lunedì 10 dicembre 2007

Privatizzare l'aria

Continuo il post precedente. Parla David Friedman, "the machinery of freedom", traduzione mia.

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Cosa c'è che non va nell'analogia col campo di battaglia? Prima di tutto, il mercato non alloca tutte le sue risorse al cliente che ha più soldi. Se io spendo 10 dollari in gadget e tu ne spendi 20, il risultato non è che tu prendi tutto, ma che tu ne prendi due terzi e io un terzo. Inoltre, in generale, la quantità di un dato prodotto che un cliente riceve non è sottratta dalla quantità disponibile ad un altro --- il guadagno di qualcuno non è necessariamente la perdita di qualcun altro. Quando io ero l'unico acquirente di gadget, venivano prodotti gadget per un valore totale di 10 dollari (diciamo 8 gadget a 1.25 dollari a pezzo). Quando poi tu compari sulla scena, con 20 dollari in tasca, il primo effetto è di far salire il prezzo dei gadget; questo induce il produttore di gadget a produrne di più, e presto ce n'è abbastanza perché io possa avere i miei 8 gadget, e tu i tuoi sedici. Questo è meno vero per le onde dell'aria, che sono, in un certo senso, una risorsa fissa e limitata, come la terra. Ma, proprio come per la terra, un prezzo più alto in effetti aumenta la fornitura, perché fa usare alle persone la stessa quantità di terra più intensamente. Nel caso delle frequenze, se il prezzo di una banda di frequenza è alto, diventa conveniente adottare apparecchiature migliori, per far entrare più stazioni in una data gamma di frequenze; coordinare stazioni radio in aree diverse in modo più accurato in modo da minimizzare le aree di interferenza [fringe]; usare parti dello spettro precedentemente inutilizzate (la televisione UHF, ad esempio); e sostituire alcune stazioni che trasmettono in broadcast con televisioni o radio via cavo.

Un altro errore nel considerare il mercato come qualcosa in cui "il ricco prende tutto" è la confusione tra quanti soldi una persona possiede e quanto egli è disposto a spendere. Se un milionario vuole pagare solo 10.000$ dollari per un'automobile, ottiene esattamente la stessa quantità di automobile che ottengo io quando sono disposto a pagare la stessa quantità; il fatto che lui abbia un milione di dollari in banca non abbassa il prezzo o migliora la qualità dell'automobile. Il principio si applica anche alla radio. Il milionario Howard Hughes avrebbe potuto spendere un miliardo di dollari per comprare le frequenze radio, ma non lo avrebbe fatto a meno che ciò non gli avesse portato abbastanza guadagni da giustificare l'investimento. Dopo tutto, c'erano per lui molti modi molto più economici di intrattenere se stesso.

Cosa implica tutto ciò per il destino delle frequenze come proprietà privata? Primo, la natura proporzionale della "vittoria" di mercato renderebbe virtualmente impossibile per qualunque uomo ricco, o gruppo di ricchi, comprare l'intero spettro delle frequenze ed usarlo per qualche sinistro scopo propagandistico [politico]. Se provassero a farlo, starebbero competendo in un'asta contro avversari che vogliono comprare frequenze per scopi commerciali, cioè per mandare in onda ciò che gli ascoltatori vogliono e così fare soldi (non importa se direttamente, come nella pay-tv, o indirettamente, con la pubblicità). L'incasso derivato dalla pubblicità sui media radiotelevisivi ammonta a circa 4 miliardi di dollari l'anno. Gli uomini d'affari, che offrono soldi per acquistare bande di frequenza per avere una parte di quei guadagni, sarebbero sicuramente disposti, se necessario, a pagare in blocco molti miliardi di dollari. Supponete che la banda radio abbia spazio per un centinaio di stazioni (l'attuale banda FM ha spazio per almeno 50, e la banda AM ha spazio per molte di più). Affinché la nostra ipotetica gang di miliardari machiavellici assuma il controllo di tutte e cento le stazioni, dovrebbe pagare cento volte di più dei suoi avversari. Questo significherebbe un trilione di dollari, cioè circa mille volte la ricchezza totale degli individui più ricchi del paese. Supponete, invece, che la gang riesca a raccogliere circa 10 miliardi (cioè la ricchezza totale dei dieci o venti individui più ricchi del paese) cioè la stessa quantità di soldi che sono disposti a pagare coloro che vogliono le stazioni per scopi commerciali. Ognuno dei due gruppi ottiene quindi 50 frequenze. Gli uomini d'affari trasmettono ciò che i clienti vogliono ascoltare, e si prendono tutti i clienti; mentre i miliardari ipotetici trasmettono la propaganda politica che vogliono far ascoltare ai clienti, e nessuno li ascolta, e una decina o ventina dei più ricchi uomini d'America dichiarano fallimento.

Sembra chiaro che le frequenze sarebbero acquistate per scopi commerciali da uomini d'affari che vogliono trasmettere ciò che i clienti vogliono ascoltare, così da fare più soldi possibile. Proprio come il genere di persone che possiedono oggi le stazioni. Ma, se ci sono 9 stazioni che si dividono il 90% degli ascoltatori, una decima stazione potrebbe far meglio mandando in onda qualcosa di completamente diverso, e quindi accaparrandosi tutto il restante 10% degli ascoltatori, anziché trasmettere la stessa roba ed ottenere un decimo dello share della maggioranza. Con cento stazioni, la centounesima potrebbe far soldi con un pubblico dell'uno per cento. Quindi nascerebbero stazioni specializzate, che soddisfano gusti speciali. Ce ne sono oggi. Ma queste stazioni non sarebbero più vincolate al potere di veto che è oggi esercitato dalla maggioranza tramite l'organismo politico della FCC. Se tu ti sentissi offeso da una cosa che senti dire nella stazione posseduta dal "Berkeley Barb", potresti fare solo una cosa: cambiare canale.

