Traduco il recente discorso di Sam Harris in occasione dell'evento "Beyond Belief 2007" (un meeting di scienziati per discutere di religione). Clicca qui per l'audiovideo in inglese dell'ultima giornata.
Alcuni degli argomenti toccati da Harris sono: perché scienza e religione sono in conflitto; perché è sbagliato dire che la scienza non ha nulla da dire sulla morale; perché è sbagliato dire che la religione ha qualcosa da dire sulla morale; perché il relativismo non è l'unica alternativa alla legge di Dio; perché chi sostiene che la religione è necessaria e durerà per sempre potrebbe avere torto.
La parola a Sam Harris.
Dov'è il conflitto tra religione e scienza?
[...]
La scienza chiaramente non implica che ci si debba identificare come atei. Ma la scienza implica che si dovrebbe essere scettici di fronte ad affermazioni su miracoli non supportate da evidenza. E sull'origine divina di certi libri. L'ateismo, ad un'analisi profonda, si riduce a questo. Ateismo è il non essere convinto dalle affermazioni di altre persone sui miracoli; ed è la convinzione che anche loro non dovrebbero essere convinte.
C'è un conflitto tra credenze giustificate e non giustificate? E' proprio qui che è evidente che tra religione e scienza c'è un gioco a somma zero. Infatti, sia la religione sia la scienza sono modi di maturare credenze. Sono sistemi di credenze e di giustificazione di credenze (o mancanza di giustificazione). E sfortunatamente sono sistemi che richiedono standard di evidenza molto diversi, e livelli di auto-critica molto diversi. Quindi ogni confronto tra religione e scienza è destinato a mettere in luce un conflitto.
Un altro motivo per cui un conflitto tra scienza e religione è inevitabile è che non è possibile districare le affermazioni di verità religiose da quelle scientifiche. Ad esempio, la credenza che Gesù è nato da una vergine è una delle dottrine chiave del cristianesimo, ma è anche un'affermazione di biologia. La credenza che egli ritornerà volando sulla terra a un certo punto, per giudicare il mondo, implica una quantità di affermazioni sulla storia, sulla sopravvivenza umana alla morte, e sulla meccanica del volo umano senza l'aiuto della tecnologia. C'è necessariamente conflitto tra scienza e religione in questi casi.
Persone come Deirdre McCloskey hanno sostenuto che la critica atea alla religione si concentra sempre sulle versioni della fede più ingenue, marginali e letterali, e che è disponibile una fede molto più sofisticata che non è toccata da queste critiche. Questo non è vero. La critica si applica esattamente allo stesso modo a un credente sofisticato come Francis Collins. Anzi, di più. Perché lui dovrebbe saperla più lunga. Dovrebbe sapere che, se una cascata ghiacciata può testimoniare la divinità di Gesù, allora ogni cosa può testimoniare ogni cosa.
Ora, qualunque sia l'argomento in discussione, fatto sta che ci sono buone ragioni per credere una cosa, e cattive ragioni. E il problema è che la religione ha trasformato il ragionamento cattivo in una forma d'arte. E se c'è qualcosa che vale la pena di discutere nell'esperienza di un Budda o un Gesù (ed io credo di sì; credo sia possibile avere un'esperienza rara e meravigliosa e capace di trasformarti, e possiamo chiamare tutto questo spiritualità o misticismo), ciò dovrebbe essere suscettibile di indagine razionale. E possiamo sottoporre i mistici e i contemplativi ad [indagini scientifiche con] standard superiori di rigore e di coerenza logica. Eppure c'è un mito che dice che questo non è possibile.
