sabato 27 ottobre 2007

Perché l'evoluzione non può fare salti


Questo post è il sesto di una serie, iniziata su "Novissimo blog", dedicata alla teoria dell'evoluzione e al libro di Richard Dawkins "L'orologiaio cieco". (Episodi precedenti: 1. Perchè Dio non esiste; 2. Perché l'evoluzione non è casuale; 3. Come si evolve un organo complesso; 4. Il paradosso del mimetismo; 5. Progettazione non intelligente.)



Oggi ci soffermiamo sulla gradualità dell'evoluzione. La gradualità è una condizione assolutamente essenziale nella teoria dell'evoluzione. La teoria dell'evoluzione afferma che gli individui si evolvono gradualmente, cioè con una sequenza di mutazioni ciascuna delle quali è piccolissima. I "grandi salti" non possono mai giocare un ruolo importante nell'evoluzione di una specie. Perché? La ragione è che, secondo la teoria dell'evoluzione, le mutazioni sono del tutto casuali. Non c'è una "mente superiore" che le decide. Sono frutto del caso. E questo implica che non possono essere grandi. Infatti, che cosa succederebbe se ci fosse una mutazione casuale molto grande? Se applichiamo una mutazione casuale molto grande ad un organismo, la probabilità che l'organismo risultante sia ancora capace di sopravvivere è molto piccola. Quindi l'individuo morirebbe senza lasciare discendenti. In generale, più una mutazione casuale è grande, minore è la probabilità che produca un miglioramento nella capacità di sopravvivenza dell'organismo.

La parola a Dawkins.


Perché l'evoluzione deve essere graduale

Macromutazioni -- mutazioni che esercitano grandi effetti -- esistono senza dubbio. Quello che è in discussione non è se esistano, ma se svolgano un ruolo nell' evoluzione; se, in altri termini, vengano incluse nel pool genico di una specie o se, al contrario, vengano invariabilmente eliminate dalla selezione naturale. Un famoso esempio di macromutazione è l' «antennapedia» nella Drosophila. In un individuo normale le antenne hanno qualcosa in comune con le zampe, e si sviluppano nell'embrione in modo simile. Ma anche le differenze sono molto vistose e i due tipi di appendici vengono usati per fini molto diversi: le zampe per camminare, le antenne per la percezione tattile, per l'olfatto e per altri compiti connessi alla percezione. Le drosofile affette da antennapedia sono capricci della natura in cui le antenne si sviluppano esattamente come le zampe. O, per esprimerci in modo diverso, sono drosofile che, in luogo delle antenne, hanno un paio di zampe extra, cresciute nella stessa posizione in cui dovrebbero trovarsi le antenne. Questa è una vera mutazione, risultando da un errore nella copiatura del DNA, e si trasmette alla prole se le drosofile affette da questa malformazione vengono curate nell'ambiente protetto del laboratorio in modo da soopravvivere abbastanza a lungo da riprodursi. In natura esse non sopravviverebbero molto a lungo, poiché i loro movimenti sono goffi e i loro sensi vitali menomati.

Le macromutazioni, quindi, si verificano veramente. Ma svolgono un ruolo nell'evoluzione?

[Le teorie che dicono che le macromutazioni svolgono un ruolo rilevante si chiamano "saltazionistiche".]

[...]

Ci sono ottime ragioni per rifiutare tutte le teorie saltazionistiche dell'evoluzione. Una ragione piuttosto banale è che, se una nuova specie potesse avere veramente origine da una singola mutazione, i membri della nuova specie potrebbero avere difficoltà a trovare i propri partner sessuali. Io considero però questa ragione meno efficace e interessante delle altre due [..]. La prima di queste ragioni fu esposta dal grande statistico e biologo R.A. Fisher, che abbiamo incontrato in capitoli precedenti in altri contesti. Fisher fu un deciso oppositore di ogni forma di macroevoluzione [...] e usò la seguente analogia. Pensiamo, egli scrisse, a un microscopio che sia quasi, ma non del tutto, perfettamente a fuoco e altrimenti ben regolato per una visione nitida. Quali probabilità ci sono che, apportando allo stato del microscopio qualche mutamento a caso (corrispondente a una mutazione), miglioriamo la messa a fuoco e la qualità generale dell immagine? Fisher scrisse:

È abbastanza ovvio che qualsiasi intervento di grandi proporzioni avrà ben poche probabilità di migliorare la regolazione, mentre, nel caso di alterazioni molto minori di quelle che vengono apportate intenzionalmente dal costruttore o dall'operatore, la probabilità di un miglioramento dovrebbe essere quasi esattamente del 50 per cento.

Ho già osservato che quel che sembrava a Fisher «facile vedere» potrebbe mettere in grossa difficoltà uno scienziato comune, e lo stesso vale anche per ciò che Fisher definisce «abbastanza ovvio». Nondimeno, [..] in questo caso possiamo dimostrarlo con nostra soddisfazione senza eccessiva difficoltà. Ricordiamo che stiamo supponendo che il microscopio sia quasi perfettamente a fuoco prima che diamo inizio ai nostri interventi. Supponiamo che l'obiettivo sia troppo in basso, ossia troppo vicino di un millimetro al vetrino, perché lo strumento possa essere perfettamente a fuoco. Ora, se spostiamo l'obiettivo di un intervallo piccolissimo, diciamo di un decimo di millimetro, in una direzione casuale, quali saranno le probabilità che la messa a fuoco migliori? Se lo abbassiamo verso il vetrino di un decimo di millimetro, la messa a fuoco pegggiorerà, mentre migliorerà se lo alziamo di un decimo di millimetro. Poiché stiamo intervenendo a caso, la probabilità per ciascuna di queste evenienze è un mezzo, ossia 50 per cento. Quanto più piccolo è il movimento di regolazione, in relazione all'errore iniziale, tanto più la probabilità di miglioramento si avvicinerà a un mezzo. Questa conclusione completa la giustificazione della seconda parte dell' affermazione di Fisher.

