domenica 28 ottobre 2007

"Compra italiano, aiuti l'economia"


Oggi è molto comune sentir dire, ad esempio, "Non comprare l'automobile giapponese, compra quella italiana. Spendi un po' di più, ma almeno aiuti l'economia italiana". Queste persone ammettono che chi compra dagli stranieri sta facendo il proprio vantaggio individuale, ma allo stesso tempo credono che stia danneggiando l'economia italiana (forse perché "toglie lavoro agli italiani"). Insomma, chi compra dagli stranieri sarebbe in qualche modo un egoista, che sta facendo il proprio bene alle spese del paese. E' vero questo?

No, è una fallacia. In realtà l'italiano, comprando giapponese, sta facendo sia il proprio bene sia il bene dell'Italia. (Nonché il male del giappone, nel caso i giapponesi stiano vendendo sottocosto). In realtà, per fare il bene dell'economia italiana, devi comprare dove costa meno. Se gli stranieri vendono a meno, e tu compri in Italia, l'Italia diventa più povera. Se invece compri dagli stranieri, farai il bene del paese (oltre al tuo bene individuale).

Questo discorso è fortemente collegato al discorso sui dazi. Quindi mi offre l'opportunità per completare discorso sul protezionismo. Finora me l'ero cavata sbrigativamente dicendo che "i dazi sono equivalenti ai sussidi". Oggi vediamo perché è così. Traduco dal libro "Economics in One Lesson" di Henry Hazlitt.


Capitolo 11. Chi è protetto dai dazi?


[...]

Disse Adam smith: "In ogni Paese è sempre interesse delle persone comprare ciò che vogliono da chi lo vende a minor prezzo". "Questa affermazione è così ovvia", continuava Smith, "che è ridicolo persino perdere tempo a dimostrarla; né mai qualcuno avrebbe pensato di metterla in discussione, se i sofismi interessati dei commercianti e dei produttori non avessero annebbiato il buon senso dei cittadini."

Da un altro punto di vista, Smith considerava il libero commercio come un aspetto della specializzazione dei mestieri:

Il motto di ogni capofamiglia assennato è: non cercare mai di fare da solo ciò che ti costerebbe meno comprare. Il sarto non cerca di farsi le scarpe da solo, ma le compra dal calzolaio. Il calzolaio non cerca di farsi i vestiti da solo, ma paga un sarto. L'agricoltore non cerca di farsi da solo né le scarpe né i vestiti, ma paga questi due artigiani. E' nell'interesse di ciascuno sfruttare l'intera rete industriale in modo da ottenere un vantaggio sui propri vicini, e comprare ciò che vuole con una parte della propria produzione, oppure, equivalentemente, con il prezzo di una parte della propria produzione.

E ciò che è assennato nella condotta di una singola famiglia non può certo essere sciocco in quella di un grande paese.

[Adam Smith vuole dire che un paese non deve cercare di produrre da solo ciò che conviene comprare da altri paesi, NdM]
Ma allora, cosa può aver portato la gente a credere che ciò che è assennato nella condotta di una singola famiglia sia sciocco in quella di un grande paese? E' stata una intricata rete di fallacie, di cui l'umanità non è ancora riuscita a liberarsi. La fallacia principale è quella che abbiamo già visto molte volte. Quella di considerare solo gli effetti immediati di un dazio su gruppi particolari di persone, e ignorare gli effetti a lungo termine su tutta la comunità.

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Un produttore di magliette di lana americano si presenta in Parlamento e dice al comitato in questione che sarebbe un disastro nazionale se rimuovessero o riducessero il dazio sull'importazione di magliette inglesi. Ora lui vende le sue magliette a 15 dollari l'una, ma il produttore inglese potrebbe vendere magliette della stessa qualità a 10 dollari. Quindi, un dazio di 5 dollari è necessario perché lui possa sopravvivere. Non è preoccupato per sé, ovviamente, ma per le migliaia di persone a cui dà lavoro, e alle persone a cui questi a loro volta danno lavoro con i soldi che spendono. Se il parlamento permette che queste persone finiscano disoccupate, esse perderanno potere d'acquisto. [E compreranno meno, danneggiando a loro volta altri lavoratori, NdM]. La perdita di potere d'acquisto si diffonderà così in cerchi sempre più larghi in tutta la popolazione. [E' la stessa logica della vetrina rotta, rovesciata. NdM]. Se l'uomo d'affari riesce a dimostrare che la rimozione del dazio lo farebbe davvero fallire, il parlamento gli darà ragione.