Sam Harris contro il relativismo
Molti credenti, come sapete, si sono rifugiati nella formulazione di Stephen J. Gould secondo cui scienza e religione sono "magisteri non sovrapposti". Cioè l'idea che scienza e religione non possono essere in conflitto perché rappresentano diversi domini di conoscere. Bene, vediamo come funziona quest'idea. La scienza rappresenta la migliore autorità sul funzionamento dell'universo fisico, e la religione rappresenta la migliore autorità su... su che cosa? Forse sull'universo "nonfisico"? Probabilmente no. Forse sul significato, sui valori, sull'etica, sulla vita retta? Ed abbiamo qui un altro mito: l'idea che la razionalità scientifica non abbia nessuna prescrizione da fare sulla moralità e la felicità umana, sul benessere degli uomini. Ci raccontano che la scienza ci aiuta a dire a cosa diamo valore, ma non può dirci a che cosa dovremmo dare valore. Molti di noi credono che possiamo scannerizzare il cervello di una persona mentre costui effettua dei giudizi morali, [e possiamo dire quali giudizi morali sta facendo], ma non saremo mai nella posizione di dire che giudizi avrebbe dovuto fare. Cioè quali giudizi sono eticamente normativi. Ebbene, questo è un mito, ed abbiamo esportato questa mitologia nel mondo. E adesso la maggior parte della gente crede che l'unica alternativa alla legge di Dio sia il relativismo morale. E come risultato la maggior parte della gente, persino degli scienziati e dei laici, ha ceduto il monopolio delle discussioni sui valori e sulla moralità ai teologi e ai difensori della religione, più o meno senza fiatare. E questo è ciò che ha mantenuto la religione in una condizione così forte, anche se la sua autorevolezza è svanita in ogni altra questione significativa. Ebbene, sono convinto che questo sia stato un enorme errore, sia intellettualmente, sia politicamente, sia moralmente, e persino spiritualmente. Una volta che comprenderemo la felicità umana, una volta che comprenderemo che la moralità è inseparabile dalla felicità di esseri senzienti come noi, allora vedremo che essa sarà suscettibile di discussione empirica e razionale. Voglio dire: esistono dei fatti oggettivi da conoscere sulle cause della felicità umana? Certamente devono esistere. Non è troppo presto per dire che l'amore è in genere migliore dell'odio, e che la compassione è in genere migliore della crudeltà [come fondamento di una società]. Potrebbe passare molto tempo prima che comprendiamo del tutto la base del più profondo benessere psicologico, in termini di geni, di strutture sociali, di sistemi economici, eccetera, ma non è troppo presto per dire che una cosa come il delitto d'onore non può certo giocare un ruolo di primo piano. Notate che questo ci rende realisti morali, realisti "funzionali". E non è necessario che esista una risposta strettamente corretta per ogni domanda morale, affinché noi possiamo essere realisti morali. Voglio dire, la differenza tra giusto e sbagliato può davvero essere come la differenza tra il cibo e il veleno. Non esiste un solo cibo giusto. Non esiste il cibo migliore di tutti. Ma questo non elimina ogni distinzione tra il cibo e il non-cibo. E' del tutto possibile che, alla fine della discussione, tra 10.000 anni, avremo una "banda" del moralmente appropriato [...]
Ora molti scienziati, e molti di voi in questa stanza, diranno che la scienza non ha ancora molto da dire sul come massimizzare nel modo migliore la felicità umana. Ed è vero. Ma quale competenza speciale ha un rabbino, o un imam, o un prete, sull'argomento? Che competenza speciale ha un esperto religioso per dire se la ricerca sulle cellule staminali embrionali è morale, o se impedire una guerra è morale, o quale pianificazione familiare è morale? Credo che la risposta sia "nessuna competenza". La verità è che comprendere la tradizione delle Scritture non è più rilevante per le domande etiche di quanto lo sia in una domanda di astronomia. I vari rappresentanti delle comunità religiose possono dirci cosa le loro congregazioni credono su una larga varietà di argomenti (e credono quasi invariabilmente con cattiva evidenza); possono dirci cosa i loro libri sacri dicono che noi dovremmo credere, per sfuggire ai fuochi dell'inferno; ma ciò che non possono fare meglio di un panettiere o un macellaio o un fabbro è dire perché queste ingiunzioni siano etiche. E' etico uccidere una persona perché ha cambiato religione? Io scommetterei la vita che la risposta a questa domanda è "no". Cioè, scommetterei la vita che uccidere le persone per apostasia è una cattiva strategia per massimizzare il benessere umano. Ma, se consideriamo i musulmani inglesi da 16 a 24 anni, si dà il caso che il 36% di essi non sia d'accordo con me. Pensano che le persone debbano essere uccise per aver lasciato la loro fede. E questi sono musulmani inglesi. E si dà il caso che ci siano solide basi teologiche per pensarla come loro. Il Corano non dice esplicitamente che gli apostati devono essere uccisi, ma l'Hadith lo fa. La letteratura sacra degli Hadith lo dice ripetutamente. E' etica questa regola? E' compatibile con una società civile? L'atto di decidere affidandosi a un'autorità superiore, che ha portato fino a noi questa barbarie generazione per generazione, è forse lontanamente compatibile con la scienza?