Supponiamo ora di spostare l'obiettivo del microscopio di una grande distanza - equivalente a una macromutazione -, anche questa volta in una direzione casuale. Supponiamo per esempio di muoverlo di un centimetro. Ora, non importa in quale direzione operiamo questo movimento, in alto o in basso, il risultato sarà comunque quello di peggiorare la messa a fuoco rispetto a quella che era prima. Se ci capita di spostare l'obiettivo verso il basso, esso si troverà a undici millimetri dalla sua posizione ideale (e sarà andato probabilmente a frantumare il vetrino). Se ci capita invece di spostarlo verso l'alto, esso si troverà ora a nove millimetri dalla sua posizione ideale. Prima dei nostri interventi, esso si trovava a un solo millimetro dalla sua posizione ideale, cosicché, in un modo come nell'altro, la nostra «macromutazione» ha avuto effetto dannoso.

Abbiamo fatto il calcolo per una mossa grandissima (macromutazione) e per una mossa piccolissima (micromutazione). Potremmo fare ovviamente lo stesso calcolo per una varietà di mosse di grandezza intermedia, ma non caveremmo nulla di utile. Io penso che in realtà sia ora abbastanza ovvio che, quanto più piccolo sarà il nostro intervento, tanto più ci avvicineremo al caso estremo in cui le probabilità di un miglioramento saranno del 50 per cento; e quanto più grande sarà il nostro intervento, tanto più ci avvicineremo all'altro estremo, in cui le probabilità di un miglioramento saranno zero.

Questo ragionamento, come il lettore avrà notato, dipende dall'assunto iniziale che, prima che noi cominciassimo i nostri tentativi casuali di messa a punto, il microscopio fosse già abbastanza vicino a una messa a fuoco perfetta.
Se inizialmente l'obiettivo del microscopio è lontano 2 centimetri dalla posizione corrispondente alla messa a fuoco, un mutamento casuale di 1 centimetro avrà un 50 per cento di probabilità di essere un miglioramento, esattamente come un mutamento casuale di un centesimo di centimetro. In questo caso la «macromutazione» sembra presentare il vantaggio di muovere più rapidamente l'obiettivo verso una messa a fuoco ottimale. Il ragionamento di Fisher sul carattere dannoso delle macromutazioni si applicherà qui a «megamutazioni» costituite, per esempio, da un movimento di 6 centimetri in una direzione casuale.


Perché, allora, Fisher poté fare il suo assunto iniziale che il microscopio fosse quasi a fuoco? L'assunto deriva dal ruolo svolto nell'analogia dal microscopio. Il microscopio dopo il tentativo di regolazione casuale sta per un animale mutante. Il microscopio prima del tentativo di messa a fuoco casuale sta per il genitore normale, non mutante, del presunto animale mutante. Essendo un genitore, dev'essere sopravvissuto abbastanza a lungo per riprodursi, e perciò non può che essere abbastanza vicino a una buona messa a punto. [Non può che essere già molto adatto all'ambiente in cui vive, NdM]. Per la stessa ragione, il microscopio prima dell'intervento casuale non può essere molto lontano da una buona messa a fuoco, giacché in caso contrario l'animale da esso rappresentato nell'analogia non avrebbe potuto sopravvivere. Questa è solo un'analogia, e non ha senso stare a discutere se «abbastanza vicino» significhi un centimetro o un decimo di centimetro o un millesimo di centimetro. Il punto importante è che, se noi consideriamo mutazioni di grandezza sempre crescente, verrà un punto in cui, quanto più grande è la mutazione, tanto meno probabile è che essa sia benefica; mentre, se consideriamo mutazioni di grandezza sempre decrescente, verrà un momento in cui la probabilità che una mutazione sia benefica sarà del 5O per cento.

Il ragionamento sul problema se macromutazioni come l'antennapedia possano mai essere benefiche (o almeno se si possa evitare che siano dannose), e se possano quindi dare origine al mutamento evolutivo, ruota dunque attorno al problema di quanto sia «macro» la mutazione che stiamo, considerando. Quanto più «macro» essa è, tanto più probabile è che sia deleteria, e tanto meno probabile che venga incorporata nell'evoluzione di una specie. In effetti, praticamente tutte le mutazioni studiate nei laboratori di genetica -- le quali sono abbastanza macro, altrimenti i genetisti non le rileverebbero -- sono deleterie agli animali che le posseggono (per una curiosa ironia, ho conosciuto persone le quali pensano che questo sia un argomento contro il darwinismo!).

(fine dell'episodio)

[Ora che abbiamo capito che nella teoria dell'evoluzione le mutazioni devono essere graduali, e non possono avvenire grandi salti, siamo pronti per affrontare una obiezione dei creazionisti, che riguarda i "salti" e i "buchi" presenti nei fossili. Le vedremo sotto forma di quiz nel prossimo episodio. NdM]
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