I media offrono un esempio formidabile della differenza degli effetti della proprietà pubblica e privata, ma questo esempio mostra solo parte degli svantaggi della proprietà pubblica. Perché il "pubblico" non solo ha il potere di impedire agli individui di fare ciò che vogliono con la propria vita, ma ha anche l'incentivo ad esercitare quel potere. Se la proprietà è pubblica, io, usando una parte di questa proprietà, sto riducendo la quantità disponibile per te. Se tu non approvi ciò che io ne faccio, allora, dal tuo punto di vista, io sto sprecando risorse di valore che sono necessarie per altri scopi più importanti -- quelli che tu approvi. In un regime di proprietà privata, invece, ciò che io spreco appartiene a me. Tu potresti, in astratto, disapprovare il mio uso cattivo della proprietà, ma non hai incentivo a cercare di fermarmi: anche se io non "sprecassi" la mia proprietà, tu non ci metteresti mai le mani sopra; sarebbe soltanto usata per altri miei scopi.

Questo si applica non solo allo spreco di risorse già prodotte, ma allo spreco della mia proprietà di maggior valore, cioè il mio tempo ed energia. In una società basata sulla proprietà privata, se io lavoro duramente, l'effetto principale è che io sono più ricco. Se scelgo di lavorare solo dieci ora a settimana e di vivere con pochi soldi, sono io a pagarne il prezzo. Sotto un regime di proprietà pubblica, io, rifiutandomi di produrre il massimo che posso, diminuisco la ricchezza totale della società. Un altro membro della società potrebbe sostenere, a ragione, che la mia pigrizia boicotta gli obiettivi della società, e che sto sottraendo il cibo ai bambini affamati.

Considerate gli "hippie" [che sono contrari alla proprietà privata, NdM]. Le nostre istituizioni di proprietà privata aiutano loro tanto quanto tutti gli altri. Le magliette e i calumet di cui essi fanno uso vengono prodotte; le copie di "Ruba questo libro" vengono stampate, tutto sul mercato aperto. Le droghe di cui fanno uso vengono fornite dal mercato nero. Nessun capitalista sostiene che essere altruisti e improduttivi è una cosa cattiva e quindi non bisognerebbe investire capitale per produrre queste cose per gli hippie; oppure, se qualcuno lo sostiene, qualcun altro investe il capitale e si prende il profitto.

E' lo Stato, invece, che è loro nemico: la polizia arresta i "vagabondi"; le scuole pubbliche insistono che si taglino i capelli; il governo inizia un programma massiccio per impedire l'importazione e la vendita di droghe. Come la censura radiotelevisiva, questo è in parte l'imposizione della morale della maggioranza sulla minoranza. Ma una parte della loro persecuzione arriva dal comprendere che le persone che scelgono di essere povere contribuiscono meno agli obiettivi comuni. Gli hippie non pagano molte tasse. Di tanto in tanto questo viene detto esplicitamente: la tossicodipendenza è male perché il tossicodipendente non sopporta "la sua parte del carico". Se tutti diventassimo tossicodipendenti, la società collasserebbe. Chi pagherà le tasse allora? Chi combatterà i nemici stranieri?

Questo argomento diventa più importante in uno stato socialista, come Cuba, dove una frazione molto più grande dell'economia è basata sulla proprietà pubblica. Lì, a quanto risulta, gli equivalenti locali degli hippie sono stati radunati e mandati ai lavori forzati, per fare la loro giusta parte nella rivoluzione.

George Bernard Shaw, un socialista insolitamente lucido, ha espresso bene la questione ne "La guida della donna intelligente al socialismo e al capitalismo".

Ma Willie Il Nato Stanco potrà dire che odia il lavoro, ed è dispostissimo ad avere di meno, ed essere povero e sporco e ad indossare stracci o persino a stare nudo, pur di lavorare meno. Ma ciò, come abbiamo visto, non può essere permesso: la povertà volontaria è socialmente tanto inaccattabile quanto la povertà involontaria: le nazioni dignitose devono insistere che i loro cittadini conducano vite dignitose, facciano la loro parte del lavoro della nazione, e prendano l'intera quota dei guadagni... La povertà e l'irresponsabilità sociale saranno lussi vietati.

Il servizio sociale obbligatorio è una cosa così inconfutabilmente giusta che il primo dovere di un governo è far sì che tutti lavorino abbastanza in modo da guadagnarsi da vivere e da far avanzare qualcosa per il Paese e il miglioramento del mondo [dai capitolo 23 e 73].

Considerate, come esempio ulteriore, il movimento di "ritorno alla terra", rappresentato dalla rivista "Notizie di Madre Terra". Ideologicamente, esso è ostile alla società del consumismo, che considera sprecona e innaturale. Eppure le istituzioni di proprietà privata assistono quel movimento tanto quanto chiunque altro. Le "Notizie di Madre Terra" e il "Catalogo della Terra Intera" vengono stampati su carta acquistata sul mercato privato e venduti in librerie private, accanto ad altri libri e riviste che insegnano a fare soldi con gli investimenti o a vivere spendendo 100.000 dollari l'anno.
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