Ora, cosa possiamo dire su questo come scienziati? E' forse troppo presto per dire che uccidere persone per aver cambiato religione è sbagliato? E' forse troppo presto per dire che è una pessima strategia per massimizzare la felicità umana? Io credo di no. Dire questo significa ammettere che alcuni sistemi di credenze sono peggiori di altri, con qualunque criterio li giudichiamo. Alcune visioni del mondo sono pessime, e non è antiscientifico dire questo. Anzi, è antiscientifico non dirlo. [...]
La peculiarità della religione
Il problema della religione è che è l'unica modalità di pensiero che rende le persone incapaci di avere una vera conversazione. Perché è l'unica modalità di pensiero che dà un valore positivo al non essere disposti a considerare nuova evidenza e nuove argomentazioni. E questa chiusura è chiamata eufemisticamente "fede", e viene generalmente considerata non criticabile, anche da scienziati atei che non la condividono.
Sulla libertà religiosa
Voglio essere chiaro: non sto sostenendo nuove leggi. Non sto dicendo che dovremmo violare la libertà religiosa delle persone. Sto sostenendo di adottare nuove regole di conversazione. Non c'è nessuna legge contro il credere che Elvis Presley è ancora vivo. Ma allora come abbiamo potuto evitare che questa credenza invadesse i nostri dipartimenti scientifici? Il principio che ci ha protetti è in effetti molto semplice. Chiunque dica seriamente che Elvis sia ancora vivo, ad esempio in una conferenza, o in un colloquio di lavoro, paga immediatamente un prezzo in termini di risate. C'è un meccanismo sociale per cui coloro che sostengono di essere certi di cose di cui chiaramente non possono essere certi non riescono a raggiungere i loro obiettivi nella vita. (Tranne quando queste certezze riguardano la religione.) A queste persone non si chiede di amministrare le nostre corporazioni più grandi. Non vengono invitate alle conferenze. I loro biglietti da visita vengono gettati con discrezione nell'immondizia. Notate che non dobbiamo approvare alcuna legge contro le cattive idee, perché questo meccanismo funzioni in modo affidabile. Dobbiamo solo essere liberi di criticare le cattive idee. E siamo in effetti liberi di farlo, solo che non ci stiamo avvalendo di questa libertà per quanto riguarda la religione. E perché? Perché siamo stati intimiditi e silenziati. Abbiamo imparato ad essere terrorizzati dall'irrazionalità e suscettibilità dei nostri vicini. Abbiamo imparato ad avere paura della loro sofferenza --- che è una cosa ben diversa dal sentire compassione per loro. Abbiamo imparato a temere che l'unico rimedio per la loro sofferenza sia la falsa consolazione di idee false. [Ricordate che in questo contesto "falso" significa "non c'è ragione di pensare che sia vero", NdM].
I paternalisti potrebbero sbagliarsi
Ho ricevuto decine di migliaia di email che dicono che i nostri vicini religiosi hanno anche loro dei dubbi. E non sono per niente contenti dalla sensazione di avere torto, della sensazione di stare ingannando se stessi. Non sono per nulla contenti del fatto che le loro credenze non trovino riscontro nella realtà. [Però hanno bisogno della religione.] E questo modo di pensare mi sembra profondamente condiscendente, paternalistico, e di brevi vedute. E' il discorso dell'accademico laico che dice "noi non abbiamo bisogno della religione, ma tutti gli altri sì. E sarà così per sempre.". Questo viene detto spesso, ed è stato detto anche in questo incontro. E ci viene continuamente ricordato che ogni cultura ha avuto la sua religione; che ogni cultura che conosciamo si è organizzata intorno a superstizione religiosa e a certezze infondate. E quindi, secondo queste persone, è ingenuo pensare che ci libereremo mai di questo fenomeno. Ebbene, la stessa cosa si sarebbe potuta dire della stregoneria. Ogni cultura ha creduto nelle streghe, ha temuto le streghe, ha punito le streghe, o si è affidata ai consigli delle streghe. Quindi è semplicemente folle pensare ci libereremo mai della stregoneria. Dobbiamo invece imparare a convivere con le streghe e gli stregoni. Dobbiamo accondiscendere con le loro certezze sul malocchio nei discorsi pubblici. Immaginate quanto fatuo, quanto imbarazzante e pericoloso sarebbe stato incamminarsi per questa strada, nei confronti della stregoneria. Ma ci siamo incamminati davvero per questa strada, nei confronti della religione. Grazie mille.
