mercoledì 9 gennaio 2008

Demistificare il monopolio e il cartello

Questo è il primo di due post dedicati al monopolio e al cartello. In questo post definiremo concetti come: monopolio naturale, concorrenza potenziale, concorrenza indiretta, 'chiseling'.

Il messaggio centrale del post è che in un sistema di libero mercato, cioè dove lo Stato non opera blocchi all'ingresso, il monopolio e il cartello non sono un problema, a causa della concorrenza potenziale, della concorrenza indiretta e del tradimento dall'interno. Questo per quanto riguarda i monopoli privati. Il monopolio di Stato, invece, è davvero dannoso, in quanto è immune alla concorrenza.

(Per chi conosce la teoria dell'evoluzione: la logica che si usa per dimostrare che il cartello è vulnerabile al tradimento dall'interno è la stessa che si usa per dimostrare che la selezione di gruppo è falsa.)

La parola a David Friedman, da L'ingranaggio della libertà. Traduzione mia.


Monopolio: come finire in mutande

Uno degli argomenti più efficaci contro il liberismo privo di regolamentazione è sempre stato che esso conduce invariabilmente al monopolio. Per usare le parole di George Orwell, "il guaio delle competizioni è che qualcuno le vince". Si sostiene quindi che lo Stato debba intervenire per impedire la formazione di monopoli oppure per controllarli una volta formati. Questa è la giustificazione usuale che viene data per l'esistenza di leggi antitrust e di agenzie di regolazione come la Interstate Commerce Commision e la Civil Aeronautics Board.

La migliore refutazione storica di questa tesi si trova in due libri scritti dallo storico socialista Gabriel Kolko: "il trionfo del conservatorismo" e "ferrovie e regolamentazione". Egli sostiene che alla fine del secolo scorso gli imprenditori credevano che il futuro sarebbe stato dei "grandi", dei conglomerati e dei cartelli, ma si sbagliava. Le organizzazioni che essi provarono a costituire per controllare i mercati e ridurre i costi si rivelavano quasi sempre dei fallimenti: ottenevano profitti inferiori rispetto ai loro concorrenti più piccoli, erano incapaci di bloccare i prezzi, e controllavano una parte di mercato sempre più piccola, che si riduceva costantemente.

Si dice che le commissioni governative di regolamentazione siano nate per opporsi alle mire monopoliste degli imprenditori. Ma in realtà, sostiene Kolko, si formarono sotto la richiesta di monopolisti che non erano riusciti a raggiungere il loro obiettivo, per impedire la concorrenza.

Coloro che fossero interessati ad approfondire la questione storica dovrebbero leggere i libri di Kolko, che si occupano del periodo progressista, oltre agli articoli di McGee e Stigler citati in appendice. McGee discute la storia della Standard Oil, e Stigler si domanda se la concentrazione tenda storicamente ad aumentare. La sua conclusione è che il grado di concentrazione nell'economia è rimasto relativamente stabile. All'osservatore sembra sempre che aumenti, perché le industrie molto concentrate sono molto più visibili di quelle più competitive: sappiamo tutti che, in qualche momento dopo il 1920, la Ford ha raggiunto una posizione leader nell'industria automobilistica; ma pochi di noi si rendono conto che nello stesso periodo la U.S. Acciaio ha perso la sua posizione dominante nell'industria dell'acciaio. Per la stessa ragione, tendiamo ad esagerare la quantità di concentrazione che esiste in qualunque momento. Tendiamo a considerare importanti solo quelle aree dell'economia in cui riusciamo a identificare una singola grande compagnia. Raramente ci soffermiamo a considerare "industrie" come il business dei ristoranti e bar, i servizi domestici, o la produzione di tessili, ognuna delle quali è altamente concorrenziale, e ognuna dei quali dà lavoro a più persone dell'industria del ferro, acciaio e automobili messe insieme.

In ogni caso, c'è l'opinione diffusa che la competizione tenda inevitabilmente a produrre monopoli. Il resto del capitolo è dedicato a capire gli argomenti in favore di questa credenza, e perché sono sbagliati.

Ci sono tre diversi tipi di monopolio: il monopolio naturale, il monopolio artificiale, e il monopolio di Stato. Solo il primo possiede qualche importanza in una società liberista.

