martedì 30 ottobre 2007

I salti nei fossili non falsificano ma rafforzano la teoria dell'evoluzione


Questo post è il settimo e ultimo di una serie, iniziata su "Novissimo blog", dedicata alla teoria dell'evoluzione e al libro di Richard Dawkins "L'orologiaio cieco". (Episodi precedenti: 1. Perchè Dio non esiste; 2. Perché l'evoluzione non è casuale; 3. Come si evolve un organo complesso; 4. Il paradosso del mimetismo; 5. Progettazione non intelligente. 6. Perché l'evoluzione non può fare salti.)

Questo post risponde al quiz precedente e fa vedere perché i bruschi salti nei fossili, lungi dall'essere un problema per la teoria dell'evoluzione, al contrario la rafforzano.

La parola a Richard Dawkins.



I salti nei fossili

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Da Darwin in poi gli evoluzionisti si sono resi conto che, se noi disponiamo tutti i fossili in nostro possesso in ordine cronologico, essi non formano una sequenza uniforme di mutamento appena avvertibile. Noi possiamo, senza dubbio, discernere tendenze di mutamento a lungo termine --- zampe progressivamente più lunghe, crani progressivamente più tondeggianti e via dicendo --- ma le tendenze percepibli nella documentazione fossile sono di solito irregolari, non uniformi. Darwin, e la maggior parte del suoi seguaci, supposero che questo fatto fosse dovuto principalmente all'incompletezza della documentazione fossile. Secondo Darwin una documentazione fossile completa, se mai potessimo averla, ci mostrerebbe effettivamente un mutamento graduale, e non a scossoni. Ma poiché la fossilizzazione è un processo domiinato in gran parte dal caso, e il ritrovamento dei fossili esistenti è non meno casuale, è un po' come se noi possedessimo la pellicola di un film dalla quale mancassero la maggior parte dei fotogrammmi. Quando proiettiamo il film della nostra documentazione fossile, possiamo vedere senza dubbio un qualche tipo di movimento, ma è un movimento più a scatti di quello di Charlie Chaplin, poiché neppure le più vecchie e malconce pellicole di Chaplin hanno perduto nove fotogrammi su dieci.

I paleontologi americani Niels Eldredge e Stephen Jay Gould, quando proposero per la prima volta, nel 1972, la loro teoria degli equilibri punteggiati, diedero quello che, dopo di allora, è stato presentato come un suggerimento molto diverso. Essi avanzarono l'ipotesi che la documentazione fossile potrebbe non essere, in realtà, così incompleta come si riteneva. Forse le «lacune» potevano essere un riflesso fedele di ciò che era accaduto anziché le conseguenze sgradevoli ma inevitabili di una documentazione fossile imperfetta. Forse, suggerirono, l'evoluzione era proceduta realmente a scossoni improvvisi, intervallati a lunghi periodi di «stasi», durante i quali in una linea genealogica data non si verificava alcun mutamento.


[questa teoria si può chiamare "saltazionismo"]

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Se il saltazionismo fosse vero, le «lacune» apparenti nella documentazione fossile potrebbero non essere vere lacune. Per esempio, un saltazionista potrebbe credere che la transizione dall'australopiteco, dalla fronte sfuggente, all'Homo sapiens, dallla fronte alta e tondeggiante, abbia avuto luogo in virtù di una singola macromutazione, in una sola generazione. La differenza di forma fra le due specie è probabilmente inferiore alla differenza fra una drosofila normale e una drosofila antennapedica, ed è teoricamente concepibile che il primo Homo sapiens sia stato un figlio «strano» -- probabilmente respinto e perseguitato -- di due genitori normali appartenenti alla specie Australopithecus.



[Però, per ragioni probabilistiche già viste nel post precedente , dobbiamo scartare questa ipotesi. Mutazioni casuali grandi hanno una probabilità praticamente nulla di migliorare la capacità di sopravvivenza.]

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La risposta di Darwin al problema dell'origine delle specie fu, in un senso generale, che le specie erano discese da altre specie. Inoltre l'albero genealogico della vita è un albero ramificato, il che significa che le varie specie moderne possono essere ricondotte a un'unica specie ancestrale. Per esempio, leoni e tigri appartengono oggi a specie diverse ma sono derivati entrambi da una singola specie ancestrale, probabilmente non molto tempo fa. Tale specie ancestrale potrebbe identificarsi con una delle due specie moderne, oppure potrebbe coincidere con una terza speecie moderna, oppure ancora potrebbe essere oggi estinta. Similmente, esseri umani e scimpanzè appartengono oggi chiaramente a specie diverse, ma i loro progenitori, qualche milione di anni fa, appartenevano a una singola specie. La speciazione è un processo attraverso il quale una singola specie divenne due specie, una delle quali potrebbe essere ancora identica alla specie originaria.