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Finito il discorso, cominciano le domande degli altri scienziati presenti. Salto un paio di domande che chiedono chiarimenti su cosa davvero Harris intende per felicità, se può dimostrare che la felicità è bene, eccetera.
Una domanda chiede:
Mr Harris, Lei ha sostenuto che dovremmo evitare la parola ateismo perché è fuorviante e dannosa. Forse, nello stesso modo, dovremmo evitare anche la parola religione? Lei stesso salta spesso tra vari significati del termine, il che produce spesso delle ambiguità. Allora perché non diciamo che il problema sono le credenze false, e non la religione di per sé? Potrebbe eliminare un po' della tensione.
Risposta di Harris:
La domanda successiva chiede ad Harris qual è la prossima mossa da fare, visto che la ragione "non sta funzionando". Harris risponde:
Il problema non sono solo le credenze false. Il problema è il dogma. E' il non avere un meccanismo per giudicare la verità o falsità delle tue credenze, e il non avere l'inclinazione a farlo. In altre parole, il problema è la morale della storia del dubbio di Tommaso. E' l'idea che sia in qualche modo nobile avere forti convinzioni senza avere forte evidenza, o contro l'evidenza. Il problema è il mantenere ostinatamente credenze false nonostante l'evidenza contraria, in modo arrogante e untuoso. E si dà il caso che la religione sia l'unico gioco linguistico in cui questo comportamento viene praticato senza conseguenze. Ed è protetto dall'interno dal dogmatismo religioso, cioè dal non essere disposti a parlare in modo razionale delle proprie credenze. Ed è protetto anche dall'esterno, da chi non è religioso ma esita a criticare la religione perché è religione.
Il termine religione è in effetti fuorviante anche per un altro motivo: perché lo usiamo per denotare una classe di preoccupazioni umane, proprio come la parola sport. Voglio dire, alcuni sport sono pericolosi e altri no. La thai-boxe e il bowling sono entrambi sport. In uno può morire qualcuno, e nell'altro non devi neppure essere in forma per giocare. Allora cos'hanno in comune, oltre al respirare? Non lo so. [..] Ma il motivo per cui bisogna usare la parola religione è che la religione gode di una protezione maggiore di ogni altra forma di pensiero. Ad esempio, guardate la differenza tra cosa accade a James Watson [uno degli scopritori del DNA, NdM] quando parla senza buona evidenza della razza, e quello che NON succede a Francis Collins quando scrive una giustificazione del cristianesimo evangelico che è difficile definire sana di mente. Ha ricevuto buone recensioni in Nature. Due volte. Il suo pensiero è in realtà più offensivo, per me come persona razionale, di quello di Watson. E non sto difendendo Watson. Ma almeno Watson aveva un punto di contatto con la teoria evoluzionistica. E potrebbe essere accusato, e sarà probabilmente accusato, solo di essere anti-etico perché ha un interesse personale in quei dati, o perché ha deformato i dati. Invece Collins ha effettuato un ripudio totale degli stardard scientifici. Ma poiché è stato un ripudio religioso, egli è stato glorificato, in Nature e altrove. Vi invito a leggere le recensioni e a leggere il suo libro.
Neppure io sono ottimista, ma che scelta abbiamo? L'unica scelta è tra la conversazione e la violenza. Se qualcuno conosce una terza alternativa, è pregato di mostrarla. Secondo me non possiamo fare altro che continuare a diffondere queste idee nelle nostre conversazioni. Ed il problema del dogmatismo è proprio che è qualcosa che blocca la conversazione. L'unica cosa che garantisce che una conversazione sia davvero aperta a diversi esiti è la volontà di rivedere le proprie convinzioni di fronte a nuova evidenza. Ed è solo nella religione che lo spirito opposto viene celebrato. Celebrato anche da laici che non condividono quelle credenze, ma che credono che tutti debbano indulgere per tirare avanti. [..] Un'altra cosa che possiamo fare è fare rumore, e finanziare il dissenso. Ad esempio, il dissenso nel mondo musulmano. Questo è un progetto discretamente promettente. [Harris si impegna attivamente per proteggere Ayaan Hirsi Ali. Vedi qui e qui. NdM]
Nella penultima domanda, che tralascio, Harris polemizza con Scott Atran e lo sfida ad un dibattito pubblico sull'Islam. :)
Consiglio a tutti il discorso di Dennett, nella prima giornata, che tradurrò appena posso.