Ma la fallacia nasce dal guardare soltanto al produttore e ai suoi dipendenti, o solo all'industria di magliette americana. Nasce dal notare solo i risultati immediatamente visibili, e ignorare i risultati che non si vedono perché viene impedito loro di esistere.

Questi lobbisti che chiedono dazi fanno continuamente affermazioni false. Ma assumiamo pure che le cose stiano esattamente come hanno detto loro. Assumiamo che sia davvero necessario un dazio di 5 dollari per mantenerli nel mercato, e salvare il lavoro degli impiegati nel settore delle magliette.

Abbiamo scelto di proposito l'esempio più sfavorevole per la rimozione dei dazi. Non stiamo esaminando l'imposizione di un dazio per far nascere una nuova industria, ma il mantenimento di un dazio che ha già portato un'industria ad esistere, e che non si può togliere senza danneggiare qualcuno. [Vediamo quindi che succede se rimuoviamo il dazio.]

Il dazio viene rimosso. Il produttore fallisce. Mille lavoratori sono licenziati. Tutti quei lavoratori di cui essi erano clienti vengono danneggiati. Questo è il risultato immediato che tutti vedono. Ma ci sono anche dei risultati che, pur essendo più difficili da tracciare, non sono meno reali o meno immediati. Adesso una maglietta che prima costava 15 dollari costa solo 10 dollari. Ora i consumatori possono comprare magliette della stessa qualità a prezzo minore. Se comprano una maglietta della stessa qualità, ora non ottengono solo la maglietta, ma restano loro 5 dollari, che altrimenti non avrebbero avuto, per comprare qualcos'altro. Con i 10 dollari che pagano per la maglietta, aiutano l'occupazione nell'industria inglese di magliette. Ma con i 5 dollari rimasti, aiutano l'occupazione in un numero qualunque di altre industrie negli Stati Uniti.


Ma le conseguenze non finiscono qui. [Anche i 10 dollari pagati agli inglesi aiutano l'occupazione negli Stati Uniti, per la ragione che segue. ]

[ Gli americani comprano magliette inglesi, ma pagano in dollari. Questo significa che gli inglesi si troveranno in tasca dei dollari. Per spendere quei dollari, gli inglesi dovranno comprare qualcosa negli Stati Uniti.] Questo è l'unico modo in cui gli inglesi possono usare quei dollari (se trascuriamo complicazioni come tassi di cambio variabili, prestiti, crediti, e spostamenti d'oro, che non alterano il risultato finale). Poiché abbiamo permesso agli inglesi di venderci più cose, ora loro possono comprare di più da noi. Anzi, sono costretti a comprare di più da noi, prima o poi, a meno che non vogliano che le loro riserve di dollari restino per sempre inutilizzate. Quindi, come risultato dell'aver fatto entrare negli Stati Uniti più beni inglesi, ora dovremo esportare più beni americani. E, sebbene ora lavorino meno americani nell'industria americana delle magliette, tuttavia lavorano più americani in qualche altra industria -- diciamo l'industria americana di automobili, o l'industria americana di lavatrici. E lavorano in modo molto più efficiente. Quindi, se tiriamo le somme, il tasso di occupazione americano non è sceso; e la produttività è salita, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti. La forza lavoro in entrambi i paesi ora è impiegata in modo più efficiente: ognuno fa le cose che sa fare meglio, anziché essere costretto a fare ciò che sa fare con meno efficienza o male. I consumatori in entrambi i paesi ne hanno tratto un beneficio. Possono comprare ciò che vogliono dove costa meno. I consumatori americani sono riforniti meglio di prima di magliette, e i consumatori inglesi sono riforniti meglio di prima di automobili e lavatrici.


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Ora guardiamo la questione dall'altro lato, e vediamo quali sono gli effetti di imporre un dazio. Supponiamo che non ci siano dazi sui prodotti tessili, che gli americani siano abituati a comprarli dagli stranieri senza dazi. Ora qualcuno dice che, se mettessimo un dazio di 5 dollari sulle magliette, potremmo far nascere un'industria americana di magliette.

Questo argomento non ha nulla di sbagliato, per quel poco che afferma. E' ovvio che il costo delle magliette inglesi per i consumatori americani si può rendere alto a piacere, in modo artificiale. A un certo punto i produttori americani troverebbero conveniente entrare nel business delle magliette, e nascerebbe una nuova industria. Ma i consumatori americani starebbero di fatto sussidiando quell'industria. Per ogni maglietta americana che comprano, sarebbero costretti a pagare una tassa di 5 dollari, che sarebbe imposta su di loro dalla nuova industria di magliette grazie al prezzo più alto.