Nella maggior parte delle attività economiche, l'efficienza di una compagnia aumenta al crescere delle sue dimensioni, fino a che non viene raggiunta una dimensione ottima, poi comincia a diminuire. L'aumento di efficienza è dovuto al vantaggio di produrre in larga scala. Questo vantaggio si verifica generalmente solo fino a un certo livello di grandezza ben preciso; per esempio, un'acciaieria è molto più efficiente di una fornace a immersione nel giardino sul retro; ma ingrandire ulteriormente un'acciaieria esistente non dà alcun vantaggio (è per questo che le acciaierie hanno la grandezza che hanno), e due acciaierie non sono più efficienti di una. Aumentare la grandezza fa aumentare anche i costi amministrativi e burocratici. Gli amministratori più ai vertici tendono a perdere sempre più la cognizione di quello che avviene in basso, e quindi aumenta la probabilità che facciano errori costosi. Quindi l'efficienza tende a diminuire all'aumentare della grandezza, una volta che le compagnie hanno superato il punto in cui ottengono tutti i vantaggi della produzione in larga scala. Per questa ragione alcune grandi compagnie, come la Ford, decidono volontariamente di dividersi in unità semi-autonome, per approssimare il più possibile la struttura amministrativa più efficiente delle compagnie più piccole.

Un monopolio naturale esiste quando, in una certa area di produzione, la dimensione ottimale di una compagnia è così grande che nel mercato c'è posto solo per una di queste compagnie. Un concorrente più piccolo è meno efficiente della compagnia monopolista, e quindi non riesce a competere con essa. Tranne dove il mercato è molto piccolo (ad esempio un piccolo fruttivendolo di paese) questa situazione è molto insolita. Nell'industria dell'acciaio, generalmente considerata molto concentrata, esistono tra 200 e 300 acciaierie, e tra 100 e 200 compagnie. Le quattro più grandi compagnie (che non sono affatto quelle che guadagnano di più) producono solo la metà del prodotto totale, e le quattro successive producono solo il 16% del prodotto totale.

Anche un monopolio naturale ha una capacità limitata di alzare i prezzi. Se prova ad alzarli oltre un certo livello, le compagnie più piccole e meno efficienti si accorgono che riescono a competere e ad avere un profitto. E' qui che crolla l'analogia implicita di Orwell tra una competizione economica e una guerra. Il monopolio naturale "vince" solo nel senso che riesce a produrre beni a un costo minore, e quindi guadagna di più per ogni pezzo venduto. È in grado di guadagnare vendendo beni a un prezzo a cui le altre compagnie venderebbero in perdita, e in questo modo riesce a mantenere l'intero mercato. Ma riesce a mantenere il mercato solo fino a che i suoi prezzi restano così bassi che le altre compagnie non possono avere un profitto. Questo si chiama concorrenza potenziale.

Un esempio famoso è l'Alcoa Aluminium. Una delle accuse mosse contro la Alcoa durante le udienze antitrust, che risultarono nella sua divisione, era che aveva tenuto i prezzi troppo bassi, e in questo modo aveva impedito ai concorrenti di entrare nel mercato dell'alluminio; e inoltre che aveva fatto uso di ogni possibile vantaggio tecnologico per tenere i prezzi ancora più bassi. [Prezzi troppo bassi! Qualcuno è ancora convinto che l'antitrust, istituzione politica, faccia l'interesse dei cittadini? NdM]

Il potere di un monopolio naturale è limitato anche dalla concorrenza indiretta. Anche se la produzione dell'acciaio fosse un monopolio naturale, ed anche se il monopolista fosse enormemente più efficiente dei concorrenti potenziali, i suoi prezzi sarebbero ancora limitati dall'esistenza di sostituti dell'acciaio. Più il monopolista alza i prezzi, più le persone comincerebbero ad usare alluminio, plastica e legno per costruire. Analogamente una ferrovia, anche se è un monopolio, fronteggia la concorrenza dei camion, dei traghetti e degli aeroplani.

Per tutte queste ragioni i monopoli naturali, sebbene possano occasionalmente esistere in un sistema liberista, non interferiscono seriamente col funzionamento del mercato. I metodi usati dallo Stato per controllare questi monopoli fanno molto più danno dei monopoli stessi, come mostrerò nel prossimo capitolo.

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Un monopolio artificiale è una compagnia grande, formata con lo scopo di controllare il mercato, alzare i prezzi, e quindi ottenere profitti da monopolio in un settore dove non esistono le condizioni per un monopolio naturale. Quando lo stesso effetto risulta da un accordo tra varie compagnie, quel gruppo di compagnie viene chiamato cartello. Poiché un cartello ha la maggior parte dei problemi di un monopolio, oltre a problemi tutti suoi, parlerò prima dei monopoli.