La ragione per cui la speciazione è considerata un problema difficile è la seguente. Tutti i membri dell'ipotetica singola specie ancestrale sono interfecondi: per molte persone, in effetti, proprio questo è il significato dell'espressione «singola specie». Perciò, ogni volta che una nuova specie figlia comincia a staccarsi, il distacco rischia di essere frustrato dagli incroci. Possiamo immaginare che i presunti progenitori dei leoni e i presunti progenitori delle tigri non riuscissero a separarsi in quanto continuavano ad accoppiarsi fra loro e continuavano quindi a rimanere simili. Il lettore non deve leggere troppo nel mio uso della parola «frustrato», come se leoni e tigri ancestrali «desiderassero», in qualche senso, separarsi gli uni dagli altri. Il fatto è, semplicemente, che nel corso dell'evoluzione le specie sono andate divergendo fra loro, e a prima vista questo fatto degli incroci ci rende difficile capiire in che modo si sia determinata questa divergenza.

Pare quasi certo che la principale risposta corretta a questo problema sia quella ovvia. Non ci sarà alcun problema di incroci se i leoni ancestrali e le tigri ancestrali vennero a trovarsi in parti del mondo diverse e quindi nell'impossibilità di incrociarsi. Ovviamente, non è che essi si siano recati in continenti diversi per poter divergere fra loro: essi non si consideravano affatto leoni ancestrali e tigri ancestrali! Dato però che la singola speecie ancestrale si diffuse in continenti diversi, diciamo l'Africa e l'Asia, gli appartenenti alla popolazione che si trovava in Africa non poterono più incrociarsi con i membri della popolazione asiatica, perché non si incontravano più. Se ci fu una tendenza per gli animali sui due continenti a evolversi in direzioni diverse, sotto l'influenza della selezione naturale o sotto l'influenza del caso, gli incroci non costituirono più una barriera alla loro divergenza, e infine essi divennero due specie distinte.

Ho parlato di continenti diversi per maggiore chiarezza, ma il principio della separazione geografica come barriera all'incrocio può applicarsi agli animali che vivono al di là di un deserto, di una catena di montagne, di un fiume o persino di un'autostrada. Esso può applicarsi anche ad animali non separati da alcun'altra barriera che non sia la semplice distanza. I toporagni della Spagna non possono incrociarsi con i toporagni della Mongolia, e possono divergere, evolutivamente parlando, dai toporagni della Mongolia, quand'anche dalla Spagna alla Mongolia esistesse una catena ininterrotta di toporagni che si incrociassero liberamente. L'idea di una separazione geografica come chiave della speciazione è nondimeno più chiara se la pensiamo nei termini di una barriera fisica reale, come il mare o una catena di montagne. Le catene di isole, in effetti, sono probabilmente un fertile terreno di origine di nuove specie.



Questa è dunque la nostra visione neodarwiniana ortodossa di come ha origine una specie tipica, per divergenza da una specie ancestrale. Si prende l'avvio dalla specie ancestrale, una grande popolazione di animali piuttosto uniformi che si incrociano liberamente fra loro, dispersi su un'estesa massa continentale. Potrebbe trattarsi di qualsiasi sorta di animali, ma continuiamo a pensare ai toporagni. La massa continentale è divisa in due da una catena di montagne. Questo è un territorio ostile, ed è improbabile che i toporagni lo attraversino; l'impresa non è però del tutto impossibile, e qualche volta degli individui riescono a raggiungere le pianure dall'altro lato. Qui essi possono prosperaare, e danno origine a una popolazione periferica della specie, che non ha rapporti con la parte principale della popolazione. Ora le due popolazioni rimangono reciprocamente isolate e gli individui di ciascuna popolazione si incrociano liberamente fra loro, mescolando i loro geni da ciascun lato della montagna ma non attraverso la montagna. Al passare del tempo, ogni mutamento nella composizione genetica di una popolazione si diffonde attraverso l'attività di incrocio fra i suoi membri, senza estendersi però all'altra popolazione. Alcuni di questi mutamenti possono essere determinati dalla selezione naturale, la quale può essere diversa ai due lati della catena di montagne: è infatti difficile attendersi che condizioni meteorologiche, predatori e parassiti siano esattamente gli stessi ai due lati di questa barriera geografica. Altri potrebbero essere dovuti al solo caso. Quali che siano le cause dei mutamenti genetici, gli incroci tenderanno a diffonderli all'interno di ciascuna delle due popolazioni, ma non fra le due popolazioni. Così esse divergeranno geneticamente, differenziandosi sempre più fra loro.