E' vero che l'industria di magliette darebbe lavoro a degli americani che prima non lavoravano in tale industria. Ma non ci sarebbe nessun beneficio netto, né per l'industria del paese né per il tasso di occupazione del paese. Visto che il consumatore americano deve pagare 5 dollari in più per magliette della stessa qualità, avrebbe esattamente 5 dollari in meno da spendere in altre cose. Dovrebbe ridurre di 5 dollari le sue spese in qualche altro settore. Per far nascere o crescere quell'industria, un centinaio di altre industrie dovrebbero rimpicciolirsi. Per dare un impiego a 20.000 persone in un'industria di magliette, ci sarebbero 20.000 persone in meno impiegate da qualche altra parte.


Ma la nuova industria sarebbe visibile. Potremmo facilmente contare il numero dei suoi impiegati, il capitale investito in essa, il valore di mercato dei suoi prodotti in dollari. Gli osservatori potrebbero vedere i lavoratori entrare e uscire dalla fabbrica ogni giorno. Il risultato sarebbe palpabile e diretto. Ma la riduzione di un centinaio di altre industrie, e la perdita di 20.000 posti di lavoro da qualche altra parte, non sarebbe così facile da notare. Sarebbe impossibile anche per lo statistico più brillante sapere esattamente quale è stata l'incidenza sugli altri posti di lavoro -- quante donne e uomini sono state licenziate da ciascuna industria particolare, o quanta è stata la perdita per ciascuna industria --- del fatto che i consumatori devono pagare di più le magliette. Infatti la perdita sarebbe distribuita tra tutte le attività produttive del paese, e quindi sarebbe relativamente piccola per ciascuna di esse. Sarebbe impossibile sapere esattamente come ogni consumatore avrebbe speso i suoi 5 dollari extra se gli fosse stato permesso di conservarli. Quindi la stragrande maggioranza delle persone cadrebbe probabilmente nell'illusione che la nuova industria non ci sia costata niente.

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E' importante notare che il nuovo dazio sulle magliette non farebbe aumentare i salari americani. Certo, permetterebbe agli americani di lavorare nella nuova industria al livello medio dei salari americani (per un lavoratore con quelle abilità), anziché dover competere nell'industria al livello inglese dei salari. Ma non ci sarebbe alcun aumento nei salari americani in generale. Perché, come abbiamo visto, non ci sarebbe alcun aumento netto nel numero di posti di lavoro, né alcun aumento netto nella domanda di beni, né alcun aumento nella produttività del lavoro. Anzi, la produttività del lavoro nel paese sarebbe ridotta in conseguenza del dazio.

E questo ci porta al vero risulato del dazio. Non è soltanto il fatto che i vantaggi visibili sono superati delle perdite, meno visibili ma non meno reali. E' che il paese subisce complessivamente una perdita. Perché, al contrario di quanto dice la propaganda interessata, il dazio riduce i salari americani.

Osserviamo più chiaramente perché il dazio fa ciò. Abbiamo visto che i 5 dollari in più che i consumatori pagano per un bene protetto da un dazio li priva esattamente della stessa quantità per comprare altri beni. Non c'è nessun vantaggio netto per l'industria nel suo complesso. Ma, a causa della barriera artificiale eretta contro i beni stranieri, la forza lavoro americana, il capitale e la terra sono stati dirottati da ciò che sanno fare meglio a ciò che sanno fare in modo meno efficiente. Quindi, come risultato del muro eretto dal dazio, la produttività media della forza lavoro e del capitale americano si riduce.


Se guardiamo la faccenda dal punto di vista del consumatore, troviamo che il consumatore può comprare meno cose con i suoi soldi. Poiché deve pagare di più per le magliette e altri beni protetti, può comprare meno di tutto il resto. Il potere d'acquisto complessivo del suo reddito si è quindi ridotto. Se l'effetto concreto del dazio sarà di diminuire i salari o di alzare i prezzi dipenderà dalla politica monetaria che è seguita. Ma il vero effetto del dazio, quando consideriamo tutti i posti di lavoro, non solo quelli protetti, è di ridurre i salari reali. (Anche se i salari nelle industrie protette possono salire rispetto a come sarebbero stati altrimenti). [Insomma, il dazio può aumentare i salari dei lavoratori protetti, ma sempre alle spese di tutti gli altri salari, NdM.]