Supponiamo che si formi un monopolio, come lo era la U.S. Acciaio, perché degli uomini facoltosi riescono a comperare molte delle compagnie esistenti. Supponiamo anche che non ci sia un monopolio naturale; cioè che una compagnia molto più piccola del nuovo mostro riesca a produrre con la stessa efficienza, forse anche con più efficienza. Molte persone sostengono che la compagnia grande riuscirà comunque a ottenere e mantenere il controllo completo dell'industria. Questo argomento, come molti altri, dipende dalla falsa analogia tra la competizione di mercato e un campo di battaglia dove il più forte vince tutto.

Supponiamo che all'inizio il monopolio possieda il 99% del mercato, e che il restante 1% sia posseduto da un singolo concorrente. Per drammatizzare ulteriormente, supponiamo che io sia il concorrente. Ebbene si sostiene che il monopolio, essendo più grande e potente di me, può facilmente tagliarmi fuori dal mercato.

Per poter far ciò, il monopolio dovrebbe abbassare i suoi prezzi fino a un livello in cui io perderei soldi [perché sarei costretto a vendere in perdita, NdM]. Ma poiché il monopolio non è più efficiente di me, esso sta perdendo tanti soldi quanto me per ciascun pezzo che vende. Le sue risorse potranno anche essere 99 volte più grandi delle mie, ma sta perdendo soldi 99 volte più velocemente di me.

Anzi sta facendo ancora peggio di così. Per costringermi ad abbassare il prezzi, il monopolio deve essere disposto a vendere a chiunque voglia comprare; altrimenti i clienti che non riescono a comprare compreranno da me al vecchio prezzo. Visto che al nuovo prezzo ribassato i clienti compreranno più di prima, il monopolista deve aumentare la produzione, e quindi perderà ancora più soldi. Inoltre, nel caso che il bene che produciamo si possa conservare facilmente, la domanda aumenta ancora di più, perché le persone si aspettano che i prezzi saliranno una volta che lui mi avrà tagliato fuori dal mercato.

Nel frattempo, io ho delle possibilità più attraenti. Se voglio, posso continuare a produrre all'intera mia capacità di produzione e vendere in perdita, e in questo modo perdo un dollaro per ogni 100 o più persi dal monopolista. Oppure posso risparmiare soldi licenziando alcuni dipendenti, chiudendo parte del mio impianto, e diminuendo la produzione, fino a che il monopolista non si è stancato di gettar via soldi.

E che dire della situazione in cui il monopolio taglia i prezzi per regione, vendendo in perdita nell'area dove opero io, e nel frattempo recupera le perdite in altre parti del paese? Se questa prospettiva mi preoccupa seriamente, posso prendere la precauzione di aprire dei punti di vendita in tutti i suoi mercati principali. Anche se non lo faccio, i prezzi alti che lui fa in altre aree per recuperare le perdite contro di me renderanno quelle aree molto attraenti per nuove compagnie. Una volta che queste nuove compagnie si sono inserite, lui non ha più un mercato in cui recuperare le perdite.

Quindi il monopolio artificiale che cerca di usare la sua grandezza per mantenere il monopolio si trova in una situazione difficile, come ha scoperto tristemente la US acciaio, che si formò con il 60% del mercato ma adesso ha circa il 25%. Si dice spesso che Rockfeller usò tattiche simili per acquistare la Standard Oil, ma sembra esserci poca o nessuna evidenza per questa tesi. I funzionari della Standard Oil cercarono a volte di minacciare di tagliare i prezzi e dare il via ad una guerra di prezzi, nel tentativo di persuadere i concorrenti a diminuire la produzione e ad alzare i prezzi. Ma i concorrenti capivano la logica della situazione meglio degli storici successivi, come è dimostrato dalla risposta, citata da McGee, del manager della raffineria Cornplanter a questa minaccia: "Benissimo, dico io, signor Moffet. Sono molto contento che l'abbiate messa in questi termini, perché l'unico modo per voi di spuntarla è tagliare i prezzi, e se voi tagliate i prezzi io ve lo farò fare per 200 miglia, e vi costringerò a vendere la vostra roba. Non chiedo di meglio. Vendetela se volete." Salutò e se ne andò.