Dopo un po' di tempo le due popolazioni saranno diventate così diverse fra loro che i naturalisti propenderanno per vederle come appartenenti a «razze» diverse. Dopo un tempo più lungo si saranno così diversificate che dovremmo classificarle come specie diverse. Immaginiamo ora che il clima si riscaldi, così che il viaggio attraverso i valichi montani diventi più facile e che una parte degli individui della nuova specie comincino piano piano a far ritorno ai territori ancestrali. Quando si incontrrano con i discendenti dei loro cugini, con cui avevano perduto da molto tempo i contatti, il loro corredo genetico risulta mutato a tal punto che essi non sono più interfecondi. Quando l'ibridazione riesce, la prole che ne deriva è malata o sterile come i muli. Così la selezione naturale penalizza ogni tendenza, da parte di individui di entrambe le parti, all'ibridazione con l'altra specie, o persino con l'altra razza. La selezione naturale perfeziona in tal modo il processo dell'«isolamento riproduttivo» iniziato con l'interposizione casuale di una catena di montagne. A questo punto la «speciazione» è completa. Ora abbiamo due specie dove in precedenza ce n'era una, e le due specie possono coesistere nella stessa area senza incrociarsi fra loro.

In realtà è improbabile che le due specie riescano a coesistere molto a lungo. Questo non a causa della possibilità di tornare a incrociarsi, ma perché sarebbero in competizione fra loro. È un principio di ecologia diffusamente accettato che due specie con lo stesso stile di vita non possano coesistere a lungo in un posto in quanto entrano in competizione fra loro e l'una o l'altra finisce con l'essere condannata all' estinzione. Ovviamente le nostre due popolazioni di toporagni potrebbero non avere più lo stesso stile di vita; per esempio, la nuova specie, durante il suo periodo di evoluzione dall'altra parte delle montagne, potrebbe essersi specializzata nella predazione a danno di tipi di insetti diversi. Se invece fra le due specie c'è una competizione degna di nota, la maggior parte degli ecologi si attenderebbero che nell'area di sovrapposizione l'una o l'altra specie si estinguesse. Se a estinguersi fosse la specie originaria, ancestrale, diremmo che essa è stata soppiantata dalla specie nuova, immigrante.

La teoria della speciazione come conseguenza di una iniziale separazione geografica è stata per parecchio tempo una pietra miliare del neodarwinismo ortodosso, ed è ancora accettata da tutti come il processo principale per mezzo del quale hanno origine nuove specie (alcuni autori pensano che ce ne siano anche altri). La sua inclusione nel darwinismo moderno fu dovuta in gran parte all'influenza del distinto zoologo Ernst Mayr. Quel che fecero i puntuazionisti, quando proposero per la prima volta la loro teoria, fu di chiedersi: dato che, come la maggior parte dei neodarwiniani, noi accettiamo la teoria ortodossa che la speciazione prenda l'avvio dall'isolamento geografico, che cosa dovremmo attenderci di osservare nella documentazione fossile?