Solo una mente corrotta da generazioni di propaganda interessata può considerare paradossale questa conclusione. Quale altro risultato dovremmo aspettarci da una politica che deliberatamente dirotta le nostre risorse di capitale e forza lavoro verso ciò che sanno fare in modo meno efficiente? Quale altro risultato potremmo aspettarci dall'introduzione di ostacoli artificiali al commercio e ai trasporti?

Erigere un muro di dazi è come erigere un muro reale. E' significativo che i protezionisti usino regolarmente il linguaggio della guerra. Parlano di "respingere l'invasione" dei prodotti stranieri. E le tecniche che suggeriscono nel campo fiscale sono quelle del campo di battaglia. Le barriere di dazi che vengono erette per respingere l'invasione sono come i carri armati, le trincee e i fili spinati, creati per respingere l'esercito straniero.

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Il dazio è spesso descritto come un modo di favorire il produttore alle spese del consumatore. In un certo senso questo è corretto. [...] Ma è sbagliato pensare che ci sia un conflitto tra l'interesse dei produttori come gruppo e quello dei consumatori come gruppo. Non è vero che il dazio favorisce tutti i produttori. Favorisce i produttori protetti alle spese di tutti gli altri produttori americani, e soprattutto quelli che hanno un mercato di esportazione potenzialmente grande.

Forse possiamo chiarire questo punto con un esempio esagerato. Supponiamo che il dazio fosse così alto da essere assolutamente proibitivo, e che non ci sia più alcuna importazione dal mondo esterno. Supponiamo che, come risultato, il prezzo delle magliette americane salga di soli 5 dollari al pezzo. Allora i consumatori americani, visto che devono pagare 5 dollari in più per una maglietta, spenderanno in media 5 centesimi in meno in ciascuna delle altre 100 industrie americane. (I numeri sono scelti solo per illustrare il principio. Naturalmente le perdite non saranno distribuite in modo uniforme. Inoltre, la stessa industria delle magliette sarà sicuramente danneggiata a causa della protezione accordata ad altre industrie ancora. Ma possiamo mettere da parte per un attimo queste complicazioni.)

Ora, poiché le industrie straniere troveranno il mercato americano completamente irraggiungibile, [non venderanno nulla agli americani, e quindi] non avranno dollari, e quindi non potranno comprare alcun bene in america. Come risultato, le industrie americane [non esporteranno più niente, e quindi] saranno danneggiate nella misura in cui i loro guadagni derivavano dall'export. Quelli più danneggiati, in prima istanza, saranno industrie come i produttori di cotone, di [copper], di macchine per cucire, di macchine agricole, di macchine da scrivere, ecc.

Un muro di dazi che non sia del tutto proibitivo produrrà gli stessi risultati, ma in misura minore.

L'effetto del dazio, quindi, è di cambiare la struttura della produzione americana. Cambia la proporzione dei posti di lavoro nelle varie industrie, il tipo di occupazione, e la grandezza relativa delle industrie. Rende più grandi le industrie più inefficienti, e più piccole le industrie più efficienti. Il suo effetto netto, quindi, è di ridurre l'efficienza americana, e di ridurre l'efficienza dei paesi con cui altrimenti avremmo commerciato di più.

A lungo andare, nonostante le continue polemiche, il dazio è irrilevante nella questione del tasso di occupazione (numero di posti di lavoro). (E' vero che improvvisi cambiamenti nei dazi, verso l'alto o verso il basso, possono creare temporanea disoccupazione, perché forzano dei cambiamenti nella struttura della produzione. Questi cambiamenti improvvisi possono persino causare una depressione.) Ma il dazio non è irrilevante nella questione dei salari. A lungo termine riduce i salari reali, perché riduce l'efficienza, la produzione e la ricchezza.

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(Immagino che alcuni lettori chiederanno: "Perché non risolvere tutto questo proteggendo tutti i produttori con dei dazi?". Ma la fallacia in questo caso è che non possiamo proteggere tutti i produttori in modo uniforme, e non possiamo proteggere affatto i produttori domestici che riescono già da soli a sconfiggere i concorrenti stranieri: questi produttori efficienti soffrirebbero necessariamente dal dirottamento del potere d'acquisto prodotto dal dazio.)


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Questo capitolo era diretto alle fallacie secondo cui un dazio, al netto, può "favorire l'occupazione", "alzare i salari", o "proteggere la qualità della vita americana". Non fa niente di tutto ciò; e per quanto riguarda i salari e la qualità della vita, fa esattamente l'opposto.

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