La minaccia non si concretizzò mai. Anzi, stando all'evidenza di McGee, sembra che il taglio dei prezzi fosse iniziato la maggior parte delle volte dalle piccole compagnie indipendenti nel tentativo di inserirsi nel mercato della Standard Oil, e molte di esse ebbero un buon successo. Il capitale della Cornplanter crebbe in 20 anni da 10.000 $ a 450.000 $. Come dice McGee, commentando l'evidenza presentata contro la Standard nel caso antitrust del 1911: "E' interessante notare che la maggior parte degli ex impiegati della Standard che testimoniarono sulle tattiche predatorie e mortali della Standard entrarono nel mercato del petrolio quando lasciarono la Standard. E guadagnarono molto."

Un'altra strategia, che fu probabilmente usata da Rockefeller, è comprare i concorrenti. Questo in genere costa meno che spendere una fortuna cercando di costringerli al fallimento -- o almeno, costa meno a breve termine. Il guaio è che le persone capiscono subito che possono costruire una nuova raffineria, minacciare di abbassare i prezzi, e vendere il tutto a Rockfeller con un profitto enorme. David P. Reighard sembra aver fatto una notevole fortuna vendendo a Rockefeller tre raffinerie di seguito. C'era un limite al numero di raffinerie che Rockfeller poteva utilizzare. Dopo aver costruito il suo monopolio introducendo organizzazioni efficienti nell'industria del petrolio, Rockefeller non riuscì a tenere il passo della concorrenza di abili imitatori negli anni successivi e non riuscì a mantenere il suo monopolio.

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Finora ho descritto la situazione in cui c'è una singola compagnia monopolista. Quando il monopolio è condiviso da molte compagnie che formano un cartello, le loro difficoltà possono essere ancora maggiori.

Un cartello è più forte in un'industria dove c'è quasi un monopolio naturale. Supponiamo ad esempio che la dimensione ottima di una compagnia sia tale che ci sia posto solo per quattro compagnie abbastanza grandi da essere efficienti. Si mettono d'accordo per alzare i prezzi e trarne beneficio. Al prezzo più alto, ciascuna di queste compagnie, che ora stanno avendo un profitto maggiore per ogni pezzo che vendono, vorrebbero produrre di più e vendere di più. Ma, al prezzo più alto, la domanda complessiva per il loro prodotto è minore di prima. Devono in qualche modo dividersi la quantità totale di vendite.

Una compagnia che riesca a vendere più della sua quota stabilita può aumentare i suoi profitti enormemente. Ogni compagnia è tentata di aggirare l'accordo, [atto chiamato "chiselling", "tradimento"]: è tentata di recarsi da clienti particolari ed offrirsi di vendere loro una quantità maggiore ad un prezzo leggermente più basso, "sottobanco", cioè senza farlo sapere agli altri membri del cartello. Man mano che questa abitudine si diffonde, l'accordo del cartello a tutti gli effetti crolla; è ciò che sembra essere accaduto a molti dei cartelli con vita breve che si formarono all'inizio di questo secolo. "Tradimento", ovviamente, è il termine con cui lo chiamano gli altri membri del cartello; ma dal punto di vista di noi cittadini è un comportamento molto desiderabile.

Anche se un cartello riesce ad impedire il tradimento tra i suoi membri, ha ancora il problema, proprio come un monopolio, di impedire che nuove compagnie si inseriscano nell'industria, attratte dagli alti prezzi e dai conseguenti ampi margini di profitto. Anche dove c'è un monopolio quasi naturale, tale che ogni nuovo concorrente deve essere molto grande, è difficile impedire che ciò avvenga.

La strategia ovvia dei membri del cartello è dire a qualunque potenziale concorrente che, non appena egli investirà il suo capitale nella costruzione di una nuova compagnia, essi romperanno il cartello e torneranno a competere. La nuova compagnia quindi si troverà ad essere la quinta compagnia in un'area in cui c'è posto solo per quattro. Allora, una di queste compagnie fallirà o se la passerà molto male. In ogni caso, non sembra una speculazione molto attraente.

