sia finanziata volontariamente. Sostengono persino il comunismo volontario!


Un piccolo test di personalità: cosa rispondete alla domanda “Qual è l’organizzazione criminale più grande? la Chiesa o lo Stato?”. Io mi unirei ai libertari nel rispondere “lo Stato”. Sono forse clericale per questo? Spero di no. :)

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