Richiamiamo alla mente la nostra popolazione ipotetica di toporagni, con la nuova specie che, dopo avere cominciato a divergere dalla popolazione principale dal lato lontano della catena di montagne, aveva poi fatto ritorno nel suo territorio originario e aveva infine spinto la specie ancestrale all'estinzione. Supponiamo che questi toporagni avessero lasciato dei fossili, e addirittura che la documentazione fossile fosse perfetta, senza lacune dovute alla sfortunata omissione di stadi chiave. Che cosa dovremmo attenderci di trovare documentato in quei fossili? Una transizione uniforme dalla specie ancestrale alle specie figlie? Certamente no, almeno se scaviamo nella massa continentale principale in cui vissero i toporagni ancestrali originari, e in cui la nuova specie fece poi ritorno. Pensiamo alla storia di ciò che accadde in realtà nella massa continentale principale. C'erano toporagni ancestrali che vivevano e si riproducevano felicemente, non avendo alcuna ragione particolare per cambiare. Non c'è alcuna difficoltà ad ammettere che i loro cugini dall'altro lato delle montagne stessero evolvendosi attivamente, ma i loro fossili si trovano tutti al di là delle montagne, cosicché noi non li troviamo nella massa continentale principale in cui stiamo scavando. Poi, d'improvviso (d'improvviso nella scala di tempo geologica) la nuova specie ritorna nel territorio d' origine, entra in competizione con la specie principale e forse la sostituisce. D'improvviso i fossili che troviamo salendo su per gli strati della massa continentale principale mutano. In precedenza i fossili erano tutti della specie ancestrale. Ora, bruscamente e senza transizioni visibili, appaiono fossili della nuova specie, e i fossili della vecchia specie scompaiono.


Le «lacune», lungi dall'essere tediose imperfezioni o motivi di imbarazzo, risultano essere esattamente quel che dovremmo concretamente attenderci se prendiamo sul serio la nostra ortodossa teoria neodarwiniana della speciazione. La ragione per cui la «transizione» da specie ancestrali a specie discendenti appare brusca è semplicemente che, quando osserviamo una sequenza di fossili riportati in luce in una località, non osserviamo probabilmente affatto un evento evoluzionistico, bensì un evento migratorio, l'arrivo di una nuova specie da un'altra area geografica. Senza dubbio ci furono eventi evolutivi, e una specie si sviluppò realmente, forse in modo graduale, da un'altra. Ma per poter vedere la transizione evolutiva documentata nei fossili, dovremmo scavare altrove: in questo caso dall'altro lato delle montagne.

L'osservazione di Eldredge e Gould avrebbe potuto quindi essere presentata più modestamente come un utile salvataggio di Darwin e dei suoi successori da quella che era parsa loro una scomoda difficoltà. E questo fu, in effetti, il modo in cui fu presentata in principio. I darwiniani si erano sempre preoccupati dell'apparente lacunosità della documentazione fossile ed erano parsi costretti a ricorrere ad argomentazioni speciali per spiegaare l'imperfezione delle prove. Lo stesso Darwin aveva scritto:

Ho tentato di dimostrare che la documentazione geologica è estremamente incompleta [ ... ] Queste cause [ ... ] spiegano in larga misura perché --- pur trovando numerosi legami --- non incontriamo un numero infinito di varietà, che colleghino fra di loro con gradazione perfetta tutte le forme estinte e viventi [ ... ] Chiunque si rifiuti di ammettere l'imperfezione dei documenti geologici dovrà respmgere tutta la mia teoria. (capitolo XI)

Eldredge e Gould avrebbero potuto ridurre a questo il loro messaggio principale: non preoccuparti, Darwin: anche se la documentazione fossile fosse perfetta, non dovresti attenderti di vedere una progressione graduata finemente scavando solo in un luogo, per la semplice ragione che la maggior parte del mutamento evoluzionistico si verificò in qualche altro luogo! Essi avrebbero potuto spingersi ancora oltre e dire:

Darwin, quando hai detto che la documentazione fossile era imperfetta, stavi minimizzando. Non solo è imperfetta, ma ci sono buone ragioni per attendersi che sia particolarmente imperfetta proprio quando diventa interessante, proprio quando sta avendo luogo il mutamento evoluzionistico; ciò si deve in parte al fatto che l'evoluzione si è verificata di solito in un posto diverso da quelli in cui troviamo la maggior parte dei nostri fossili e in parte al fatto che, anche se siamo abbastanza fortunati da scavare in una delle piccole aree esterne in cui si è verificata la maggior parte del mutamento evoluzionistico, quel mutamento evoluzionistico (anche se ancora graduale) occupa un tempo così breve che ci occorrerebbe una documentazione fossile eccezionalmente ricca per poterlo seguire!


Specialmente nei loro scritti posteriori, nei quali furono seguiti con grande attenzione da molti giornalisti [e sfruttati dai creazionisti, NdM], essi preferirono invece spacciare le loro idee come radicalmente opposte a quelle di Darwin e anche alla sintesi neodarwiniana.


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[Con questo finisce la serie dedicata a "L'orologiaio cieco". Riprenderemo in futuro con "Il gene egoista", per poi passare alla teoria computazionale della mente. NdM]
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