Ma questa strategia funzionerà solo finché il cartello non alza i prezzi molto al di sopra del prezzo di mercato. Se lo fa, di colpo diventa disponibile una contro-strategia vantaggiosa. Il potenziale concorrente, prima di investire il suo capitale nella costruzione di una nuova compagnia, si reca dai maggiori clienti del cartello. Fa notare che se lui non costruisce la nuova compagnia, il cartello continuerà a fare loro questi prezzi alti, ma lui non può rischiare di investire soldi fino a che non abbia dei clienti assicurati. Quindi egli si offre di fondare la nuova compagnia a condizione che il cliente si impegni ad acquistare da lui, ad un prezzo abbastanza alto da dargli un buon profitto ma allo stesso tempo inferiore al prezzo del cartello, per un certo periodo di tempo prestabilito. Naturalmente, è nell'interesse del cliente accettare. Una volta che ha fatto firmare un quarto dei clienti totali, costruisce le sue fabbriche. Ora possono succedere due cose: o il cartello diminuisce ulteriormente la produzione, mantiene i prezzi alti, ed accetta di perdere un quarto di mercato, nel qual caso il nuovo arrivato potrà espandersi, oppure il cartello entra in competizione per ottenere i clienti con cui il nuovo arrivato non ha ancora stretto accordi. Visto che nel mercato c'è spazio solo per tre compagnie, una di queste quattro fallisce.

Sebbene un monopolio artificiale o un cartello possano influenzare leggermente i prezzi, e sebbene possano riuscire per un po' ad ottenere un profitto maggiore rischiando di attrarre nuovi concorrenti, e quindi ridurre la propria quota di mercato, tuttavia ogni tentativo di far salire i prezzi molto sopra del livello naturale di mercato conduce necessariamente all'autodistruzione del monopolio.

Sfortunatamente non si può dire lo stesso per il terzo tipo di monopolio, il monopolio di Stato. Il monopolio di Stato avviene quando la competizione viene impedita in un modo o nell'altro dallo Stato. E' di gran lunga il tipo più importante di monopolio, sia storicamente sia oggi. Ironicamente, una delle sue cause più comuni (o almeno dei suoi pretesti più comuni) è stata il tentativo di impedire o di controllare i monopoli dei primi due tipi.

L'ufficio postale è un monopolio di Stato gestito direttamente dal governo. Competere con il servizio postale, almeno per quanto riguarda la posta di primo livello, è vietato per legge. Contrariamente all'opinione comune, sono esistiti molti uffici postali privati nella storia sia americana sia inglese; tali uffici postali sono stati gli artefici della maggior parte delle innovazioni nel settore del trasporto della posta. A un certo punto nel diciannovesimo secolo, gli uffici postali privati illegali, che operavano sul mercato nero con il vasto consenso del pubblico, trasportavano circa un terzo di tutta la posta degli Stati Uniti. La UPS attualmente offre un servizio migliore del servizio pubblico ad un prezzo più basso, e il mercato privato della consegna della posta di terza categoria sta crescendo rapidamente.

L'ufficio postale ha spesso difeso il suo monopolio sulla base che ha bisogno dei soldi che guadagna con la posta di prima classe per sussidiare le altre classi; afferma che i concorrenti privati gli toglierebbero profitti e lascerebbero l'ufficio postale in perdita, o costretto ad aumentare le tariffe sulle classi che danno minor profitto. Eppure, le compagnie private stanno fornendo un servizio migliore dell'ufficio postale (ad esempio garantiscono la consegna entro un certo tempo), facendo pagare molto meno: riescono ad avere un profitto in quella stessa area in cui l'ufficio postale afferma di aver bisogno di un sussidio (e di doverlo prendere dai ricavi della posta di prima classe).

La storia degli uffici postali privati e il loro stato attuale è discussa con dovizia di particolari da William Wooldridge in "Zio Sam il monopolista". [...]

Il mio secondo aneddoto storico potrebbe essere apocrifo; non ho mai avuto il coraggio e la forza di verificare la storia. Se non è vera, dovrebbe esserlo. Sembra che agli inizi del diciannovesimo secolo, quando le ferrovie stavano cominciando a diventare importanti, ad un imprenditore venne l'idea di usarle al posto dei cavalli per portare la posta. Gli uffici postali privati a quell'epoca erano già illegali, ma la legge non era applicata rigorosamente. Questo imprenditore ebbe molto successo fino al giorno in cui propose al governo degli Stati Uniti di fargli trasportare la posta del governo, a 1/5 del prezzo che veniva chiesto dall'ufficio postale pubblico. L'ufficio postale ritenne che si fosse spinto troppo oltre e fece valere i suoi diritti. L'imprenditore fu gettato fuori dal mercato e l'ufficio postale gli rubò l'idea.

(continua)
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