venerdì 26 ottobre 2007

Lo Stato non può mai creare lavoro

(Questo post fornisce anche la risposta al quiz precedente.)

Una fallacia classica in economia afferma che lo Stato può diminuire la disoccupazione assumendo i disoccupati in qualche settore pubblico. In realtà è impossibile diminuire la disoccupazione in questo modo. Infatti, per ogni posto di lavoro che lo Stato crea in questo modo, ne distrugge uno da qualche altra parte. Anzi, di solito più di uno. Scopo di questo post è illustrare perché ciò avviene.

Secondo l'economista Henry Hazlitt, il 90% delle fallacie in economia sono casi particolari di un'unica fallacia: considerare solo gli effetti visibili di un evento, e non quelli invisibili. Ricordate la fallacia della vetrina rotta? L'errore era considerare solo il beneficio visibile per il vetraio, ma non il danno invisibile per il sarto. Se il fornaio non avesse dovuto pagare il vetraio per ricostruire il vetro, avrebbe dato lavoro al sarto. Ma nessuno si accorge della perdita del sarto, mentre tutti si accorgono del beneficio per il vetraio. Tutti vedranno la vetrina nuova, tra qualche giorno. Ma nessuno vedrà il vestito nuovo, proprio perché non sarà mai prodotto.

Ebbene, anche l'argomento che "lo Stato può diminuire la disoccupazione" è un caso particolare di questa fallacia. Vediamo perché.

Supponiamo che qualcuno sostenga la costruzione da parte del governo, diciamo, di un ponte, dicendo che servirà a diminuire la disoccupazione. La parola ad Hazlitt.

L'argomento dei sostenitori della spesa pubblica è che il ponte darà lavoro alle persone. Produrrà, diciamo, 500 posti di lavoro all'anno. Posti di lavoro che altrimenti non sarebbero esistiti.

Questo è in effetti l'effetto visibile, ciò che tutti vedranno. Ma noi tutti dovremmo imparare a guardare oltre le conseguenze immediate di una politica, fino alle conseguenze secondarie. E non dovremmo considerare solo coloro che traggono beneficio diretto dal progetto governativo, ma anche quelli che ne sono indirettamente danneggiati. Se fossimo abituati a far ciò, vedremmo una situazione completamente diversa.

E' vero che quel particolare gruppo di persone che lavora al ponte otterrà un lavoro che altrimenti non avrebbe avuto. Ma questo ponte deve essere pagato in qualche modo. E sarà pagato con le tasse. Per ogni dollaro che viene speso per il ponte, ci sarà un dollaro sottratto ai contribuenti. Se il ponte costa 10 milioni di dollari, i contribuenti perderanno 10 milioni di dollari. 10 milioni che altrimenti avrebbero speso in qualche altro modo, per le cose di cui hanno maggior bisogno, dando lavoro a qualcun altro. Quindi, per ogni posto di lavoro pubblico che viene creato dal progetto governativo, è stato distrutto un posto di lavoro nel privato, da qualche altra parte.

Tutti noi abbiamo di fronte agli occhi le persone che lavorano al ponte. Le vediamo mentre lavorano. I sostenitori della spesa pubblica sembrano quindi dalla parte del giusto, per chi non sa vedere oltre i suoi occhi fisici. E molte persone si convincono che abbiano ragione. Ma ci sono altre cose che non vediamo, perché, ahimé, non viene permesso loro di esistere. Sono i posti di lavoro distrutti dai 10 milioni di dollari sottratti ai contribuenti.

In realtà tutto quello che è successo (quando va bene) è che c'è stata una diversione dei posti di lavoro da un settore ad un altro, a causa del progetto governativo. Più costruttori di ponti, ma meno costruttori di automobili, tecnici della televisioni, sarti, agricoltori, ecc.

(Economics in One Lesson, capitolo 4)


Insomma, lo stato non può mai creare posti di lavoro semplicemente assumendo persone. Infatti, se lo Stato assume qualcuno, deve pagarlo con le tasse. Sottrarrà soldi ai cittadini. E in questo modo distruggerà altrettanti posti di lavoro, che sarebbero stati creati dai cittadini stessi con l'atto di spendere quei soldi. I posti distrutti controbilanciano esattamente i posti creati. Anzi, sono un po' di più, per motivi che esulano dallo scopo di questo post e che forse vedremo in seguito.



Ora una considerazione. Questo è uno di numerosi casi in cui lo Stato Sociale dice di fare il bene della comunità, ma finisce per fare soltanto gli interessi di gruppi particolari. E' vero che crea posti di lavoro per qualche gruppo privilegiato, ma lo fa alle spese di altri gruppi, più deboli e meno rappresentati. Quei politici che sostengono che lo Stato deve "dare lavoro" sono spesso nel libro paga di quei gruppi di potere che vengono privilegiati, oppure sono persone in buona fede che vengono assunte come frontmen da quei gruppi di interesse, per ingannare i cittadini.



Questo termina il discorso iniziato nel post precedente. Abbiamo fatto vedere che, con i sussidi di stato, da una parte il paese diventa più povero, dall'altra non si creano nuovi posti di lavoro. Infatti, per sussidiare la Fiat, lo stato deve tassare i cittadini. Per ogni posto di lavoro che salva nella Fiat, ce n'è uno distrutto altrove. Questo termina il discorso sui sussidi.

Per terminare il discorso del protezionismo, basta far vedere che i dazi sono equivalenti ai sussidi. Ma questo non è difficile. I sussidi sono una tassa, i dazi sono una tassa nascosta. Infatti, l'effetto dei dazi è di alzare i prezzi per i consumatori. Dovendo i consumatori pagare di più per i prodotti protetti da dazi, resteranno loro meno soldi di prima, soldi che altrimenti avrebbero speso da qualche altra parte, dando lavoro a qualcun altro, che ora invece non lavorerà. E' per questo che sussidi e dazi sono equivalenti: non è importante se i consumatori hanno meno soldi da spendere perché sono più tassati, o perché alcuni prodotti costano di più. Ciò che conta è che hanno meno da spendere. Vedremo meglio tutto questo nel prossimo post, dedicato interamente ai dazi.
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